I due sposi cristiani trucidati in Pakistan per via della loro fede. Foto: Asianews
“Una barbarie, un atto disumano che
resterà scolpito a lettere di fuoco nella storia del Pakistan”: l’avvocato
cristiano Mushtaq Gill è ancora sotto shock per il tragico episodio avvenuto in
un piccolo villaggio del distretto di Kasur, a Sud di Lahore, la capitale del
Punjab pakistano. Il 4 novembre, due coniugi cristiani, Shahzad Masih e
Shama Bibi (26 e 24 anni) sono stati sequestrati, torturati e arsi vivi da un
folla di musulmani che li accusavano di aver bruciato pagine del Corano, dunque
di aver commesso un imperdonabile atto di blasfemia.
L’avvocato Gill, impegnato a
difendere molti cristiani pakistani, vittime di false accuse e ingiusti
processi – fa parte anche del pool di legali che ha difeso il noto caso
di Asia Bibi – è stato uno dei primi testimoni oculari dell’accaduto. Convocato
da alcuni cristiani del luogo, in men che non si dica si è recato ieri stesso
sul posto, ad ascoltare direttamente con i presenti, a parlamentare con la
polizia locale, a portare la solidarietà concreta alle famiglie dei due
coniugi, affrante e annichilite.
Nel dettagliato racconto reso a Famiglia
Cristiana, Gill ricostruisce la vicenda: “Domenica scorsa, 2 novembre, è
deceduto Nazar Masih, padre di Shahzad. Shama, ripulendo l’abitazione
dell’uomo, aveva preso alcuni oggetti personali, carte e fogli del defunto,
ritenuti inservibili, facendone un piccolo falò. Secondo un uomo musulmano che
ha assistito alla scena, in quel rogo vi sarebbero state delle pagine del
Corano. L’uomo ha quindi sparso la voce nei villaggi circostanti e una folla di
oltre 100 persone ha preso in ostaggio i due giovani, tenendoli per due
giorni in un stanza della fabbrica di mattoni dove lavoravano e torturandoli”.
Intanto, prosegue Gill, nella
moschee dei villaggi si diffondeva l’appello contro i due blasfemi. La mattina
del 4, il tragico epilogo. “Oltre 400 musulmani inferociti, sull’onda
dell’emotività religiosa istigata dai leader locali, hanno preso i due
giovani, li hanno colpiti con violenza, fratturando loro gambe e braccia. Poi li
hanno spinti nella fornace usata per cuocere i mattoni di argilla”.
Un'immagine di una fornace per mattoni in Pakistan.
Tardivo l’intervento della polizia
e delle autorità. Avvisati da altri cristiani, gli agenti hanno solo constatato
il decesso e fermato , per un primo interrogatorio, oltre 40 persone, incluso
il proprietario della fabbrica. Mentre il primo ministro del Punjab, Shahbaz
Sharif ha creato una speciale commissione per indagare rapidamente sui fatti e
procedere a formalizzare accuse e arresti.
Lo sdegno e l’amarezza è alle
stelle: “E’ un crimine che dimostra quanto sia aumentata in Pakistan
l'insicurezza dei cristiani. Una semplice accusa è sufficiente per essere
vittime di esecuzioni extragiudiziali. Vedremo se qualcuno sarà punito per
questo omicidio”, nota Gill.
Cristiani in Pakistan: una minoranza perseguitata. Foto Reuters.
Tra i sacerdoti cattolici che oggi
si sono recati personalmente in loco, vi è il domenicano James Channan,
Direttore del “Peace Center” di Lahore, centro studi impegnato nel dialogo
interreligioso.
Per lui “l’orribile esecuzione
offende la giustizia, i diritti umani, la dignità umana, la civiltà, ed è
contrario allo stato di diritto”, ha detto all’agenzia vaticana Fides.
Per questo oggi a Lahore
organizzazioni cristiane e gruppi della società civile hanno manifestato per la
giustizia, per la legalità e per il rispetto dei diritti umani. I dimostranti
chiedono un intervento di una apposita commissione Onu per compiere un esame
obiettivo sulla legge di blasfemia, sulla sua strumentalizzazione e sulle
conseguenze. “Se questa legge non sarà fermata e corretta, vi saranno altri
incidenti e tragedie come questa”, ammonisce padre Channan.
Concorda su questo punto Amnesty
International che, invitando le autorità pakistane ad “assicurare alla
giustizia i responsabili dell'uccisione della coppia cristiana accusata di
blasfemia”, definisce l’omicidio “solo l'ultima manifestazione della violenza
che chiunque può subire in Pakistan dopo un'accusa di blasfemia”.
Cristiani in Pakistan: una minoranza perseguitata. Foto Reuters.
Secondo
Amnesty, “le leggi sulla blasfemia violano le norme del diritto internazionale
e i diritti umani e devono essere riformate con urgenza, provvedendo a una
efficace salvaguardia contro il loro abuso, fino a una eventuale abrogazione”.
L’Ong domanda al governo di Islamabad di “affrontare la violenza compiuta in
nome della religione” senza garantire l’impunità ai colpevoli.
Una “inchiesta imparziale”, ma
nessuna citazione della famigerata “legge nera”, invece, nelle parole del
Consiglio degli Ulema del Pakistan. Muhammad Tahir Ashrafi, presidente del
Consiglio, condanna la violenza, esprimendo “profondo dolore per l'incidente”,
ma scarica le responsabilità “sulla negligenza della polizia”. Gli ulema hanno
comunque formato un apposito comitato che intende contribuire a “portare alla
luce i fatti”.