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mercoledì 16 ottobre 2024
 
 

Barge e Bagnolo, il Dragone all'ombra del Monviso

13/12/2013  Tra Barge e la vicina Bagnolo, appena quattro chilometri, oggi i cinesi sono circa 1.500: è la seconda comunità in Europa per densità rispetto alla popolazione locale. Viaggio in Piemonte, nel distretto della pietra, tra cave, scalpellini, voglia di normalità. E le prime conversioni al cristianesimo.

È sempre stato “Comba” il cognome più diffuso a Barge, 8.000 anime affacciate sul Monviso, in provincia di Cuneo, tra la Valle Po e la Val Pellice. Ora invece è “Hu”, mister Hu. Va forte anche “Hao”, come il venerabile Hao Fu, che tra la sagra della mela renetta e gli orari della bocciofila ha tappezzato il paese di pubblicità del suo centro commerciale: il Natale è alle porte, 30% di sconto su tutti gli articoli per le Feste, un abete finto da un metro e 40 costa solo 5.99, la metà che all'Ikea. Perché a Barge i cinesi sono di casa, nel vero senso della parola.

Ci abitano, affittano appartamenti anche nel centro, aprono negozi, bancarelle al mercato, rilevano esercizi commerciali, per esempio i due più in vista del paese, il bar Italia e il Centrale, proprio sotto il Municipio. Uno dei due l’hanno comprato da un ex assessore leghista che sbraitava contro gli immigrati, a difesa della prevalenza territorio: poi gliel’hanno pagato bene, in contanti, e tanti saluti alla superiorità della razza. «Qui i residenti con gli occhi a mandorla sono 934 su 7.966 abitanti, l'11,72% della popolazione», precisano il sindaco Luca Colombatto e l’assessore alle Politiche sociali Valerio Airaudo. «Ma è il dato sui bambini che fa più impressione e dà la misura del sussulto demografico che ha cambiato il futuro di questo lembo di Piemonte: sono cinesi 65 dei 244 pargoli nati dal 2008 al 2010, il 26,64 % dei piccoli tra i 3 e i 5 anni».

Tra Barge e la vicina Bagnolo, appena quattro chilometri, oggi i cinesi sono circa 1.500: è la seconda comunità in Europa per densità rispetto alla popolazione locale. A Barge sono più numerosi perché è più grande, qui viene periodicamente persino il Console Generale della Repubblica Popolare Cinese di Milano, Liang Hui, per firmare i passaporti e ascoltare le esigenze della comunità, e prende affitto il centro sociale del Comune. Ma è sul territorio di Bagnolo che trovano più occasioni di lavoro, là dove la popolazione scolastica cinese ha raggiunto il 30% degli alunni residenti. È questa "l'altra Prato" italiana: una comunità coesa e silenziosa, pacifica e operosa, che ha rivitalizzato due storici settori economici del territorio: gli uomini nell'estrazione e nella lavorazione della pietra di Luserna, le donne nella raccolta della frutta.

Un'immagine dei cinesi al lavoro nel distretto della pietra, in Piemonte, tra Bagnolo e Barge. Questa foto è parte di un servizio più ampio realizzato da Simone Perolari e da Rino Fassio, pubblicato in parte sul numero 50 di Famiglia Cristiana.
Un'immagine dei cinesi al lavoro nel distretto della pietra, in Piemonte, tra Bagnolo e Barge. Questa foto è parte di un servizio più ampio realizzato da Simone Perolari e da Rino Fassio, pubblicato in parte sul numero 50 di Famiglia Cristiana.

Perché sono bravi i cinesi come scalpellini, arrivano tutti dallo Zehjiang, zona rurale sulla costa orientale della Cina, a metà tra Taiwan e il Giappone, dove già facevano lo stesso mestiere. I primi si sono inseriti a Barge circa 15 anni fa e hanno contribuito a tenere in piedi un settore che senza di loro sarebbe forse imploso, perché le pietre sono dure, spaccarle è fatica, c’è da spezzarsi la schiena, e i giovani del posto da tempo se ne tengono alla larga. Anche i figli dei cinesi nati qui, per la verità: i padri lavorano a testa bassa la pietra di Luserna che serve a fare pavimenti, rivestimenti, selciati, balconi, scale, davanzali.

Loro invece vanno a spasso sotto i portici di Barge. Spendono, comprano telefoni, orologi, scooter, ma i più giovani non si radicano sul territorio: a 15-16 anni vanno via, nei grandi centri, nel Milanese, e questo spiega ad esempio perché celebri marchi di divani vendono con il 60 per cento di sconto. «La maggior parte dei loro padri», dice Alessandro Bizzotto, segretario dell’Unione Cavatori, «lavora nei magazzini di trasformazione di Barge e Bagnolo, più che nelle cave dove con la dinamite si estrae il materiale grezzo, perché la cultura operaia cinese si adatta alla perfezione a un lavoro ripetitivo come lo “spacco” a mano della pietra di Luserna: infatti si trovano bene qui da noi come nel manufatturiero-tessile di Prato, o nell’ortofrutticolo di Saluzzo e del Saviglianese.

Il lavoro della cava, invece, richiede esperienza, sapienza del mestiere; e la lavorazione con le macchine, investimenti e know-how, che loro non hanno». Ma è difficile che in questo lembo piemontese di Cina possa capitare un incidente tragico come quello di Prato, dovuto al sovraffollamento di un locale che era insieme laboratorio e dormitorio.

Il capitano dei Carabinieri Roberto Costanzo, comandante della Compagnia di Saluzzo, lo esclude: «Intanto, il fatto che a Barge e a Bagnolo i cinesi affittino case normalissime, esclude sfruttamento e illegalità. Poi la pietra di Luserna richiede lavorazioni all’aperto. Infine, sia le case sia i magazzini sono da noi periodicamente sottoposti a rigidi controlli anche fiscali, ai quali si aggiungono quelli dell’Ispettorato del Lavoro». Lo conferma il sindaco di Bagnolo, Fabio Brunofranco: «Siamo molto attenti e vigili nell’ispezione periodica delle unità abitative». Vai in giro per il paese ma gli scalpellini cinesi parlano poco, non danno confidenza, fanno gruppo a sé, poca voglia di integrarsi. Eppure sono educati, rispettosi delle regole, imparano in fretta, si fanno rispettare, pagano consulenti italiani ed evitano di farsi sfruttare (se non tra loro). E sono pure sono generosi: hanno anche contribuito al restauro dell'organo della canonica. Fanno tanti figli e lavorano duro, sino a 14 ore il giorno, non sanno cosa siano il 25 aprile, il 1° maggio, il 25 dicembre. I primi anni, a Natale, bussavano alla porta dei padroni italiani: «Oggi niente pietre?». «Ruscano che metà basta», come raccontano qui i vecchi sul sagrato della parrocchia, «e non è mica vero che quando muoiono spariscono, tutte balle, qui ne abbiamo quattro o cinque,  hanno le loro usanze, si fanno seppellire con la testa verso la montagna, ma non li hanno rimandati in Cina, sono qui, nei nostri cimiteri».

Yang Hanfen.
Yang Hanfen.

Come il marito della bellissima Yang Hanfen, 39 anni, arrivato a Bagnolo per lavorare le pietre e morto d’infarto, primo cinese a essere sepolto a Villar, un’ora di auto da Barge. Oltre a una vedova, ha lasciato due figli: il primo, 16 anni, è nato in Cina e adesso è in terza ragioneria; il secondo invece è nato in Italia, 10 anni, quinta elementare. Perché il motivo per cui Yang e  suo marito sono venuti in Italia è sì il lavoro nel distretto di Barge-Bagnolo, ma anche la fuga dalla politica del figlio unico. Infatti Yang, arrivata da noi, è rimasta incinta subito.

La incontriamo a casa di un’amica catechista, Marisa, mentre i figli sono a scuola. A differenza di altre mogli cinesi qui in Piemonte, che si guadagnano da vivere nell’ortofrutta, Yang lavora come bidella, con un contratto a tempo indeterminato, nella scuola paritaria Principessa Maria Pia di Bagnolo Piemonte. Era arrivata nel 2001 grazie al ricongiungimento con il marito. Il figlio più grande, Senjie, è stato il primo della comunità cinese di Barge-Bagnolo a frequentare il catechismo, anche se non ha fatto ancora né la Comunione né la Cresima: i catechisti stessi e la madre hanno deciso di aspettare che compia 18 anni per lasciargli la libertà di accedere ai sacramenti.

Scelta, invece, che ha già compiuto Chen Yingmei, nome di battesimo “Caterina”, frutto di una conversione di cui protagonista assoluto è don Mario Peirano, che a Barge fa il Vicario, uno di quei preti di una volta che si spendono nella loro comunità, e soprattutto con i giovani, nell’oratorio, con l’estate-ragazzi, come se la parrocchia fosse terra di missione. Chen Yingmei era fidanzata con un ragazzo del posto, si è presentata a don Mario e con lui ha seguito due anni di catechesi.

Racconta il sacerdote: «Era innamorata di Gesù Cristo, convinta, decisa, magnifica. Allora ha iniziato un corso di catecumenato, di preparazione al Battesimo: gli adulti che si avvicinano alla Chiesa cattolica devono fare un certo cammino di avvicinamento ai sacramenti. Una domenica in chiesa abbiamo fatto la cerimonia di imposizione del nome, e Chen ha scelto Caterina. Poi c’è stata l’iniziazione con l’olio e la consegna del Credo e del Padre Nostro: tutti atti pubblici, durante la Messa. E la notte di Pasqua di quest’anno, Caterina ha ricevuto il battesimo, la cresima e la prima Eucarestia».

Prima, appena arrivati a Barge e Bagnolo, i cinesi si spostavano solo a piedi. Poi in bicicletta, senza luci di segnalazione, sempre al buio, partivano prima dell’alba e tornavano dopo il tramonto. Ci sono stati anche un paio di incidenti gravi, poi i carabinieri sono intervenuti e adesso sono rispettosissimi del Codice. Poi sono passati ai motorini, ora qualcuno ha anche l’auto. Ma la crisi dell’edilizia morde anche qui, nel distretto della pietra di Luserna.

E gli scalpellini dello Zehjiang stanno diminuendo: Barge e Bagnolo assistono a una specie di flusso migratorio in uscita: verso Verona, dove si lavora il marmo, oppure nel Saviglianese, dove spuntano come funghi grandi store di abbigliamento. Pensando a Prato - dove si rischia un’illegalità diffusa per via degli oltre 30 mila cinesi del tessile e per la difficoltà dei controlli - la sfida grossa qui in Piemonte si gioca nei prossimi anni: si affaccerà sul mercato la generazione dei cinesi che sono nati qui. E che già oggi fanno numeri importanti, sovrapproduzione, prezzi bassi, lavorazioni a cottimo, da operai diventano artigiani per non avere orari. E un intero territorio ai piedi del Monviso non sa più quale sarà il suo destino.  

 
 
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