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mercoledì 16 ottobre 2024
 
 

Bottalico (Acli): «Dopo la Grecia, cambiamo l'Europa»

06/07/2015  «E anche l'Italia», afferma il presidente nazionale delle Acli che quest'anno hanno celebrato con papa Francesco i 70 anni di vita: «A Bruxelles può sgretolarsi l'ultima dittatura rimasta, quella dell'attività finanziaria speculativa. A Roma, il banco di prova è la legge di stabilità 2016. Affranchiamoci dall'austerità. A queste condizioni».

Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli.
Gianni Bottalico, presidente nazionale delle Acli.

Due sconfitti. Un muro (la dittatura della finanza capace solo a speculare) che comincia a sgretolarsi. Un'Unione europea da riformare sulla base dei valori dei fondatori (non a caso molti dei quali cattolici convinti, come Robert Schuman, Konrad Adenauer e  Alcide De Gasperi). L'austerità da superare, a certe condizioni, benintenso, ma anche sapendo resistere a possibili ricatti futuri di Bruxelles.  Gianni Bottalico conferma e rilancia. Parlando con Famiglia Cristiana, il presidente nazionale delle Acli  ribadisce quanto detto a caldo, appena appresa la vittoria dei no. E allarga il discorso avanzando precise proposte da attuare a casa nostra.

«L'esito del referendum greco», esordisce Bottalico, «ha due grandi sconfitti. Il primo sconfitto è l'establishment tecnocratico e politico che ha reso irriconoscibile il progetto europeo delle origini, dando una priorità assoluta e insensata agli interessi della finanza internazionale, a scapito della dignità del lavoro e della democrazia. L'altro grande sconfitto è il blocco delle forze populiste e nazionaliste che, cavalcando lo scontento diffuso per la crisi, rischiano di sfasciare l'Europa. Il voto greco dimostra invece che l'Europa è riformabile quando la sovranità torna al popolo sia a livello nazionale che a quello comunitario».

«La Grecia», prosegue il presidente nazionale delle Acli, «non avrà risolto i suoi problemi ma l'esito della consultazione referendaria le conferisce adesso maggior forza contrattuale, ottenuta nonostante l'ignobile tentativo di condizionamento del voto messo in atto dalle istituzioni finanziarie europee con la riduzione della liquidità di emergenza delle banche greche, che costituisce un accanimento su pensionati e famiglie, fatto da chi nel contempo pompa senza interruzione quantità incomparabilmente superiori di liquidità nei bilanci degli istituti di credito europei. Il voto del 5 luglio potrebbe essere ricordato come l'inizio del crollo dell'ultima dittatura rimasta in Europa, quella dell’attività finanziaria speculativa. Bisogna allora dare seguito a questa istanza di profondo cambiamento che arriva dai Paesi meridionali dell'Europa: ieri la Grecia, domani la Spagna, il Portogallo, l'Italia e la Francia».

«Nella politica italiana si sente ora un coro unanime di critica all'austerità», afferma Gianni Bottalico. «Ma saranno credibili solo coloro che alle parole faranno seguire anche (e soprattutto) i fatti. Lo si capirà, ad esempio da come sarà articolata la legge di stabilità 2016, se conterrà, nel contempo, più investimenti per lavoro e sviluppo, più spesa sociale, con l'introduzione di una misura universale per la lotta alla povertà (noi proponiamo l'introduzione del reddito di inclusione sociale), minori tasse per lavoratori e famiglie e sui patrimoni immobiliari dei ceti medio bassi, in modo da innescare un circolo virtuoso che porti alla ripresa della domanda interna».

«La prima casa, in particolar modo, deve cessare di essere considerata un bancomat da cui attingere», puntualizza ancora Bottalico. «Uno Stato che taglia i trasferimenti a Regioni e Comuni costringendoli a rivalersi sulle abitazioni dei cittadini soffoca l'economia, non la promuove. Il superamento dell'austerità deve, da un lato, saper resistere a possibili futuri ricatti di Bruxelles e dall'altro non dev'essere inteso come un invito a sprecare risorse. L'abbiamo già fatto fin troppo, in passato. Tutto ciò implica la determinazione politica di ridiscutere vincoli e trattati europei, di togliere immediatamente il pareggio di bilancio dalla Costituzione, non fermandosi al primo no di qualche euroburocrate, ma giungendo, se necessario, al ricorso al referendum anche in Italia».

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