Finalmente il ministro Fedeli ha messo un punto fermo sulla querelle che da mesi crea scompiglio e sconcerto nelle scuole italiane e che riguarda la pièce teatrale "Fa afafine". Uno spettacolo che avrebbe tutto il diritto di occupare i cartelloni, sottoponendosi alla libera critica del pubblico, se non fosse per un particolare tutt’altro che irrilevante, ossia che è rivolto ai bambini e ai ragazzi delle scuole. Il protagonista, che ormai a causa delle polemiche è diventato famoso, è Alex, ossia un ragazzino che sta chiuso nella sua cameretta e che un giorno si sente maschio e il giorno dopo diventa femmina. Insomma, un tema delicato, anzi delicatissimo, che però scalda i cuori delle associazioni “pro gender” ed evidentemente anche di molti insegnanti, che hanno deciso di inserirlo nel calendario delle attività extracurriculari e di portarci le loro classi, compresi i ragazzini di prima media.
Vista la delicatezza del tema, diverse associazioni di genitori hanno chiesto, quantomeno, il consenso informato delle famiglie e la possibilità di tenere a casa i figli. Apriti cielo. In provincia di Bologna, dove lo spettacolo era programmato a fine gennaio nel teatro di Castel d’Argile, sono dovuti intervenire carabinieri e vigili urbani per garantire la “serenità”, si fa per dire, dopo le polemiche che hanno coinvolto i presidi “rei” di aver chiesto il consenso informato. “Si va contro la libertà d’insegnamento”, hanno tuonato i genitori contrari, mettendo in evidente imbarazzo chi avrebbe desiderato esonerare i propri figli.
Ed ecco l’intervento del ministro dell’ Istruzione, non certo tempestivo, visto che da mesi questo spettacolo gira per l’Italia, ma ugualmente necessario. A sollecitarlo una petizione on line promossa da Generazione famiglia che in due sole settimane ha raggiunto le 102.000 firme, e una richiesta esplicita dell’assessore alla scuola del Veneto, Elena Donazzan. “Le famiglie devono essere sempre informate e la partecipazione non è obbligatoria”, scrive il ministro Fedeli mettendo un punto fermo sulla questione e ribadendo che il Miur non è coinvolto “nella realizzazione dello spettacolo, né nella sua promozione” e che “le istituzioni scolastiche sono le uniche che, nel rispetto delle norme dell’autonomia scolastica, possono stabilire l’opportunità di partecipare agli spettacoli teatrali”.
In altre parole, gli insegnanti possono scegliere di coinvolgere le scolaresche nelle attività extrascolastiche che ritengono opportune ma, specialmente quando tali attività riguardano tematiche “sensibili”, visto che gli alunni sono adolescenti o addirittura bambini, devono informare le famiglie e ottenere l’autorizzazione scritta. Bastava il buon senso di presidi e insegnanti per capirlo ma a questo punto, dopo le parole del ministro, nessuno potrà più invocare alibi o scappatoie. E’ ovvio, o dovrebbe esserlo, che la presa di posizione del Ministero vada estesa ad altre situazione analoghe, soprattutto ove sia chiamata in causa l’ideologia gender. Le famiglie sono avvisate. L’ultima parola spetta sempre a loro.