«Speriamo che il film non rovini il libro». In queste parole pronunciate da una studentessa venuta ad ascoltare la presentazione di Alessandro D'Avenia all'Università Cattolica di Milano di Bianca come il latte rossa come il sangue, la pellicola tratta dal suo romanzo, c'è tutta l'attesa dei tantissimi giovani che in quel testo si sono riconosciuti ed emozionati. Non saranno delusi. Il film che esce in questi giorni è semplice, ma non semplicistico, proprio come il romanzo di D'Avenia. La storia del sedicenne Leo (Filippo Scicchitano, già protagonista di Scialla!), studente torinese che preferisce il calcetto ai libri, che si innamora della "rossa" Beatrice (Gaia Weiss) e che decide di starle accanto quando scopre che è malata di leucemia, è raccontata dal regista Giacomo Campiotti (una laurea in pedagogia e quattro figli), con il garbo di chi conosce bene ciò di cui parla, riuscendo a non far stridere le parti più leggere con quelle più drammatiche.
Leo, che all'inizio divide il mondo in due colori, il bianco sinonimo di vuoto, di noia e di responsabilità e il rosso delle passioni e dei capelli dell'amata Beatrice, passando per il dolore comprende che la vita è un arcobaleno che cambia di continuo. E in questo percorso di crescita entra anche quel Dio che all'inizio viene liquidato con una battuta. Quando il professore di religione gli chiede se ci crede, Leo risponde di no perché digitando sul cellulare la parola "Dio" il T9, il software per la scrittura facilitata degli Sms, la corregge in "fin". E invece resta sconvolto quando Beatrice, già fortemente segnata dalla malattia, gli confessa di provare «nostalgia di Dio, di quando ci credevo da bambina». Un film, in definitiva, che può offrire molti spunti di riflessione pure agli adulti, qui rappresentati dal professore idealista Luca Argentero e dai genitori di Leo interpretati da Flavio Insinna e da Cecilia Dazzi. Adulti che non nascondono le loro fragilità e che per questo riescono a essere vicini ai giovani nei momenti che contano davvero.
Eugenio Arcidiacono
Un titolo accattivante che sembra il verso di una poesia di Shakespeare, una copertina intrigante con un volto femminile che si mostra solo in parte, una trama che affronta di petto e con coraggio i grandi temi della vita, una scrittura semplice ed efficace al tempo stesso... Su queste caratteristiche si è edificato il successo di Bianca come il latte rossa come il sangue, il romanzo di Alessandro D'Avenia che Mondadori ha pubblicato nel gennaio del 2010. Uno dei più grandi successi editoriali degli ultimi anni, come certificano in modo inequivocabile i numeri: 700 mila copie vendute, diffusione in venti Paesi. E non si è trattato di una fiammata effimera: al contrario, siamo in presenza di un autentico long-seller, dato che il romanzo staziona nelle posizioni nobili delle classifiche dei libri più venduti da ormai tre anni. Senza contare che, presto, l'uscita del film farà sentire i suoi effetti.
Sostenere che il segreto della straordinaria accoglienza a Bianca come il latte rossa come il sangue è frutto esclusivamente di una miscela di intuizioni di marketing è riduttivo e ingiusto. A far scattare il passaparola fra i ragazzi - protagonisti della vicenda e principali fruitori del libro e, ora, c'è da scommetterci, del film - è la capacità dell'autore di parlare di valori profondi, che toccano il senso della vita. Fra questi, anche il tema di Dio, che non viene propinato in maniera dogmatica, ma proposto come dimensione con cui è necessario confrontarsi. Un libro che affronta il dolore dell'esistenza, mostrando, in maniera positiva, la possibilità di superarlo e di dargli un senso. Merce rara, di questi tempi. In altre parole, c'è tanta sostanza in questo romanzo, e a questa si deve il suo successo.
D'Avenia, 35 anni, insegna Lettere in un liceo milanese e ha lavorato come sceneggiatore. Non gli è stato difficile dunque calarsi nelle vesti di co-sceneggiatore del film di Giacomo Campiotti. Di recente ha donato all'Università Cattolica, dove ha frequentato il master in Scrittura e produzione per la fiction e il cinema, 20 mila euro per la ricerca e lo sviluppo di progetti creativi.
Nel 2011 lo scrittore milanese ha pubblicato il suo secondo romanzo, Cose che nessuno sa, anch'esso di buon successo, sebbene non paragonabile all'exploit dell'esordio, in cui tornano figure e temi a lui cari: i giovani e la loro crescita umana e spirituale, il ruolo della scuola e della letteratura nella loro formazione, gli insegnanti, l'amicizia, la famiglia, le sfide della fede.
Paolo Perazzolo
In occasione della "prima" di Bianca come il latte rossa come il sangue, in oltre 200 cinema italiani la proiezione è stata preceduta da un miniconcerto dei Modà, collegati in diretta da Roma. La band guidata da Francesco "Kekko" Silvestre è autrice della colonna sonora del film diretto da Giacomo Campiotti e ispirato all'omonimo romanzo di Alessandro D'Avenia, tra cui spicca, in particolare la canzone Se si potesse non morire con cui il gruppo è arrivato terzo all'ultimo Festival di Sanremo.
Il cantante così descrive la genesi della canzone: «Quando la produzione del film ci ha contattati, ci ha chiesto di poter utilizzare alcuni brani del nostro disco precedente, Viva i romantici, tra cui Come un pittore. Abbiamo accettato, ma poi ho fatto ascoltare Se si potesse non morire che avevo scritto dopo aver conosciuto una ragazza malata di leucemia. Mi sembrava perfetta per il film e infatti è stata subito scelta come pezzo portante».
Eugenio Arcidiacono