Campobasso,
dal nostro inviato
Quando gli hanno telefonato dalla Segreteria di Stato vaticana per annunciargli che il Papa sarebbe venuto in Molise lui replicò: «Possibile? Questo papa lo vedrei più in Siria, che in Molise». Monsignor Giancarlo Bregantini, vescovo di Campobasso-Bojano, spiega una scelta inattesa che lo ha sorpreso. Tre anni fa il Molise aveva invitato Benedetto XVI in occasione del VI centenario del ritrovamento della statua della Madonna della Libera, recupero di una pagina importante della storia e della religiosità locali.
Ora la visita di papa Francesco assume anche altri significati in una regione periferica. Sabato 5 luglio, Bergoglio va all'Università di Campobasso, prega in Cattedrale sulla tomba di monsignor Secondo Bologna, il vescovo di Campobasso ucciso durante il bombardamento della città il 10 ottobre 1943, mentre era raccolto in preghiera nella cappella del seminario. Celebra Messa e pranza con i poveri alla mensa della Caritas. Poi in elicottero si trasferisce al santuario mariano di Castelpetroso dove incontra i giovani e infine ad Isernia visita il carcere e nella Cattedrale apre l'anno di celebrazioni per Celestino V, Pietro da Morrone, nato a Isernia, il Papa del gran rifiuto, unico pontefice molisano.
- Monsignor Bregantini l'annuncio della visita prima lo ha sorpreso e poi?
«Ho pensato che il papa non vuole scartare nessuno, nemmeno noi molisani
che siamo gli ultimi in Italia. Ma è una visita nel segno della
continuità. Lui va nelle periferie: Lampedusa, Sardegna, Calabria,
Molise».
- Chi parla al Papa?
«Chi ha perso il lavoro, chi sta faticando per logiche miopi e clientelari, ma anche chi sa sfidare il futuro».
- E qual è il futuro?
«Per noi l'agricoltura. Parlerà un giovane imprenditore agricolo che con
l'azienda di famiglia sta sperimentando la semina su sodo con un
macchinario che taglia la terra e infila sementi. Così non si ara più e i
terreni in collina evitano di scivolare a valle. E' una tecnica che ha
imparato in Argentina».
- Come sta il Molise?
«Male, eppure l'abbandono ha un rivolto positivo. Non c'è inquinamento e
l'ambiente è intatto. La delinquenza ha gli indici più bassi d'Italia.
Ma finora l'identità molisana è stata rapinata da una politica
clientelare. Noi ora dobbiamo difenderla e farla rinascere».
- Come?
«Superando la cattiva nostalgia e la distruttiva permalosità, fonte del
clientelismo che ha mortificato il Molise. I molisani sono miti, ma
permalosi, ognuno per sé, difficilissimo lavorare insieme, costruire
cooperative e fare rete. Così non avendo sbocchi, il rischio è che si
trasformi tutto in una palude. Invece dobbiamo smetterla di piangere ed
elaborare progetti a lunga distanza».
- Faccia un esempio.
«In Molise ci sono 6 mila raccoglitori di tartufo, ma nessun progetto
sul tartufo, nessuna cooperativa, nessun marchio. In agricoltura i
consorzi non decollano. Abbiamo 70 qualità diverse di mele, ma gli
agricoltori non si alleano tra loro come hanno fatto in Trentino. Così
il prezzo è sempre stabilito da altri e qui si perde. Prenda i polli. La
grande industria italiana dice che in Molise i polli crescono bene per
terra e aria buona. Ma il macello era gestito con criteri clientelari e
stiamo rischiando di perdere la produzione».
- Ma lei fa il vescovo o che fa?
«Io sono dell'idea del Toniolo: la spiritualità fonda l'etica, la
politica e l'economia. Io vado in giro per la diocesi vedo le cose e
offro stimoli».
- In che modo?
«Vado in una parrocchia e ci resto 5 giorni, dormo dal parroco e
incontro tutti dai ragazzi nelle scuole, perché così poi ne parlano ai
genitori, agli ammalati agli anziani soli, parlo con i sindaci della
buona politica e dell'importanza del territorio. Vado nelle stalle, nei
campi, nei frutteti, mi fermo con i pastori. Qualcuno rimane
sconcertato, perché io scardino i ruoli e spiego che la Chiesa non fa
solo processioni. La semina su sodo l'ho scoperta così. E poi ci sono le
mamme rurali, un tesoro di valori per il Molise e anche per l'Italia,
fragili, da proteggere».
- E ai parroci cosa dice?
«Che devono stimolare la cooperazione, fare come alla fine del
secolo Ottocento quando i cattolici inventarono credito e cooperative
per mettere in pratica la dottrina sociale. Altrimenti qui si muore».
- E l'industria?
«Abbiamo la Fiat a Termoli e io ho invitato alla visita del papa
anche Marchionne, che è molisano. Non per parlare, ma per ascoltare».