Il recente Rapporto “Italiani nel Mondo” della Fondazione Migrantes dice che in Svezia vivono oltre 11mila connazionali. Da gennaio a dicembre 2015, in Svezia si sono trasferiti 639 italiani dei circa 110mila che hanno lasciato il nostro Paese iscrivendosi all’Anagrafe degli italiani residenti all’Estero (Aire), istituito presso il ministero dell'Interno, e quindi consapevoli di restare fuori dei confini per almeno dodici mesi. Quella in Svevia comunque non è una presenza recente per i nostri connazionali: risale addirittura a alcuni secoli fa. Ad arrivare per primi sono stati i “figurinai “ di Lucca che raggiunsero tutti i Paesi del Nord Europa a vendere le loro riproduzioni in gesso.
Ma è dopo la Seconda Guerra Mondiale che l’Italia, esuberante allora di manodopera, fornisce alla fiorente industria svedese, che non aveva subito i danni del tremendo conflitto, folti gruppi di operai, in massima parte tecnici. Ed è a Västerås, nella grande periferia di Stoccolma, che nel 1947 viene il primo nucleo di operai italiani, assistito da don Pietro Tagliaferri, della diocesi di Bergamo. Dopo di lui diversi sacerdoti hanno guidato le Missioni cattoliche italiane. Nel Rapporto Italiani nel Mondo del 2011 la Migrantes ha ricostruito il percorso ricco e interessante dell’emigrazione italiana in Svezia e le figure dei missionari che hanno accompagnato gli emigranti, nelle diverse città: Vaestaras, Goeteborg, Stoccolma Malmoe e Trelleborg.
“Una storia di sofferenza, di lavoro e di fatiche – ha scritto in occasione del sessantesimo della fondazione della Mci di Stoccolma nel 2013 mons. Giancarlo Perego, Direttore generale della Fondazione Migrantes - di partecipazione alla vita sociale anche attraverso le associazioni, ma anche di incontro con la vita ecclesiale e di dialogo ecumenico con le Chiese sorelle che è cresciuto, nonostante le prime ostilità e opposizioni”. Sono diversi, come dicevamo, i volti dei sacerdoti italiani, diocesani e religiosi, che insieme ai laici, alle loro famiglie e alle religiose, hanno accompagnato la vita della missione cattolica italiana di Stoccolma: da don Piero Damiani, a padre Giulio Masiero, a padre Umberto Cerutti, a don Eraldo Carpanese, a don Efrem Gobbo, a don Luciano Epis, a don Josef Kròl, fino a monsignor Cesare Furio (nella foto in alto), di origine italiana ma residente in Svezia dall’età di 11 anni, che la guida oggi.
“La speranza è che questa commemorazione che si svolge in questi giorni in Svezia, con la partecipazione del Papa, dice monsignor Cesare Furio - può segnare un occasione favorevole per un incontro e un ritrovato dialogo fra le nostre chiese, pur tra tante difficoltà. Credo che in Svezia viviamo una relazione armonica tra le Chiese. Molte differenze e diffidenze le abbiamo superate, ed è più ciò che ci unisce rispetto a ciò che ci divide. Forse la parte più feconda dell'ecumenismo è quella della spiritualità”. Martedì primo novembre, il sacerdote - con una quarantina di italiani - ha assicurato la sua presenza a Malmö, alla celebrazione presieduta dal Pontefice con la comunità cattolica svedese.
“I nostri cattolici sono persone molto interessate, nutriamo molta simpatia verso la persona del Papa. Abbiamo notato come la Messa di martedì allo Swedbank Stadion è molto più sentita che l'incontro ecumenico di lunedì all'arena di Malmö. La visita del Papa avrà in ogni caso un significato ecumenico rilevante”, dice in una dichiarazione a www.migrantesonline.it.: “Noi chiediamo al Papa di irrobustirci nella fede, e non solo noi ma tutti i cristiani in Svezia. Egli viene per tutti. Comunque potrà aiutarci a crescere nell'unità e renderci più consapevoli del nostro compito di diffondere il Vangelo con la parola e l'azione”.