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venerdì 18 aprile 2025
 
 

Volontari nel "castello degli orrori"

15/05/2012  Il terribile ospedale pediatrico di Gornja Bistra, in Croazia, è oggi "umanizzato" dalla presenza di 5.700 volontari dell'associazione "Il giardino delle rose blu", che compie 10 anni.

“Il castello degli orrori”: lo chiamavano così l’ospedale pediatrico di Gornja Bistra. Un sinistro appellativo che questo vecchio maniero s’è guadagnato nei lustri a buon diritto, considerando quanta infelicità, patimenti e abbandono vi fossero racchiuse dentro le sue mura. Siamo in Croazia, a 28 chilometri a nord di Zagabria. All’interno di un bosco di castagni che lo isolano dal mondo, perché il mondo se ne potrebbe vergognare, sorge questo ex-sanatorio, che era stato eretto nel 1755 con ben altra funzione: fu dimora estiva della famiglia Orsic, fino a quando Tito, nel 1945 lo confiscò. Dal 1963 è ospedale psichiatrico per malattie croniche, ereditarie e metaboliche.  Da allora stabilmente oltre un centinaio di minori è ricoverato in queste tetre camerate, che un tempo erano stanze di giochi, ricevimenti e feste. 

   E’ come se un malvagio sortilegio si fosse impossessato di questo edificio e in esso vi si fosse concentrato quanto di più atroce e crudele può colpire l’infanzia: microcefalie, morbo celiaco, spina bifida, tetraparesi spastiche, epilessie. “Assieme a questi piccoli pazienti convivono anche ragazzi down, anche se non dovrebbero essere qui. Col tempo, poi, le malattie si sono aggravate, ma, grazie anche al progressi della medicina, la degenza s’è allungata e l’età dei pazienti s’è alzata”, osserva il dottor Zeljko Weiss, pediatra, che da oltre 25 anni dirige l’ospedale. A Gornja Bistra convivono, infatti, neonati e trentenni, suddivisi per patologie.  Nella stanza 12 tutti i 17 letti sono perennemente occupati da altrettanti piccoli pazienti che non possono muoversi. C’è chi è tracheotomizzato e chi in dialisi. Nella “5” i letti sono dotati di polsiere di contenimento. All’alba, gli ospiti della “11”, invece, vengono accompagnati in corridoio dalle infermiere; ma se nessuno se ne prende cura, restano lì fino al pranzo in attesa di qualcuno, rintanati nei loro scoloriti pigiamini a fiori.  Lo stesso accade fino alla cena. Al calar del sole, nel buio, lampeggiano, come neon a fine corsa, le tv eternamente accese.

   Ma anche il peggiore dei sortilegi, in certe favole, viene prima o poi  spezzato. Un giorno d’inverno del 1998 arrivò per caso da quelle parti un giovane seminarista napoletano con un pugno di volontari. Ermanno D’Onofrio,  si occupava dell’organizzazione e animazione di campi profughi negli anni della guerra dei Balcani e si trovava in un vicino villaggio bosniaco. A Gornja, però non era mai stato.  “Quando entrammo, l’impatto fu choccante: bambini legati ai letti, puzza, lamenti e, su tutto, la solitudine in cui era lasciata quest’infanzia dolente”, racconta: “alla sera del primo giorno i miei ragazzi piansero, vomitarono. Una svenne dall’impatto emotivo. Ma una volta usciti da quei cameroni, tutti fummo assaliti dalla stessa precisa determinazione: tornare al più presto, per reincontrare quei bambini che avevano bisogno di tutto, ma soprattutto di un po’ di compagnia”.

Quella prima visita ha un effetto dirompente. L’idea ambiziosa è di garantire una presenza stabile di volontari lungo tutto l’arco dell’anno, facendosi accogliere dal personale ospedaliero.  Impresa mica da poco, ma la caparbietà di Ermanno, diventato nel frattempo sacerdote nel 2001, non è da meno: in breve tempo, mette in piedi più turni di volontari che arrivano a Gornja, si accampano, realizzano lavori di restauro all’edificio, e soprattutto stanno accanto ai piccoli ospiti dell’ospedale, giocano con loro, li accudiscono. Così, dal 2002, anno di nascita dell’associazione “Il giardino delle rose blu”, oggi fondazione (www.ilgiardinodelleroseblu.com), ogni settimana parte da qualche paese d’Italia un furgone, o un treno che porta a Gornja un gruppo di nuovi volontari. “Ad oggi sono 5700 tra ragazzi e adulti che hanno fatto visita all’ex-castello degli orrori, un “esercito del bene” arruolato tra giovani e meno giovani. “Una straordinaria, fedelissima staffetta dell’amore che nel tempo ha trasformato un luogo lugubre di sofferenza, colorandolo sempre di più con la presenza premurosa di questi ragazzi”, afferma don D’Onofrio. 

Oggi la Fondazione festeggia i suoi primi dieci anni di vita. “Moltissimo s’è fatto in questo tempo: dalla costruzione di strutture  in loco, alla collaborazione medica con realtà specialistiche italiane per curare alcuni piccoli pazienti croati”, ricorda il segretario dell’associazione Sergio Vercelli.    Qualcuno, andando a Gornja, ha  scoperto la propria vocazione professionale. Qualcuno, addirittura, quella di genitore adottivo: cinque sono i bambini che  sono entrati a far parte delle famiglie dei volontari. Cinque storie salvate, strappate per sempre all’incantesimo  di un castello-fantasma dalle finestre inferriate.

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