(Foto Reuters: il presidente brasiliano Jair Bolsonaro con la mascherina protettiva).
In un momento di gravissima emergenza mondiale, il presidente brasiliano Jair Bolsonaro non perde occasione per suscitare sdegno e sollevare un mare di proteste con le sue infelici e quantomai inoppprtune esternazioni. Apparso in Tv sulla rete nazionale il 24 marzo, il capo di Stato ha letto una dichiarazione che nessuno si aspettava - tutta farina del suo sacco (come lui stesso ha detto), non concordata con i ministri - in cui ha riaffermato con forza la sua posizione controcorrente nei confronti della pandemia del coronavirus. Ha definito sprezzantemente una «gripezinha» o un «resfriadinho», ovvero una influenzina o un raffeddorino, un’infezione che nel mondo ha già causato 21mila morti e quasi mezzo milione di contagi.
Ha condannato la chiusura delle scuole e degli esercizi commerciali. Ed è tornato a puntare il dito contro l’informazione dei mezzi di comunicazione: «Hanno diffuso perfettamente il sentimento della paura, tenendo come bandiera l’annuncio dell’alto numero di vittime in Italia. Un Paese con un gran numero di anziani e con un clima totalmente differente dal nostro. Lo scenario perfetto, rafforzato dai media, perché una vera isteria si diffondesse nel nostro Paese». Ha chiesto il ritorno alla «normalità», criticando le autorità dei singoli Stati federati e quelle municipali che, a suo dire, fanno «terra bruciata», con «la proibizione dei trasporti, la chiusura dei negozi, il confinamento in casa». Dimenticando che quella che lui definisce terra bruciata è un insieme di misure volte a contenere i contagi e salvare vite umane.
Le reazioni in Brasile non si sono fatte attendere. Una risposta politica è arrivata dal presidente del Senato Davi Alcolumbre: «In questo grave momento il Paese ha bisogno di una leadership seria, responsabile e impegnata nel garantire la vita e la salute della sua popolazione. Reputiamo grave la posizione espressa dal presidente della Repubblica oggi, sulla rete nazionale, di attacco alle misure di contenimento del Covid-19. Posizione che va in direzione opposta rispetto alle azioni adottate in altri Paesi e suggerite dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità».
Il Brasile è entrato in stato di calamità pubblica il 20 marzo. In tutto il Paese si registrano quasi duemila contagi, soprattutto negli Stati di San Paolo e Rio. Più di venti funzionari all’interno del Governo federale brasiliano - dopo aver viaggiato con Bolsonaro in Florida per incontrare il presidente Trump - sono risultati contagiati (fra loro anche lo stesso presidente del Senato Alcolumbre). La Chiesa cattolica ha lasciato la facoltà ai singoli vescovi di decidere se celebrare o no le messe: in 155 diocesi sono state sospese. In un decreto in vigore da oggi Bolsonaro ha incluso le attività religiose tra i servizi essenziali che nell’emergenza restano garantiti. Ma la Conferenza episcopale del Brasile, per voce del suo presidente monsignor Walmor Oliveira de Azevedo, arcivescovo di Belo Horizonte, ha inviato un appello accorato a tutta la popolazione: restate a casa.