Nato tra le polemiche, il bonus renziano frutto della legge 107/2015 che premia i docenti meritevoli continua a far parlare di sé, soprattutto in queste ultime settimane in cui è finito sonoramente dritto nelle tasche dei professori prescelti.
In principio ne sono stati contestati da ogni dove i più diversi aspetti: dall’idea stessa di valutare la qualità dell’insegnamento, di per sé imponderabile a detta di molti, all’opinabilità dei criteri di attribuzione del merito, fino al Comitato di valutazione, chiamato a stabilire tali criteri e composto anche da genitori e alunni (alle superiori). Giunti infine al traguardo, decisi i vincitori, si continua ancora a dire.
Come è successo al liceo Parini di Milano, dove gli esclusi, 12 sui 47 docenti di ruolo che ne avevano diritto, hanno protestato sonoramente, con lettera scritta inviata da cinque di loro al preside e ad altri uffici regionali. A seguire la replica del dirigente, Giuseppe Soddu: «Ho fatto una segnalazione all’Ufficio legale del provveditorato come atto dovuto, perché nella lettera dei docenti, a mio parere, c’erano dichiarazioni lesive della mia dignità professionale e morale, dicono che io abbia usato la graduatoria con intento punitivo: questo assolutamente non è e non posso accettarlo». Perché, ci spiega il preside «Il bonus è stato assegnato al 75% dei docenti secondo i criteri approvati dal comitato di valutazione (presieduto dal dirigente scolastico e formato da tre docenti, un rappresentante dei genitori e uno degli studenti, alle superiori, n.d.r.)». I professori hanno messo in tasca una cifra che va da un massimo di 700 a un minimo di 200 euro, in proporzione al punteggio conseguito. E aggiunge: «Io sono favorevole al riconoscimento del merito. Non a tutti bisogna dare sei, ci sono i bravi e i meno bravi anche nel mondo della scuola, inutile fare finta che non sia così. Ne abbiamo parlato in collegio dei docenti, non una ma più volte, e nessuno ha obiettato, forse perché erano tutti convinti che sarebbero rientrati nel 75%. Troppo comodo dopo, a cose fatte, lamentarsi». Ma che cosa è stato valutato al Parini? «L’innovazione didattica, la disponibilità a collaborare, ad aggiornarsi. Abbiamo inserito come criterio anche le pubblicazioni: tanti docenti scrivono testi perché non premiarli? Poi sei voci erano valutazioni degli studenti che hanno valutato i loro docenti». E, rassicura chi lo pensa: «Non è vero che sono rimasti fuori i professori più severi».
Ma, ci si chiede, si poteva trovare un modo per evitare lotte intestine?
«Ho condiviso la distribuzione del bonus con il collegio e ho cercato più che di premiare la qualità, almeno quest’anno, di compensare il lavoro svolto dal personale di ruolo», spiega Giovanna Mezzatesta preside dell’IC Rinnovata-Pizzigoni di Milano. E ha così azzerato i malumori. «Nel momento in cui si è capito quanti erano i soldi del bonus abbiamo detto: piuttosto che pagare l’impegno di alcuni insegnanti di ruolo col fondo di istituto lo paghiamo anche un po’ di più con il bonus, seguendo i criteri che il comitato di valutazione si era dato e informando comunque la Rsu in contrattazione sia dei criteri sia dei pagamenti, in modo che i soldi del fondo di istituto possano essere usati per altro». A tutto vantaggio dei servizi offerti dalla scuola. E così, ad esempio: un docente precario di matematica, che si è sempre occupato del laboratorio informatico e che non avrebbe avuto diritto al bonus perché non di ruolo, è stato pagato di più col fondo di istituto non speso per retribuire altri incaricati, pagati invece col bonus. I criteri del bonus? «E stata privilegiata l’area C, quella della parte organizzativa, del resto la più contabile, visibile, mentre la qualità dell’insegnamento, area A, non si riesce a quantificare se non con strumenti molto raffinati di analisi che al momento non si posseggono».
Dunque discrezionalità e predilezione di criteri diversi in ogni scuola. E anche reazioni diverse tra i docenti. A Torino, i professori della succursale di via Ancina della scuola media Bobbio hanno deciso di restituire alla segreteria l’importo del bonus perché venga destinato alle esigenze degli alunni, molti dei quali, dicono, hanno famiglie che faticano ad arrivare a fine mese. A Petronà, in provincia di Catanzaro, un maestro elementare ha regalato, con i soldi ricevuti, un tavolo da ping pong ai suoi bambini che ora, in palestra, avranno la possibilità di imparare a giocare. In tante parti dello Stivale, infine, molti dei professori che non hanno condiviso in principio i dettami della riforma, che hanno parlato e scioperato allora, non si sono lamentati a valle. Semplicemente, con coerenza, non hanno presentato a monte la loro candidatura per ricevere alcunché.