Franco Zeffirelli. Il suo Gesù di Nazareth fece molto discutere.
Sono gli anni della costruzione di Dinocittà e dell’idea di portare la Bibbia sullo schermo in versione integrale o quasi da parte di De Laurentiis. La Bibbia di Huston sarà un grande successo ma riporterà la figura di Gesù nel suo alveo più convenzionale. A cui attingerà in modo ineccepibile dal punto di vista formale Franco Zeffirelli, prima con un Fratello sole, sorella luna del 1972 sulla figura di san Francesco, poi con un Gesù di Nazareth (1977) tanto spettacolare quanto personalissimo nel contenuto ma tradizionale nella forma.
Quattro anni prima, invece, Gesù era stato trascinato addirittura nel mondo del musical, con un’effervescente quanto azzeccatissima opera rock, Jesus Christ superstar, scritta per Broadway da Tim Rice e Andrew Lloyd Webber e immediatamente riadattata per il grande schermo dal canadese Norman Jewison. Un film di facile presa e consumo, astuta operazione di marketing, ma con qualche idea non marginale, che mette in luce personaggi come Caifa, Ponzio Pilato, Maria Maddalena, ponendoli sullo stesso livello di Gesù.
Il tentativo, inoltre, tenta di riavvicinare il mondo giovanile a una spiritualità più attuale, meno paludata, adeguata a tempi di cambiamento dove i ragazzi di tutto il mondo possono sentirsi ancora protagonisti.
Willem Dafoe e il regista Martin Scorsese sul set de L'ultima tentazione di Cristo.
Le occasioni mancate
Quasi inevitabilmente, è l’Italia a tentare di produrre e proporre immagini meno convenzionali e statiche di Gesù e degli episodi biblici, negli anni Settanta e Ottanta, con operazioni talvolta poco riuscite ma degne ugualmente di essere sottolineate per l’impegno. Si va, così, dal misterioso, intellettualoide …e di Shaul e dei sicari sulle vie di Damasco, di Gianni Toti, rilettura in chiave forzatamente marxista di san Paolo, alla commedia di facile consumo, con Il ladrone, di Pasquale Festa Campanile, del 1980, in cui si “celebra” senza alcuna convinzione critica la figura del compagno di croce di Gesù.
Ma non mancano lavori interessanti come Cammina cammina, di Ermanno Olmi, del 1983, o L’inchiesta, di Damiano Damiani, del 1986, film sottovalutato almeno per gli intenti (Roma capitale dell’impero che decide di indagare sulle voci giunte dalla Palestina le quali parlano sempre più fortemente della morte e della resurrezione di Gesù), ma anche Cercasi Gesù, di Luigi Comencini, del 1982, curioso e non sgradevole tentativo di mostrare la figura del Cristo uomo in chiave grottesca e satirica odierna.
E c’è anche, rieccolo, un Quo vadis? in miniserie televisiva, del 1985, diretto da Franco Rossi. Tutto questo mentre lo scandalo monta all’estero almeno in due occasioni: nel 1985 per Je vous salue, Marie, di Jean-Luc Godard, dichiaratamente provocatorio ma sostanzialmente… innocuo. Fanno più clamore, alla fine, le manifestazioni contrarie al film che non la pellicola stessa. E, nel 1988, L’ultima tentazione di Cristo, passo falso di un altro grande regista, Martin Scorsese, che non centra l’obiettivo restando invischiato in una superficialità che danneggia l’idea di partenza, quella di mostrare quanto la natura di Cristo sia umana e divina al contempo.
Krzysztof Kieslowski, autore di un geniale Decalogo, per televisione.
Dalla Polonia un decalogo capolavoro
Fa eccezione, tra i grandi registi, il polacco Krzysztof Kieslowski, capace di girare un Decalogo per la televisione, nel 1988, d’intelligenza e intensità straordinaria in ogni episodio, tanto da indurre al “rimbalzo” dei dieci brevi film dal piccolo schermo al cinematografo, con successo immediato e meritato di pubblico e critica ovunque.
Gli anni successivi non portano molta acqua al mulino, pur non mancando, le produzioni più svariate, di continuare a insistere sulla vita di Gesù. Unica eccezione, ancorché discutibile, o forse proprio per questo, La Passione di Cristo, di Mel Gibson, del 2004, lavoro tecnologicamente di alto livello, interamente girato in Italia, ma accusato e non senza ragione di antisemitismo ed eccesso di violenza.
Al contrario, per tornare all’Italia, va ricordato il film di Ermanno Olmi, del 2007, Centochiodi, con l’intento di tornare a parlare di un Gesù dei giorni nostri, eseguito con la solita capacità gentile e sferzante allo stesso tempo da parte di uno dei pochi registi davvero intenzionati a seguire, cercare, capire, studiare, proporre un dialogo tra pubblico e artista basato anche sulla spiritualità e non solo sul facile consenso.
Bibbia e cinema: le parole del cardinal Martini sono ancora attuali.
Tante produzioni, buone idee o solo business?
Gli ultimi due anni sono stati il periodo in cui le produzioni statunitensi si sono buttate a capofitto sul tema-Bibbia, investendo in quello che, come lascia trasparire l’intervista al Wall Street Journal di Robert Moore, è un affare economico, principalmente. Così, la Paramount presenta Noè, kolossal da 125 milioni di dollari con Russell Crowe ed Anthony Hopkins. Mentre la 20th Century Fox ricorre a Mosè per L’esodo, che forse sarà diretto da Ridley Scott. E anche la Warner Bros lavora a un Mosè con Steven Spielberg regista ma non tralascia l’idea di girare un film sulla figura di Ponzio Pilato. Quanto alla Lionsgate, vorrebbe cogliere tutti di sorpresa con un “prequel” della Passione, dal titolo Maria, madre di Cristo. E infine, in modo ancora poco chiaro, la Sony avrebbe nel suo catalogo La redenzione di Caino. Ma, in questo caso, stando ai bene informati, si tratterebbe niente di meno che di un thriller…
Forse, allora, per riportare l’argomento nel suo giusto binario, potremmo affidarci alle parole dell’allora cardinale di Milano, Carlo Maria Martini, che concluse un intervento sul confronto fra Bibbia e cinema nel 2001 così: «Forse chiedo troppo, ma è bello sognare che, dopo i primi cent’anni di cinema, ne seguano altri cento che raggiungano quella perfezione e quella incisività comunicativa da tremila anni propria dei racconti biblici».