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«Grazie agli immigrati vinceremo la 'ndrangheta»

23/04/2016  Un progetto di Libera per insegnare un lavoro: cominciano 6 ragazzi africani provenienti da Senegal, Nigeria, Gambia e Costa d'Avorio. E poi l'uso intelligente dei beni confiscati alle cosche. Infine, il lavoro per cambiare mentalità, liberandola da tanti, troppi condizionamenti. Storie di riscatto morale e sociale.

Nella Piana di Gioia Tauro si combattono  la mafia e l'illegalità diffusa anche favorendo l'integrazione degli immigrati.  «Dare una mano a loro significa anche dare una mano a noi stessi, perché questi ragazzi hanno coraggio e sono più liberi dai nostri vincoli culturali», dice Domenico Fazzari, presidente della cooperativa sociale Valle del Marro-Libera Terra, nata nel 2004 da un progetto di Libera per coltivare i terreni confiscati alla mafia calabrese.

Attorno alla Valle del Marro si è creata in questi anni un rete di sostegno per dare continuità al processo di costruzione di percorsi di lavoro regolare e di integrazione. Vi prendono parte tanti volontari, il sindacato, Emergency (che ha realizzato un ambulatorio al servizio non solo degli immigrati, ma  anche della popolazione locale), preti coraggiosi e generosi come don Pino Demasi e don Roberto Meduri, giornalisti come Michele Albanese, costretto a vivere sotto scorta, i parenti delle vittime di mafia. 

Si tratta di una  rete più che mai necessaria e preziosa in una zona dove i lavoratori stranieri, impiegati soprattutto nella raccolta degli agrumi e dei kiwi, sono vittime dell'emarginazjone e dello sfruttamento. Rosarno, dove esplose la rivolta del 2010, è qui. E la tendopoli di San Ferdinando, alle spalle del porto di Gioia Tauro, ospita da anni centinaia di migranti in condizioni precarie. Ora è partito un progetto per attivare delle borse di inserimento lavorativo a favore degli immigrati impiegati in agricoltura. Si tratta di corsi di formazione "on the job"  che permetteranno ai lavoratori immigrati di crearsi una professionalità da spendere in futuro sul mercato del lavoro.

I primi beneficiari sono 6 ragazzi africani provenienti da Senegal, Nigeria, Gambia e Costa d'Avorio. I sei giovani fanno anche parte della Koa Bosco, la squadra di calcio formata da migranti e creata da don Roberto Meduri, parroco della contrada Bosco di Rosarno.  I costi delle borse di inserimento lavorativo sono coperti dalla Fondazione "Il Cuore si scioglie Onlus", che promuove e realizza i progetti di solidarietà di Unicoop Firenze.

La Fondazione, insieme ad altri, ha anche sostenuto la ristrutturazione, nel centro di Polistena, di un palazzo di 6 piani confiscato alla 'ndrangheta è trasformato in un Centro polifunzionale dedicato a don Pino Puglisi.  I rapporti di Unicoop Firenze con la cooperativa sociale Valle del Marro-Libera Terra sono iniziati nel 2006. In questi anni Unicoop Firenze ha commercializzato sugli scaffali dei supermercati toscani i prodotti biologici realizzati della Valle del Marro (olio extra vergine di oliva, melanzane sott'olio e pesto di peperoncini piccanti). Questa attenzione di Coop verso i progetti di natura sociale realizzati sui territori è ribadita dalla campagna "Buoni e Giusti Coop", partita un mese fa, volta a promuovere l'eticità delle filiere ortofrutticole, soprattutto quelle più a rischio. "Oggi chi consuma chiede conto di chi produce e di che cosa mangia, vuole sapere come i prodotti sono coltivati, raccolti e distribuiti", dice Claudio Vanni, responsabile di Unicoop Firenze. Vi racconteremo la storia di questo progetto è dei suoi protagonisti in un prossimo articolo su Famiglia Cristiana.

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