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venerdì 13 dicembre 2024
 
 

Il compagno Enrico, l'anticoncordatario

19/03/2014 

Non è facile orizzontarsi verso il realismo veridico a proposito di Enrico Berlinguer, il segretario del Pci morto nel giugno di trent’anni fa dopo un comizio preelettorale a Padova, proprio nei giorni in cui i giornali sono pieni di commenti su un film girato su di lui da Walter Veltroni, altra personalità di spicco nella storia del comunismo e del postcomunismo italiano. Non è facile, ripeto, cercare il giusto equilibrio fra sentimenti, nostalgie, paragoni con la classe dirigente di sinistra di oggi, e una realtà di cui però va cercata una sintesi per renderla credibile. 

Il punto di partenza può (e a nostro giudizio deve essere) questo: Berlinguer è passato alla storia del Paese per essere stato il primo dirigente del partito comunista italiano a esprimere il proprio disagio di fronte ai rapporti con  l’Unione sovietica, in particolare con la memoria di Stalin e quella del “gulag”. In questa strategia filo-democratica nei durissimi Anni Settanta Berlinguer fu altresì il primo leader del Pci a intessere con l’allora capo della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, un tentativo di alleanza a fini governativi, sotto la voce di un “compromesso storico” che da allora –tragicamente scomparso dalla scena Moro- gli viene regolarmente attribuita.  Ma attenti: quell’ipotesi era nata in Aldo Moro, non in Enrico Berlinguer, per un motivo molto semplice: il leader pugliese voleva sottrarre il proprio partito dalle accuse che gli venivano rivolte sulla corruzione politica del momento, proprio quando il leader sardo tuonava contro il triste fenomeno affermando davanti all’opinione pubblica italiana l’idea che l’unico partito in grado di dimostrare la propria superiorità morale era il suo, il Pci.  Ma la sostanza della coincidenza di accenti fra Moro e Berlinguer aveva poco che fare con un’armonia di pensieri sull’etica, pubblica e privata.

Cosa pensava Berlinguer dei cattolici? In uno scambio di lettere con l’allora vescovo di Ivrea Bettazzi nel 1977, egli aveva scritto questa frase: il suo desiderio era di poter “realizzare una società che, senza essere cristiana, cioè legata integralisticamente a un dato ideologico, si organizza in maniera tale da essere sempre più aperta ed accogliente verso i valori cristiani”. Dunque, riassumendo: il cristianesimo ha dei valori, ma non devono essere integralistici, né ideologici. Tanto è vero che il Pci di Berliguer si oppose duramente al progetto di rinnovare il Concordato con la Chiesa mandato avanti da Bettino Craxi (il leader socialista più anticomunista di tutta la storia della sinistra italiana) alcuni anni dopo la caduta dell’illusione del “compromesso storico” Pci-Dc. Per non ricordare l’appoggio ai radicali nei referendum sul divorzio e sull’aborto. Tanto va ricordato, anche se sono passati trent’anni dalla morte di un politico che conserva, nella cultura laicista italiana, un prestigio incontaminato.

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