C’è chi si lascia alle spalle un contratto decennale in una clinica privata stufo di uno stipendio mai cresciuto, chi se ne va dopo un biennio in graduatoria per un posto di lavoro, e chi nel Nord Europa si ricolloca a 50 anni. E poi, soprattutto, ci sono i neolaureati: sempre più infermieri stanno dicendo addio all’Italia. O meglio, goodbye, dal momento che vanno in Germania e in Svizzera ma la maggior parte di loro rientra nel flusso più massiccio della nostra nuova emigrazione verso il Regno Unito (+71,5% nel 2013 rispetto all’anno precedente, Fondazione Migrantes).
Londra, d’altra parte, li chiama. Un po’ perché hanno una buona preparazione, e un po’ perché gli ospedali delle Isole Britanniche sono a corto di infermieri. Per via di questa scarsità, in prevalenza, il prestigioso Addenbrooke’s Hospital di Cambridge, considerato un fiore all’occhiello della sanità inglese, è stato addirittura giudicato “inadeguato” a settembre dalla Care Quality Commission, l’organizzazione indipendente che ogni 5-6 mesi effettua ispezioni senza preavviso nelle strutture sanitarie. Si tratta di un caso limite, ma dà la misura di una situazione in cui il 40% delle unità locali sono emigrate in Australia e un altro 27% è negli Stati Uniti (2000-2011, Ocse-Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico).
La carenza cronica di infermieri colpisce tuttavia la maggior parte dei Paesi Ocse, Italia compresa. Anzi, con due milioni abbondanti di abitanti in meno rispetto alla Gran Bretagna, un paio di anni fa avevamo più posti letto ospedalieri: 342 ogni centomila abitanti, contro 277 inglesi nell’anno successivo (Organizzazione Mondiale della Sanità). E c’erano meno laureati in infermieristica: 23 ogni centomila abitanti contro 42.1 nel Regno Unito.
Però da noi ci sono blocco del turn over, precariato, contrazione della remunerazione nel privato e uno stipendio pubblico che ha perso negli ultimi anni il 25% del potere d’acquisto. Oltremanica gli infermieri trovano invece stabilità contrattuale, scatti di anzianità, assunzioni immediate e mobilità professionale. A Londra, e nel raggio di 30 km, sono disponibili al momento 6.580 posti full time per infermieri di vari livelli e specializzazioni, fra strutture pubbliche e private. A Manchester, secondo il sito di ricerca collegato al portale del governo britannico, ce ne sono 2.634, a Edimburgo 306 (www.gov.uk/jobsearch). Un mercato che fa gola alle agenzie di recruitment specializzate, tantissime, che ogni mese vengono a fare selezioni da noi: 14 solo a novembre scorso tra Milano, Roma, Bari e Palermo, senza contare i colloqui via Internet.
Facile immaginare, allora, che i 3.075 infermieri formati in Italia ma già registrati e attivi in Gran Bretagna siano destinati ad aumentare. Anche se ora il nuovo requisito della certificazione linguistica IELTS renderà l’iscrizione al Nursing & Midwifery Council, il Collegio britannico degli infermieri, un po’ più complicata.