L'augurio pasquale non poteva che partire dalla preghiera per le popolazioni dello Sri Lanka. «Ho appreso con tristezza e dolore», dice papa Francesco, «la notizia dei gravi attentati che, proprio oggi, giorno di Pasqua, hanno portato lutto e dolore in alcune chiese e altri luoghi di ritrovo dello Sri Lanka. Desidero manifestare la mia affettuosa vicinanza alla comunità cristiana, colpita mentre era raccolta in preghiera, e a tutte le vittime di così crudele violenza. Affido al Signore quanti sono tragicamente scomparsi e prego per i feriti e tutti coloro che soffrono a causa di questo drammatico evento».

Prima, nel messaggio che ha preceduto la nbenedizione Urbi et Orbi, Francesco aveva parlato del Medio Oriente, del Sud Sudan, della Libia e del Nicaragua… Papa Francesco non dimentica, a Pasqua, la sofferenza di quanti vivono situazioni di guerra e conflitti. Affacciandosi dalla loggia centrale, dopo aver celebrato messa in una piazza affollatissima, prende a prestito le sue stesse parole dell’Esortazione apostolica dedicata ai giovani per rivolgerle a tutti i cristiani.

«Cristo vive. Egli è la nostra speranza e la più bella giovinezza di questo mondo. Tutto ciò che Lui tocca diventa giovane, diventa nuovo, si riempie di vita. Perciò, le prime parole che voglio rivolgere a ciascun giovane [e a ciascun] cristiano sono: Lui vive e ti vuole vivo! Lui è in te, Lui è con te e non se ne va mai. Per quanto tu ti possa allontanare, accanto a te c’è il Risorto, che ti chiama e ti aspetta per ricominciare. Quando ti senti vecchio per la tristezza, i rancori, le paure, i dubbi o i fallimenti, Lui sarà lì per ridarti la forza e la speranza».

Speranza anche nelle situazioni più difficili, perché la «la Pasqua è anche l’inizio del mondo nuovo, liberato dalla schiavitù del peccato e della morte: il mondo finalmente aperto al Regno di Dio, Regno di amore, di pace e di fraternità». Francesco prega perché il Dio «vivente, sia speranza per l’amato popolo siriano, vittima di un perdurante conflitto che rischia di trovarci sempre più rassegnati e perfino indifferenti». Parla del ritorno sicuro degli sfollati «nonché di quanti si sono rifugiati nei Paesi limitrofi, specialmente in Libano e in Giordania». Ricorda «il Medio Oriente, lacerato da continue divisioni e tensioni», la «popolazione dello Yemen, specialmente ai bambini, stremati dalla fame e dalla guerra», chiede che «le armi cessino di insanguinare la Libia, dove persone inermi hanno ripreso a morire in queste ultime settimane e molte famiglie sono costrette a lasciare le proprie case», invoca la pace per «tutto l’amato continente africano, ancora disseminato di tensioni sociali, conflitti e talvolta da violenti estremismi che lasciano insicurezza, distruzione e morte, specialmente in Burkina Faso, Mali, Niger, Nigeria e Camerun», ricorda «il Sudan, che sta attraversando un momento di incertezza politica». E ancora, prega perché «il Signore risorto accompagni gli forzi compiuti dalle Autorità civili e religiose del Sud Sudan, sostenute dai frutti del ritiro spirituale tenuto alcuni giorni fa qui in Vaticano». Nel cuore del Papa ci sono «l’Ucraina, che continua a soffrire per il conflitto ancora in corso», il Nicaragua, il continente americano che «subisce le conseguenze di difficili situazioni politiche ed economiche. Penso in particolare al popolo venezuelano: a tanta gente priva delle condizioni minime per condurre una vita degna e sicura, a causa di una crisi che perdura e si approfondisce» e chiede che «il Signore doni a quanti hanno responsabilità politiche di adoperarsi per porre fine alle ingiustizie sociali, agli abusi e alle violenze e di compiere passi concreti che consentano di sanare le divisioni e offrire alla popolazione gli aiuti di cui necessita».

Non bisogna essere indifferenti o freddi «davanti alle tante sofferenze del nostro tempo», anzi, dobbiamo essere «costruttori di ponti, non di muri». Invocando la pace, papa Francesco chiede che il Signore «faccia cessare il fragore delle armi, tanto nei contesti di guerra che nelle nostre città, e ispiri i leader delle Nazioni affinché si adoperino per porre fine alla corsa agli armamenti e alla preoccupante diffusione delle armi, specie nei Paesi economicamente più avanzati» e che apra «i nostri cuori alle necessità dei bisognosi, degli indifesi, dei poveri, dei disoccupati, degli emarginati, di chi bussa alla nostra porta in cerca di pane, di un rifugio e del riconoscimento della sua dignità».