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domenica 15 settembre 2024
 
terrorismo
 

Branca: contro il radicalismo islamico partiamo dalle carceri

20/12/2016  Lo studioso islamista dell'Università Cattolica fa volontariato nei penitenziari italiani. "L'attentato di Berlino ci coinvolge tutti. Alla negligenza dell'Europa saranno i populisti ad approfittarne".

«È inevitabile: la situazione di distruzione in Medio Oriente non può che coinvolgere l’Europa. Che però è una dirimpettaia distratta, come mostra la negligenza con cui l’Italia non interviene nel prevenire la radicalizzazione nelle carceri». Lo dice Paolo Branca, islamista dell’Università Cattolica di Milano e responsabile per la Diocesi ambrosiana dei rapporti con l’Islam. Però ricorda: «Non abbiamo a che fare con l’Islam ma con i musulmani: i dati ci dicono che le loro famiglie si fidano del modello educativo cristiano».

 

Dopo Parigi, Bruxelles e Nizza, il terrorismo torna a colpire nel cuore dell’Europa. Qual è il suo primo commento?

L’attentato mi pare simile a quello di Nizza, ma le modalità sono secondarie. Quel che conta è rilevare che la situazione di caos, se non addirittura di distruzione quasi totale (come nel caso della Siria), di paesi dell’Area mediterranea non può che coinvolgere anche e soprattutto l’Europa, dirimpettaia distratta e scoordinata di fronte a una delle più gravi crisi regionali che la sfidano nel Secondo dopoguerra.


Sono stati colpiti i mercatini natalizi: alcuni commentatori parlano di “terrore islamico sul Natale”, con la percezione di un “assalto alla Cristianità”. È un’interpretazione corretta?

Che in alcuni terroristi vi sia l’intento di colpire anche simboli cristiani è innegabile, si ricordi l’anziano sacerdote francese, Padre Jacques Hamel, assassinato mentre celebrava la Messa... ma interessi ben più concreti stanno dietro i pretesti religiosi. Come non si stanca di ripetere anche Papa Francesco, il commercio delle armi è un grande affare su cui nessuno osa sollevare obiezioni, ma questa è semplice ipocrisia se non aperta e masochistica corresponsabilità.


Si può prevedere un aumento dell’islamofobia e xenofobia?

Sì, le paure ingigantite dal circo mediatico hanno un ruolo crescente nel confronto politico e sono i populisti ad approfittarne, senza peraltro garantire in nulla una maggiore sicurezza. Per prevenire la radicalizzazione, da anni cerco di lavorare in carcere con detenuti arabi, ma senza alcun esito: che il governo fosse di destra o di sinistra non ha fatto alcuna differenza. Temo che la scarsa efficacia di un sistema in crisi non dipenda dal colore di chi ha il potere, ma dalle gravi omissioni di cui abbiamo quotidiana conferma, anche in questioni molto più “casalinghe” e nelle quali migranti o musulmani non c’entrano per niente.


In Europa, la presenza maggiore di musulmani pone di fronte alla domanda: Islam e democrazia, Islam e Occidente, si possono conciliare?

È un falso problema. Non abbiamo a che fare con l’Islam, ma con i musulmani: i dati ufficiali della Diocesi di Milano confermano che il 25% dei frequentatori dei circa 1000 oratori ambrosiani sono di fede islamica. Significa che le loro famiglie si fidano del modello educativo dei cristiani, anche se un singolo caso di rifiuto del presepio ogni anno viene talmente enfatizzato da modificare totalmente la percezione della realtà, non si capisce a quale scopo.


Spesso si riapre il dibattito sulle comunità islamiche europee: qual è stato il percorso che hanno fatto negli ultimi anni?

Non dobbiamo confondere i gruppi islamici organizzati con i musulmani “comuni” che non vi si riconoscono e non frequentano le loro sedi. Condanne del terrorismo non sono mancate da parte di queste realtà, ma soprattutto tra i giovani nati e cresciuti qui ci sono potenzialità ancora in fieri che vengono totalmente trascurate, lasciando che la scena sia occupata solo da chi fa la voce grossa.


Fatima, la prima “foreign fighter” italiana, è stata appena condannata a 9 anni di carcere. Spesso si parla di contrasto della radicalizzazione dei giovani. Su questo è stato fatto abbastanza?

No, potrei ripetere quanto ho già detto sulle carceri: pochi mesi fa, una circolare del Ministero della Giustizia chiedeva alle università di fornire personale che parlasse arabo per intervenire nelle prigioni a titolo di volontariato. Se non fosse tragico, ci sarebbe da ridere. Nei centri per minori non accompagnati non va meglio. Potrei continuare la lista di negligenze inconcepibili...

Per ora, in Italia il fenomeno dei foreign fighters è fortunatamente limitato, ma cullarsi nell’illusione di essere immuni da ciò che succede in altri paesi europei è da irresponsabili.

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