Viva Verdi!, scrivevano i risorgimentali sui muri. Viva Verdi!: ovvero “Viva Vittorio Emanuele Re d’Italia”. Che il significato del motto fosse davvero quello o che si tratti di una semplice leggenda poco conta: certo è che, allora come oggi, in Giuseppe Verdi e nella sua musica si è incarnato lo spirito, il senso, il valore dell’italianità e dell’unità del Paese.
A 200 anni esatti dalla sua nascita (che avvenne il 10 ottobre 1813 nella campagna di Parma, a Roncole, piccola frazione di Busseto), il pubblico, i musicisti, gli italiani tutti continuano a identificarsi nella sua musica: drammatica ed intensa. Melodica e sentimentale. Capace di scolpirsi nell’anima e di rimanerci per sempre. La musica di Verdi è stata e rimane “la nostra musica”: sia che venga ascoltata in teatro, in concerto, alla radio, sui dischi o attraverso le mille e mille trascrizioni che le bande di paese hanno fatto risuonare in questi due secoli (era prassi che il giorno successivo alle “prime rappresentazioni” le bande portassero nelle vie le sue melodie).
Ed il suo “Va' pensiero” dal Nabucco è la pagina che, ovunque risuoni nel mondo, porta l’emozione dell’italianità in chi l’ascolta ed in chi la intona: tanto che molti (non si creda che lo abbiano fatto solo i leghisti) lo hanno proposto come nuovo inno nazionale. Traviata, Rigoletto, Trovatore (la così detta “Trilogia popolare”) sono le opere che più di ogni altro titolo fanno fermare il tempo con i loro personaggi travolti dalle passioni, dal soffrire all’amare. Aida continua a far sognare mondi fantastici. Macbeth, Otello e Falstaff dimostrano quanto Verdi, partito da quel minuscolo borgo natio, abbia vinto una sfida impossibile per altri compositori: fare del teatro di Shakespeare un’opera lirica.
Ma gli italiani si identificano anche nel “personaggio” Verdi. In quest’uomo che ha mosso i primi passi con umiltà, è approdato a Milano per formarsi, ha conquistato un successo immenso, ha trionfato a Parigi, senza mai dimenticare il suo borgo, la sua amata campagna. Senza mai cessare di contare i carri di fieno che passavano sotto la sua finestra, anche quando il Senato lo elesse fra i suoi membri (e senza alcuna polemica, altri tempi...).
Fino a concepire quello che definì il “suo capolavoro”, finanziato dai
diritti sulle sue opere: la Casa Verdi di Milano, non un’opera lirica,
ma un ricovero per anziani musicisti. Sono tanti, troppi, gli aneddoti
legati alla vita di Verdi. E chi ama la sua opera o chi la vuole
scoprire ha a disposizione infiniti appuntamenti e un sito, www.giuseppeverdi.it, con una scelta molto accurata.
I più grandi
interpreti italiani lo porteranno in scena e nelle sale da concerto.
Daniele Gatti (il “Claudio Abbado” del XXI secolo) dirigerà Traviata il 7
dicembre alla Scala: dopo aver eseguito una stupenda Messa da Requiem a
Parigi (in giugno) che riproporrà a Parma (il 31 ottobre) per il
Festival dedicato al “cigno di Busseto”. E spiega, a proposito di questo
capolavoro dedicato a Manzoni e alle molte domande sulla religiosità
di Verdi, “che il suo Requiem è al servizio della parola, della
sofferenza e della profondità che la parola ci ispira”. Riccardo
Chailly, parlando di Aida, sottolinea “quanto i grandi compositori del
‘900 abbiano attinto da Verdi, quanto la sua musica sia europea, e non
solo italiana”. Riccardo Muti, che di Verdi e dell’italianità è pure
ambasciatore nel mondo, dedica da Chicago il Requiem in streaming in
tutto il mondo nel giorno del “compleanno”. E il Conservatorio di
Milano (uno dei tanti a lui dedicato, insieme a Teatri, vie e
orchestre) dove Verdi ha studiato, ha realizzato con la Provincia "Verdi e
Milano - Le musiche della Patria", un sito ed un e-book da scaricare
gratuitamente.