Con termine tecnico si chiama “solidarietà espansiva”, che tradotto significa “lavorare meno lavorare tutti”. Niente di nuovo o quasi sotto il sole, anche se sono passati quarant’anni dalla contestazione del ’77 in cui gli studenti, con slogan di questo tipo, si rivoltarono contro la “Bologna rossa di vergogna”. E proprio a Bologna l’estrema sinistra rappresentata in Consiglio regionale sta lavorando a un progetto legislativo che andrebbe anche oltre la legge francese introdotta nel ’97 dal primo ministro socialista Jospin. Questo provvedimento, lo ricordiamo, obbligava le aziende a partire dal 2000 a fissare a 35 le ore di lavoro settimanale, senza penalizzazioni economiche per i dipendenti, la stessa cosa che l’allora premier Prodi negò a Bertinotti.
Il progetto di legge delle sinistre emiliane invece riduce – ma facoltativamente - l’orario lavorativo da 40 a 32 ore, con un taglio secco della settimana lavorativa da 5 a 4 giorni. Secondo il relatore della legge Piergiovanni Alleva infatti, consigliere regionale dell’Altra Emilia-Romagna, allievo di Federico Mancini (uno dei padri delle riforme contrattuali targate Psi degli anni 70), come lui già docente di diritto del lavoro ed ex consigliere del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro salvato dalla cancellazione dal No dell’ultimo Referendum, accorciare semplicemente la giornata lavorativa si rivelerebbe del tutto inefficace perché l’ “orario corto” sarebbe facilmente riassorbito dai meccanismi della riorganizzazione aziendale.
Il nuovo progetto di legge invece propone di lavorare solo e tassativamente 4 giorni alla settimana. I contratti di solidarietà espansiva - che già esistono, basterebbe normarli e incentivarli - sarebbero del tutto consensuali e soggetti a facilitazioni e sgravi fiscali col vincolo obbligatorio dell’assunzione di un nuovo lavoratore ogni 4. Il risultato, davvero più che ottimistico secondo le previsioni dei promotori, porterebbe all’azzeramento totale dell’attuale disoccupazione. I numeri sembrerebbero dare ragione ad Alleva. Oggi in Emilia Romagna si contano 2 milioni di lavoratori mentre i disoccupati sono 160.000.
L’effetto dell’introduzione della settimana lavorativa di quattro giorni potrebbe quindi arrivare ad assorbire più del doppio della disoccupazione esistente, visto che il numero dei nuovi assunti - uno a quattro - sarebbe pari a 400.000 persone. “In ogni caso”, spiega lo stesso Alleva, “anche ammettendo che si arrivasse solo alla metà o anche al 40% dell’effetto potenziale, gli attuali disoccupati verrebbero comunque ampiamente assorbiti”.
Il dibattito è aperto. Resta da vedere quanto il modello sia esportabile in altre regioni e quanto possa essere “penalizzante” per le casse regionali. Secondo la proposta Alleva, per esempio, la Regione Emilia Romagna sarebbe tenuta a rimborsare al lavoratore circa la metà della giornata lavorativa persa, con un esborso giudicato “complessivamente poco oneroso”. Inutile dire che lavorare quattro giorni su sei consentirebbe al lavoratore di dedicare più tempo alla famiglia, alla cura della casa e dei figli e anche ad attività ricreative e di crescita personale. Dall’altro lato il taglio allo stipendio in tempi di crisi, nonostante le facilitazioni, potrebbe incidere troppo sull’economia familiare. Per questo è importante che il nuovo progetto di legge preveda la libera scelta sia dell’azienda che del lavoratore