Gli è piaciuta. Sia per i contenuti che per il linguaggio usato. Monsignor Bruno Forte, 65 anni, un teologo da sempre in mezzo alla gente (prima come semplice prete a Napoli, dal 2004 come vescovo, nella diocesi di Chieti-Vasto) ha parole di apprezzamento per Roberto Benigni e per la sua trasmissione. «E' riuscito a far capire che i Dieci comandamenti non sono lontani da noi. Ha reso vivo e contemporaneo il Sinai, cosa non da poco. Quelle pagine della Sacra Scrittura svelano l'uomo all'uomo. Di ogni tempo. Di ogni cultura. Di ogni categoria sociale. Benigni l'ha dimostrato con maestria. Di più: ha dimostrato che la legge di Dio, lungi dall'essere gabbia e prigione, è radice di libertà. I Dieci comandamenti che il Signore ha dato all'umanità e che Gesù ha confermato, aiutano gli uomini e le donne di ogni epoca ad affrancarsi dalla schiavitù del male e li rendono felici: parliamo di una felicità autentica, non superficiale, che postula una corretta comprensione di sé e che colora le relazioni tra le persone vivificando e finalizzando in maniera giusta l'uso dei beni materiali; una felicità che abita la profondità del cuore e non solo l'increspatura di una risata fugace».
Il linguaggio, poi. «Per dire che i Comandamenti non sono un soffocante recinto, ma una chiamata, un dono, Benigni ha osato. All'apprezzato e noto registro della comicità ha preferito il registro della simpatia. Ha alternato toni seri e toni venati da un bonario sorriso. Ha rischiato, Benigni. Poteva scivolare nel moralismo o banalizzare i Comandamenti. Ha evitato entrambe le derive. Onore al merito». L'ultima riflessione è per la Rai: «Conclude in maniera nobile il suo sessantesimo anno di vita. Ha contribuito a unificare lingua e cultura della nostra Nazione. Con la trasmissione di benigni s'è confermata attenta anche alle radici spirituali e religiose. Con intelligenza e delicatezza».