Contrariamente a quanto molti pensano, la violenza sulle donne non è un fenomeno esploso all’improvviso:
c’è sempre stata, è solo che prima veniva occultata; oppure considerata
l’esito di un momento di follia, e subito archiviata. Adesso, invece,
finalmente se ne parla e si comincia a comprendere natura e portata del
problema. Continua però a esserci molta confusione.
Per combattere la violenza sulle donne bisogna innanzitutto riconoscerla e saperla definire
come espressione di una discriminazione, di un ordine sociale diseguale
fondato su rapporti non paritari, in cui le donne sono considerate
inferiori. Rispetto ad altri stati europei, quello che fa dell’Italia
una delle realtà sociali più a rischio è proprio il fatto che la parità è
stata raggiunta soltanto a parole. Questa parità teorica è deleteria,
perché fa passare per acquisito qualcosa che è ancora ben lontano
dall’essere stato raggiunto: basta guardare la suddivisione degli oneri
familiari, la situazione delle donne nei luoghi di lavoro, l’uso che del
corpo femminile viene fatto in tv e sui giornali.
Per sradicare la violenza bisogna intervenire su più fronti: da
una parte, agendo sulle coscienze, insistendo sul rispetto,
l’uguaglianza e le pari opportunità (in questo, genitori e insegnanti
possono svolgere un ruolo decisivo); dall’altra, rendendo più tempestiva
ed efficace l’azione dello stato: infatti, non sempre da una denuncia
parte subito un’indagine che porta a risultati concreti in tempi brevi.
Il sistema giudiziario dovrebbe dunque essere riorganizzato per
garantire processi più rapidi, dando nel contempo una formazione ad hoc a
magistratura e forze dell’ordine: questo sarà possibile solo se la
questione della violenza sulle donne entrerà finalmente nell’agenda del
nuovo governo.