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giovedì 10 ottobre 2024
 
 

Business is business, dalle telemine ai barconi dei migranti

25/05/2014  Dai faldoni declassificati in questi giorni emerge la storia di un personaggio italiano quanto mai singolare. Secondo i servizi segreti interni (il Sisde, ora Aisi) negli anni ’80 avrebbe venduto armi, negli anni ’90 avrebbe trafficato in rifiuti radioattivi e affondato navi dei veleni. E negli anni 2000 avrebbe cambiato genere d’affari, passando alla fornitura di barconi su cui spedire i migranti dal Nord Africa alle nostre coste.

Dalle telemine degli anni '80 ai barconi per i migranti nel 2008. Quello con il Nord Africa è un filo rosso che attraversa la carriera di Giorgio Comerio, l’ingegnere di Busto Arsizio coinvolto negli anni ’90 nelle indagini sul traffico internazionale di rifiuti radioattivi e sull’affondamento di navi. Il suo percorso di imprenditore e uomo d’affari, riassunto in un rapporto declassificato dell'Aisi (il servizio segreto civile) attraversa gli ultimi trent’anni della storia geopolitica. Fino alla sua "nuova vita" in Tunisia.

I barconi dal Nord Africa

È questa infatti l’ultima traccia lasciata da Comerio negli atti del servizio segreto civile trasmessi nel 2010 alla Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti. Riporta il nome di una città, Bizerte, nel Nord della Tunisia. Una sorta di “buen retiro” per l’ingegnere di Busto Arsizio – su cui fino al dicembre 2012 pendeva un mandato di cattura per tentata estorsione – che avrebbe comunque mantenuto il ruolo di imprenditore impegnato in settori strategici come la produzione di aerei leggeri e navi, attività quest’ultima per cui «dispone di un cantiere per la costruzione di barche e gommoni nella località mineraria di Zaribah». Barconi destinati ad attraversare il Mediterraneo carichi di disperati, nel tentativo di bussare alla porta d’Europa. L’agenzia di intelligence interna riferisce di aver incontrato il suo nome «con un ruolo di rilievo» nel corso di una «attività informativa diretta nei confronti di un'organizzazione criminale transnazionale, volta a verificare il coinvolgimento di cittadini italiani nella fornitura di imbarcazioni destinate all'immigrazione clandestina dal Nord Africa».

Gli esordi in Svizzera: la Tek Sea e le telemine

  

L’Aisi approfondisce il periodo iniziale dell’attività di Comerio. Sarebbe emigrato in Svizzera a Origlio nel 1980 e tre anni dopo sarebbe stato «espulso dal Principato di Monaco perché sospettato di traffici d’armi con l’Argentina».

Rientrato in Italia, nell’85 «emigra per l’isola di Guersney» in Gran Bretagna, suo indirizzo di residenza per molti anni. Si tratta, secondo quanto emerge dalle informazioni raccolte dall’Aisi, di un periodo ricco di contatti rilevanti. Nel gennaio ‘85 il servizio apprende che un cittadino tedesco sarebbe «in contatto con una non meglio indicata società italiana per far esplodere in aree sperimentali mine marine». Il suo scopo sarebbe stato «vendere le mine in Italia» tramite due società: un’azienda tedesca e la Tek Sea di Lugano, società con un volume d’affari annuo di 700 mila dollari Usa «nota dal 1975 – riferisce un servizio straniero – costituita da Giorgio Comerio, arrestato il 12 luglio ’84 a Lugano per truffa, frode allo Stato e infrazione alla legge federale sul domicilio e la dimora degli stranieri».

I contatti di Comerio in quegli anni sarebbero stati attivi ad alti livelli: nel corso di una perquisizione presso la sede della società e dell’abitazione secondo i servizi di sicurezza «sono stati rinvenuti documenti che collegano il Comerio a numerose ambasciate estere con sede in Svizzera». Comerio sarebbe stato inoltre «azionista di maggioranza nel Principato di Monaco di numerose società immobiliari», presidente e amministratore delegato di una società con sede a Budano (Svizzera) «specializzata nella costruzione di materiale tecnico ed elettronico nel campo sottomarino con un volume di affari annuo di 3 milioni di franchi svizzeri».

La polizia italiana riferiva che le telemine sarebbero state vendute «in numerosi esemplari all'Iran, tramite un mediatore belga». Già nell’89 emergeva che il progetto delle mine «era in una fase molto avanzata» e che «la vendita di tali ordigni si era già concretizzata con Paesi del Nord Africa». Un filo rosso, questo, che unisce gli esordi agli ultimi anni della storia di Comerio.

 
 
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