In un'Italia in cui i cosiddetti consumi culturali ci relegano agli ultimi posti in Europa (vedi il recente rapporto della Commissione europea), e in cui l'editoria e il cinema stentano, due personaggi sbancano il botteghino e le classifiche di vendita, mandando in frantumi ogni record. I due record-men rispondono - l'avrete capito - al nome di Checco Zalone e Fabio Volo.
Sole a catinelle, l'ultima commedia di Zalone, ha guadagnato in un solo week-end lungo (c'era il ponte di Ognissanti) qualcosa come 18 milioni di euro. Una cifra impressionante, se fosse necessario precisarlo. Fabio Volo, da parte sua, con il romanzo La strada verso casa (Mondadori) scavalca gente come Camilleri, Carofiglio, Malvaldi, abituati a fare la voce grossa in fatto di classifiche e di vendite: 6 volumi su 10 venduti nelle ultime settimane sono suoi.
Parlare di fenomeni è addirittura scontato. Meno, forse, tentare di capire le ragioni di questo formidabile successo. L'ipotesi che sembra più convincente è, per così dire, antropologica: i due sanno interpretare e dare voce meglio di chiunque altro all'italiano medio. Il loro segreto, in altri termini, è la capacità di suscitare identificazione e immedesimazione. Tesi non incompatibile con un'altra, di natura più sociale, altrettanto plausibile: in tempi difficili e avari di soddisfazioni, una risata spensierata (vedi Zalone) e un po' di intimismo nostalgico (vedi Volo) risultano assai graditi.
Fin qui, tutto (più o meno) chiaro. Il problema, secondo noi, sorge nel momento in cui si fanno passare un onesto comico e un onesto autore per geni, salvatori della patria, artisti incompresi. No: con tutto il rispetto, l'arte è un'altra cosa. Il cinema è un'altra cosa, la letteratura è un'altra cosa.
Una rapida dimostrazione. Fra dieci anni ricorderemo Sole a catinelle o La strada verso casa come due grandi eventi culturali? Il film di Zalone sarà catalogato come il nuovo corso della gloriosa commedia italiana? E il libro di Volo entrerà mai anche nella più aperta e innovativa storia letteraria?
La risposta, ovviamente, è no, per il semplice fatto che i loro prodotti sono mero intrattenimento, che piace a tantissimi italiani, ne lascia indifferenti altri, ma arte non è né sarà mai. Affermare - come si è fatto - che grazie a loro cinema ed editoria si salvano, è inesatto: portano soldi ai settori, certo, ma non scrivono una nuova pagina della nostra cultura. Non appartengono a quella categoria di film o di libri che insegnano a guardare il mondo con occhi nuovi, che aumentano la nostra capacità esperienziale, che suscitano emozioni che ci cambiano dal di dentro... Il massimo che riescono a fare è, come si diceva, rispecchiare l'esistente, nelle sue pieghe più superficiali e grossolane, adagiandosi mimeticamente su di esso...
Diamo a Zalone e Volo quel che è di Zalone e Volo (un certo talento, la furbizia di rispecchiare i sogni medi dell'italiano medio, incassi di cui beneficiano i rispettivi produttori ed editori), ma non trasformiamoli in eroi della cultura e dell'arte. Nemmeno loro, ne siamo certi, pretendono di esserlo.