Il più grande atto profetico che papa Francesco ha compiuto fino a oggi. Così, Enzo Bianchi, priore della Comunità monastica di Bose, interpreta la decisione del Pontefice di indire una giornata universale di preghiera e di digiuno per la Siria, sabato 7 settembre.
Enzo Bianchi, quali sono il significato e la forza del richiamo del Papa alla preghiera?
La preghiera per noi cristiani è una forza politica nella storia. Rappresenta il nostro grido a Dio affinché intervenga sulle azioni degli uomini. Ma allo stesso tempo è anche un'assunzione di responsabilità da parte degli uomini. Noi, infatti, definiamo la preghiera intercessione: quando preghiamo intercediamo, ovvero facciamo un passo avanti, un gesto concreto e attivo laddove c'è la guerra, la sofferenza, la divisione, l'odio.
E il richiamo al digiuno?
La pratica del digiuno rappresenta la presa di coscienza che il nostro corpo non ha bisogno solo di cibo. Significa imprimere nella nostra carne in modo chiaro che l'uomo non vive solo di pane, ma anche di pace, amore, fratellanza, bene comune. Il pane e il benessere non sono sufficienti. Il digiuno ci fortifica e ci disciplina attraverso il dominio della fame. Vissuto come un gesto collettivo, diventa un atto di responsabilità di tutta la comunità. Il digiuno, come la preghiera, è presente in tutte le religioni, dall'islam all'ebraismo. Nel richiamo del Pontefice acquista un valore universale: papa Francesco ha infatti invitato alla giornata di preghiera e digiuno tutti gli uomini di tutte le fedi, anche i non credenti. Ha reso un servizio all'umanità intera. E anche i non credenti hanno risposto al suo invito.