La scelta del Tribunale per i minorenni di Firenze è la conferma di un processo in corso già da anni in tutt’Europa, e che nel nostro Paese sta arrivando con forza, che tende a cancellare un’idea di famiglia e di legami generazionali fondata sulla differenza sessuale e sulla responsabilità di chi mette al mondo un figlio, a favore di una ideologia dei diritti individuali che riconosce solo i desideri degli adulti.
Questa nuova ideologia si fonda su due elementi ispiratori: il primo è l’intenzione di cancellare totalmente il diritto dei bambini a poter disporre dei propri genitori naturali, e nello specifico a poter avere un padre e una madre, affermando – più o meno esplicitamente - che la differenza sessuale non conta, né nel dare la vita, né nei processi di crescita dei bambini. E su questo si dovrebbe ben discutere, invece, secondo il principio di realtà! Il secondo riguarda invece quella che mi sento di definire una vera e propria prevaricazione della giurisprudenza, ovviamente più che sapientemente costruita all’interno del linguaggio e del sistema giuridico, nei confronti della politica, delle decisioni degli organi istituzionali, ai danni di chi rappresenta un popolo, e dal popolo è stato eletto.
Non tocca a me entrare nel merito della sentenza del Tribunale per i minorenni di Firenze, che ha riconosciuto anche nel nostro Paese l’adozione, nel Regno Unito, di due bambini affidati a una coppia di persone di sesso maschile. Del resto, la stessa Presidente del Tribunale ha dichiarato alle agenzie: “Non rilascio alcun commento”. Per forza, il potere delle sue parole sta nella sentenza, non nella necessità di convincere, in un dibattito pubblico.
Quello che va detto, che lascia stupiti, ma anche con un frustrante senso di impotenza, è vedere come a colpi di sentenza si stia smantellando una cultura, un orientamento valoriale, una capacità di scelta che nel nostro Paese ha avuto moltissime occasioni di esprimersi. E che continua a ritenere che, per il superiore interesse del minore, le parole “papà e mamma” non si possono cancellare. Al punto che anche nella legge sulle unioni civili il Parlamento ha cancellato l’ipotesi della stepchild adoption (adozione del figlio del partner). Il Parlamento ha cioè detto, con la legge sulle unioni civili: “dobbiamo regolare i diritti di coppia per le persone dello stesso sesso che si vogliono bene; però, sulle relazioni genitoriali non si può intervenire”. E il Parlamento, bello o brutto che sia, è comunque l’espressione della volontà del popolo.
Ma i giudici su questo continuano a smantellare le leggi – e i valori della gente comune – a colpi di sentenza, e pezzo dopo pezzo, stanno abbattendo la casa dei diritti dei bambini e della famiglia (che era già fragile di suo), per ricostruire un castello molto più solido, quello dei diritti degli adulti. E così questi bambini non potranno mai conoscere la propria madre, ma invece vengono affidati a due “padri”. Ed è il desiderio di questi due adulti che il Tribunale di Firenze ha deciso di premiare – ironicamente, nella tutela del “superiore interesse del minore”.
Le sentenze si rispettano, ma si possono anche non condividere: lasciateci la libertà di dire che “non ci stiamo”. E il tempo poi giudicherà dove ci potrà portare questa deriva, che mette i desideri dell’individuo al di sopra di ogni altro valore: “l’uomo che non deve chiedere mai”, e che vuole una realtà “tutta attorno a te”: anche i bambini.
Francesco Belletti, direttore del Cisf, Centro Internazionale Studi Famiglia