Business as usual. Ricky, un alto funzionario
di Polizia, ricorre all’inglese
per dire che, nonostante la bufera
mediatica, per lui e i suoi colleghi il
lavoro procede come al solito: si intercetta,
si filma, si pedina e si redigono rapporti
proprio come accadeva prima che scoppiasse
l’ennesimo scandalo. Oggi lavora a
Roma nel cuore delle istituzioni. «Per anni,
su mandato esplicito dell’autorità giudiziaria
mi sono occupato di dare la caccia
a mafiosi e terroristi», racconta.
«Nell’era digitale», spiega, «ogni cittadino,
anche il più attento, lascia tracce.
Le forze di polizia e l’intelligence ricostruiscono
senza grosse difficoltà il profilo di
una persona da tenere sotto controllo».
Molti dati vengono forniti dai telefoni
cellulari: vale sia per le chiamate in partenza
e in arrivo, sia per la localizzazione
attraverso la mappatura delle celle radio.
Volenti o nolenti, Internet rende praticamente
trasparente ogni nostra azione.
«Esiste un database mondiale delle carte
di credito al quale i Governi si possono rivolgere
per ottenere informazioni, così
come esistono i database che immagazzinano
le liste passeggeri delle compagnie
aeree, ciò che avviene negli uffici postali,
le bollette di luce, gas e acqua, le prenotazioni
fatte dalle agenzie di viaggio, i biglietti
teatrali».
Sottrarsi ai controlli è pressoché impossibile.
«Skype era inaccessibile, ma
l’Nsa e le polizie di mezza Europa l’hanno
costretta ad aprirsi. Ora, l’unica chance è
camuffare. In Internet esistono programmi
che servono a navigare utilizzando un
indirizzo IP diverso da quello in uso. Ed è
possibile ricorrerere a un algoritmo di crittografia
da usare in peer to peer, ovvero installando
un programma solo sui due telefonini
che dovranno comunicare. L’unica
certezza di privacy totale deriva dal non accendere
computer e cellulari. Non a caso i
capi clan s’affidano ai pizzini».