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mercoledì 30 aprile 2025
 
brexit
 

«Se altri Paesi faranno come gli inglesi l'Europa è finita»

16/06/2016  Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo, dice che è impossibile fare previsioni su quello che accadrà in caso di uscita del Regno Unito dall’Unione. Però teme l’effetto domino: «Altri paesi potranno decidere di seguire l’esempio inglese e fare un referendum e questo sarebbe devastante per l’Europa»

«Da economista mi preoccupa soprattutto l’effetto domino di Brexit: domani altri paesi potranno decidere di seguire l’esempio del Regno Unito e indire un referendum per abbandonare l’Unione europea. Sarebbe un processo devastante e pericoloso per tutti, una strada senza ritorno». È il rischio principale su Brexit dal quale mette in guardia Giuseppe Guzzetti, classe 1934, banchiere, presidente della Fondazione Cariplo, già senatore e presidente della Regione Lombardia. «L’Europa», spiega, «doveva proseguire sulla strada degli Stati Uniti d’Europa, come indicato dai padri fondatori, e invece hanno prevalso gli egoismi nazionali. Ognuno ha guardato in casa propria per aumentare il consenso elettorale e adesso ci ritroviamo al potere partiti ferocemente antieuropeisti e fascisti come accade in Ungheria o in Polonia».  

Dal punto di vista economico che conseguenze ci saranno?
«Difficile, anzi impossibile azzardare previsioni. Nessuno sa esattamente cosa succederà anche perché sarebbe la prima volta nella storia che un paese lascia l’Unione. Le Borse sono in subbuglio da giorni e sui giornali leggiamo analisi di ogni tipo, da chi dice che non accadrà nulla, anche per l’economia italiana, a chi paventa scenari catastrofici. Il problema è che questo referendum si farà senza che gli inglesi abbiano pensato a un piano B che vuol dire ripensare ai rapporti con l’Europa e anche ai benefici avuti in questi anni dall’Ue».

Uno striscione sul Tamigi invita a votare per restare nell'Ue e si scaglia contro Nigel Farage che è per il sì
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I sostenitori del Brexit sostengono che l’Europa sia solo una piovra asfissiante per costi e burocrazia. «In realtà gli inglesi per la loro specificità e i loro problemi hanno sempre ottenuto dalla Commissione europea deroghe e benefici particolari che ad altri paesi europei non sono stati concessi. Questo è un dato di fatto. Non a caso prima della campagna referendaria il premier David Cameron ha negoziato alcuni ulteriori benefici dall’Europa come la “closer union”, la possibilità di non partecipare a un’Unione più stretta con gli altri partner europei».

Un italiano che vorrà restare a Londra a lavorare dovrà procurarsi il permesso di soggiorno? È uno scenario probabile?

«Credo di sì. Venendo meno i trattati, rimetteranno su le dogane, i controlli alle frontiere, i visti. Però, ripeto, è difficile dire. Dipende dalla legislazione che adotteranno e sarà un fenomeno complesso. Il referendum è solo il primo passo di una strada tortuosa e ricca di incognite. Una cosa è certa».

Quale?
«L’economia inglese potrà subire contraccolpi notevoli e in un’economia in difficoltà e in crisi chi paga le conseguenze? Non certo i banchieri o la finanza ma il ceto medio e soprattutto le classi popolari che con i Conservatori al potere sono già state penalizzate moltissimo. Cameron ha tolto molti sussidi e ridotto il welfare».    

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