Missione compiuta. Fin dai primi giorni del suo insediamento il nuovo vescovo di Bologna, monsignor Matteo Zuppi, aveva messo al primo posto nella sua agenda i poveri e soprattutto i disoccupati e le famiglie senza casa. E così, in occasione dello sgombero da parte delle forze dell’ordine di uno stabile in pieno centro, con pesanti contestazioni e anche diversi feriti, un gruppo di occupanti ha preteso e ottenuto  la sua mediazione. Tra una messa e l’altra don Matteo, come lo chiamano i fedeli, si è messo a disposizione e il suo intervento ha calmato le acque che, in caso contrario, si sarebbero mantenute piuttosto agitate. Gli operatori del comune hanno lavorato tutta la notte trovando una sistemazione, per ora provvisoria, per ognuna delle famiglie, che si sono anche dette disponibili a trasferirsi in provincia o addirittura in montagna. Parliamo di una decina di nuclei familiari con dodici minori a carico, tra cui anche bambini molto piccoli.

Intanto una cosa  è certa. In un momento di difficoltà e di tensione il vescovo Zuppi è diventato un punto di riferimento e un garante. Un rispetto e una fiducia ben meritati, perché don Matteo sta dimostrando di saper mantenere le promesse. A pochi mesi dal suo arrivo a Bologna infatti, proprio in una intervista al nostro giornale il vescovo si era impegnato a destinare ai poveri e ai disoccupati i proventi della Faac, la multinazionale dei cancelli automatici eredita dall’arcidiocesi, e così ha fatto. Nelle prossime settimane, in perfetta continuità con la linea adottata dal suo predecessore, il cardinale Carlo Caffarra, attraverso la Caritas diocesana distribuirà un milione di euro alle famiglie bisognose, che non riescono a pagare le bollette o rischiano addirittura di perdere la casa. Ma la cosa non si ferma qui.

La grande novità è rappresentata dal piano per la disoccupazione che si sta predisponendo proprio in questi giorni con la collaborazione dell’economista Stefano Zamagni, che già ha attuato un progetto del genere per la diocesi di Rimini. I milioni di utile della Faac, naturalmente, faranno la differenza. Si pensa non solo a interventi di microcredito, ma a un piano di sgravi (circa il 30% per il primo anno) per le aziende del territorio che accetteranno di assumere lavoratori “fragili”. Giovani ma anche esodati, persone che hanno perso il lavoro e che devono riciclarsi. Contemporaneamente saranno avviati corsi di formazione, per rendere queste persone più “competitive”, sempre in collaborazione con le aziende.