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Battaglia persa. L'ha spuntata la furia dei cosiddetti "laicisti". Niente benedizioni pasquali per alunni e docenti dell'Istituto Comprensivo di Bologna. Ma ricostruiamo la storia: com'è ormai noto, circa un anno fa lo stesso Consiglio d’Istituto delle tre scuole che fanno capo al Comprensivo 20, e cioè le elementari Fortuzzi e Carducci e le medie Rolandino, aveva approvato a maggioranza assoluta le consuete benedizioni pasquali, da tenersi in orario extrascolastico e solo per i bambini accompagnati dai genitori.
Dopo polemiche infuocate, alcune maestre e alcuni genitori - undici persone in tutto, in un istituto che conta complessivamente 1100 alunni - avevano fatto ricorso al Tar, che aveva bocciato la delibera del Consiglio d’Istituto, vietando di fatto le benedizioni. Una sentenza criticata anche da alcuni amministratori del capoluogo. Ma l’Avvocatura dello Stato era ricorsa in appello, per conto del Ministero all’Istruzione ed ecco che il Consiglio di Stato aveva a sua volta sospeso la sentenza del Tar. Si pensava a un via libera, tanto che la dirigente, Daniela Turci, si era già messa in contatto con i parroci. E invece no.
Dopo una discussione molto sofferta il Consiglio d’Istituto ha fatto marcia indietro. Chi era favorevole alle benedizioni si è astenuto e così i paladini della laicità l’hanno avuta vinta. “Ho proposto di aspettare che la questione a livello normativo fosse più chiara, per svelenire il clima”, ha spiegato il presidente del Consiglio d’Istituto Giovanni Prodi, nipote di Romano. Del resto proprio suo fratello, don Matteo Prodi, in una lettera all’Ansa aveva proposto di sostituire la benedizione con l’acqua santa con la distribuzione di “ovetti pasquali”, col suggerimento garbato di regalarli a qualcuno. “ Se buttare qualche goccia d'acqua fa così male”, scrive don Prodi in riferimento al dibattito infuocato seguito alla vicenda, “vuol dire che la benedizione non suscita del bene, vuol dire, con qualche probabilità, che si deve cambiare strada".
La sentenza nel merito da parte del Consiglio di Stato è attesa per il 28 aprile. Dopo si vedrà ma, nonostante le buone intenzioni della lettera sofferta di don Matteo, se la strada scelta è questa, finiremo per dare ragione a chi vuole sostituire il Presepe con le renne e la festa dell’inverno. Per “svelenire” il clima.
Dopo polemiche infuocate, alcune maestre e alcuni genitori - undici persone in tutto, in un istituto che conta complessivamente 1100 alunni - avevano fatto ricorso al Tar, che aveva bocciato la delibera del Consiglio d’Istituto, vietando di fatto le benedizioni. Una sentenza criticata anche da alcuni amministratori del capoluogo. Ma l’Avvocatura dello Stato era ricorsa in appello, per conto del Ministero all’Istruzione ed ecco che il Consiglio di Stato aveva a sua volta sospeso la sentenza del Tar. Si pensava a un via libera, tanto che la dirigente, Daniela Turci, si era già messa in contatto con i parroci. E invece no.
Dopo una discussione molto sofferta il Consiglio d’Istituto ha fatto marcia indietro. Chi era favorevole alle benedizioni si è astenuto e così i paladini della laicità l’hanno avuta vinta. “Ho proposto di aspettare che la questione a livello normativo fosse più chiara, per svelenire il clima”, ha spiegato il presidente del Consiglio d’Istituto Giovanni Prodi, nipote di Romano. Del resto proprio suo fratello, don Matteo Prodi, in una lettera all’Ansa aveva proposto di sostituire la benedizione con l’acqua santa con la distribuzione di “ovetti pasquali”, col suggerimento garbato di regalarli a qualcuno. “ Se buttare qualche goccia d'acqua fa così male”, scrive don Prodi in riferimento al dibattito infuocato seguito alla vicenda, “vuol dire che la benedizione non suscita del bene, vuol dire, con qualche probabilità, che si deve cambiare strada".
La sentenza nel merito da parte del Consiglio di Stato è attesa per il 28 aprile. Dopo si vedrà ma, nonostante le buone intenzioni della lettera sofferta di don Matteo, se la strada scelta è questa, finiremo per dare ragione a chi vuole sostituire il Presepe con le renne e la festa dell’inverno. Per “svelenire” il clima.





