Quel latte cremoso “made in Britain” che gli inglesi si fanno esportare anche in Spagna quando vanno in vacanza. E il pasticcio di carne “steak and ale”, “bistecca e birra”, la pasta sfoglia piena del sugo di carne “gravy”, nel cuore della cucina di questo paese.
Cosi’ Boris Johnson, trasformato in lattaio e cuoco, alla vigilia delle elezioni, ha conquistato Westminster.
Una vittoria travolgente, fino a 364 seggi dei 650 di Westminster, che gli consentira, gia’ venerdi prossimo, di fare approvare, dal parlamento britannico, il trattato firmato con la Ue, completando la prima fase di Brexit.
Travestito da lattaio, ha bussato ad ogni porta e, con i panni del cuoco, ha diffuso un video in cui impastava, metteva in forno e cuoceva. “Ecco Brexit”, spiegava, “Dentro e fuori, bello pronto”.
Johnson ha usato l’arma piu’ forte di tutte. Ha fatto sentire inglesi gli inglesi.
Come ogni brava moglie e madre ha servito per la cena l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Perche’ quei cattivoni di Bruxelles, come scrivono da anni i giornali “Tories”, “Daily Telegraph”, “Sun” e “Daily Mail”, “vogliono fare gli Stati Uniti d’Europa e fanno comandare una commissione non eletta mentre noi abbiamo la democrazia piu’ importante del mondo e siamo isolani orgogliosi, dominati, in passato, soltanto due volte, dai romani e dai normanni”.
E cosi, in milioni, gli hanno creduto. Tante sezioni diverse della societa’, che i conservatori per la prima volta sono riusciti a raggiungere. Aristocratici nostalgici dell’impero, intellettuali fanatici del libero mercato, classi medie ai quali i giornali conservatori, in questi anni, hanno insegnato ad odiare i piu’ poveri perche’ sfrutterebbero lo stato, studenti, abituati a trattare l’istruzione universitaria come una merce da comprare sul mercato, perche’, pagando, possono pretendere dai professori buoni voti. E anche i poverissimi, ai quali i Tories hanno tagliato drasticamente i sussidi, presentando, poi, questa novita’ come ”universal credit”, un accorpamento e una riorganizzazione che li avrebbe avvantaggiati.
Non sono serviti i quattro milioni di bambini che non avranno da mangiare questo Natale (erano un milione soltanto quindici anni fa). Le banche del cibo aumentate del 13% nello scorso anno, delle quali si servono 1,2 milioni di cittadini, tra i quali anche categorie professionali come le infermiere. Perche’ oltre la meta’ di chi fa fatica ad arrivare alla fine del mese oggi, qui nel Regno Unito, ha un lavoro. Le statistiche che dimostrano che il divario tra ricchi e poveri e’ il piu’ grande in Occidente, dopo gli Stati Uniti, e in continuo aumento.
Dopo il mantra vittorioso “Get Brexit Done”. “Fare Brexit” BoJo ne ha gia’ lanciato un altro. “One Nation Conservatives”. “Il partito Tory per una nazione”.
“I Conservatori hanno la convinzione profonda di essere nati per comandare. Sicuri di loro stessi fin dalla nascita. Educati in quelle scuole private da dove vengono da sempre le elites britanniche”, spiega Steve Pound, parlamentare cattolico laburista.
Con questa certezza il premier sovranista ha abbattuto il “muro rosso laburista”, conquistando quei seggi del nord e centro di Inghilterra, che sono sempre stati socialisti.
La prima vittoria e’ arrivata da Blyth Valley, nel Northumberland, laburista dal 1950, ma che ha votato per andarsene dalla Ue nel referendum del 2016.
La ricetta e’ stata semplice. Johnson ha promesso di spendere, per la prima volta dalla crisi economica del 2010, e gli elettori hanno creduto piu’ a lui, che e’ un bugiardo patentato, che al grigio Jeremy Corbyn.
I conti non tornavano ne’ nel manifesto Tory ne’ in quello laburista ma chi ha votato non ha voluto rischiare e ha preferito le 50.000 nuove infermiere dei Tories (anche se 18.500 ci sono gia’ e 12.500 dovranno arrivare dall’estero) ai 30 miliardi di euro iniettati nel servizio sanitario dal Labour.
Johnson ha fatto sentire profondamente inglesi segretarie, tassisti, idraulici, spazzini, donne delle pulizie, e anche migliaia di inglesi dell’”underclass” e li ha convinti che, con lui premier, staranno meglio.
In Inghilterra e Scozia, oggi, ha vinto il nazionalismo. A resistere alla “landsline”, la frana Johnson, soltanto una donna, Nicola Sturgeon, la leader scozzese.
All’opposto dello spettro politico, ma con la sua stessa capacita’ di sintonizzarsi sugli istinti piu’ profondi degli elettori, quelli che parlano di tribu’ e di appartenenza.
Quarantanove anni, primo ministro donna scozzese, la stessa determinazione della Thatcher, che odia, da quando ha impoverito il paese che oggi guida.
E’ lei, insieme a Johnson, la vincitrice di queste elezioni britanniche 2019, il baluardo che e’ riuscito ad arginare i Tory.
Con i suoi 48 seggi conquistati, facendo man bassa dei voti conservatori e laburisti in Scozia, sara’ la resistenza dal nord europeista e liberale al sud nazionalista e conservatore.
Come Johnson risolvera’ l’enigma Brexit non e’ ancora chiaro, come spiega con convinzione il settimanale “Economist”.
Dal 1 febbraio 2020 la Gran Bretagna entrera’ in una fase di transizione, durante la quale dovra’ seguire tutte le regole del mercato unico, senza avere su di esso nessun voce in capitolo. Johnson ha promesso che questo periodo terminera’ il 31 dicembre 2020, ma centri di studi affidabili, come l’”Institute for Government”, stimano che, per un accordo commerciale di questa complessita’, ci vogliano dai quattro ai nove anni di lavoro.
Decine di leggi in materia di agricoltura, scambi tra le universita’ e sicurezza dovranno essere riscritte, approvate dai 27 membri della Ue e dal parlamento britannico.
Se Johnson chiedera’ piu’ tempo, mantenendo la Gran Bretagna in uno stato di vassallaggio, tradira’ le promesse fatte agli elettori, ma non e’ chiaro quale altra via d’uscita possa avere.