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domenica 06 ottobre 2024
 
A Borgaro Torinese
 

Bus separati per i rom, è polemica

25/10/2014  Dopo alcuni episodi di bullismo da parte di ragazzi rom nei confronti dei loro coetanei, il sindaco di Borgaro, alle porte di Torino, Claudio Gambino (Pd) ha proposto di sdoppiare la linea 69 per evitare che zingari e residenti s'incontrino. Ma Carla Osella dell'associazione italiana zingari non è d'accordo: «Il problema c'è ma non si risolve in questo modo»

A Borgaro, 10 mila abitanti nella cintura di Torino, il sindaco ha chiesto all’azienda di traporti pubblici di sdoppiare la linea 69, che collega il sobborgo con il capoluogo. Una per i soli rom, un’altra per tutti gli “integrati”. Un autobus salterà la fermata del campo rom di via dell’Aeroporto per permettere ai cittadini di non mischiarsi con gli “zingari”, mentre un altro si limiterà a fare la navetta tra il capolinea e il campo. Cos’ha spinto il sindaco a chiedere le linee separate? L’autobus è utilizzato anche dai ragazzini del campo che frequentano la vicina scuola media, che si sarebbero resi protagonisti di alcuni episodi di bullismo contro i coetanei. I racconti parlano di ciocche di capelli tagliati, diverbi con gli anziani che cercavano di intervenire, un tentativo di furto di cellulare. Dopo l’ultima protesta di un genitore, giovedì, il primo cittadino ha deciso di scrivere all’azienda dei trasporti.

L’ennesima trovata di un amministratore leghista, magari frutto della nuova alleanza con l’estrema destra di Casa Pound? No, Claudio Gambino (Pd) è stato eletto da una lista civica di centrosinistra e l’assessore ai Trasporti con cui ha condiviso la proposta è di Sel. Scoppiato il caso, Nichi Vendola ha criticato la scelta, dando un aut aut chiaro all’esponente del suo partito, mentre anche il Pd nazionale ha preso le distanze da Gambino. Applaude invece Mario Borghezio, storico esponente della Lega Nord torinese. Il sindaco, dal canto suo, difende l’iniziativa e respinge l’accusa di razzismo: «Si tratta, molto più semplicemente, di una decisione pragmatica. Non si può permettere a un gruppo di teppisti di tenere in scacco le istituzioni; se lo Stato non è in grado di intervenire, noi siamo in dovere di fare qualcosa».
Per alcuni giorni, qualche settimana fa, il sindaco aveva mandato a bordo dell’autobus i vigili urbani nell’orario d’ingresso e d’uscita da scuola dei ragazzini, ma poi il problema era ricominciato.

#migliorisipuò | Anche le parole possono uccidere

L’Aizo (Associazione italiana zingari oggi), che dal 1971 è accanto alle popolazioni rom e sinti del Piemonte, non è d’accordo con la proposta dell’autobus per soli rom: «Ricorda piuttosto politiche oppressive e razziste che si studiano nei libri di storia, come l’apartheid sudafricano». Carla Osella, presidente di Aizo, dice: «Il problema c’è, ma quando si tratta di politiche sociali non bisogna nasconderlo o accantonarlo, aumentando la segregazione e quindi il conflitto tra la comunità rom e non rom». Lei è da 43 anni che aiuta famiglie rom e sinti e conosce bene anche il campo di via dell’Aeroporto: «È uno dei quattro regolari di Torino, aperto nel 1988, ma è in condizioni da favelas. Vi abitano 200 slavi arrivati in Italia negli anni ’70, quasi tutti nati qui».
Vivere per decenni in un ghetto, come sono molti campi, non aiuta: «Sono gli stessi genitori rom a essere in difficoltà con i loro figli, che, in alcuni casi, esprimono la fragilità attraverso il bullismo. Ragazzini che spesso crescono respirando un clima di ostilità e antipatia».

Del resto, secondo l’Eurobarometro solo il 7% degli italiani risponde positivamente alla domanda: «Sei disponibile ad avere amici rom?». È uno dei valori più bassi in tutta Europa. Carla Osella cita un episodio che ha riempito le cronache torinesi lo scorso settembre, proprio durante la festa patronale di Borgaro, quando un padre accusò un rom del rapimento del figlio di tre anni. Montò la polemica, ma poi si scoprì che era una bufala: l’uomo aveva smarrito il bimbo per qualche minuto e, nel timore che i servizi sociali potessero portarglielo via, aveva cercato di scaricare la responsabilità.

E allora cosa si potrebbe fare? «Il sindaco venga al campo con noi», propone Carla Osella, «porti le lamentele dei cittadini e ascolti le fatiche dei genitori verso i figli, serve un ponte tra l’amministrazione e i rom. Pensiamo insieme come aiutare questi ragazzini, costruiamo una vera soluzione». C’è un dato che non può essere ignorato: al campo di Borgaro il 60% degli abitanti sono minorenni, i rom in Italia sono soprattutto “un popolo di bambini”. Veramente è un’idea risolutiva farli crescere rinchiudendoli in un autobus a parte?

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Rom e sinti, italiani che lavorano
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