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giovedì 20 marzo 2025
 
SPORT E VALORI
 

Il calcio? Vivrà se sarà sostenibile, non solo economicamente

09/03/2023  Nel libro Soldi vs. Idee, proventi all'Unhcr, si ragiona di futuro del pallone: parole semplici per spiegare, agli appassionati e a chi gestisce società grandi e piccole, che un'impresa che vende partite prevedibili in cui solo i ricchissimi vincono cammina sull'orlo del burrone

Un libro forse visionario, però necessario. Parola d’ordine “sostenibilità”, di questi tempi spesso abusata, ma non è certo questo il caso di Maria Luisa Colledani, penna brillante ed esperta di calcio non solo “economico” del Sole24ore, e di Michele Uva, direttore di Social & responsibility dell’Uefa, che a quattro mani, in Soldi vs Idee, come cambia il calcio fuori dal campo, prefazione di Riccardo Cucchi (Mondadori), si sono interrogati sul futuro del calcio, come impresa, come spettacolo, come sport d’alto livello, come luogo sociale. Attualmente un’impresa che vive sul filo del rasoio, sempre a rischio di andare all’aria, perché i ricavi non sono più quelli di una volta, perché i costi sono lievitati e il pericolo è che vinca solo chi gonfia il pallone di denari, sempre di più fino a farlo scoppiare.

Non per caso il libro è partito da un’osservazione di cronaca: ad agosto 2022 il calcio mercato della Premier League è valso da solo due miliardi di euro, quanto quello delle altre quattro maggiori leghe del calcio europeo messe insieme, un indice quantomeno di squilibrio. Un segno di poca salute per un sistema che fa della partita il suo prodotto, perché una partita è appetibile non solo se ci gioca gente brava, ma se c’è equilibrio, se c’è suspence, se può succedere che Davide abbia ragione di Golia. Mentre lo spettacolo sport non è più tale e non piace più se il risultato diventa scontato se si sa già che alla fine vince sempre quello e che quello è sempre e solo il più ricco.

Undici capitoli, che, come il titolo del libro, si giocano su una contrapposizione tra avversari come fossero undici partite di uno stesso campionato: da un lato spezzano il pane di una materia che potrebbe essere ostica e non lo è perché narrata a misura di appassionato, dall’altro danno uno strumento a chi nel calcio lavora e ha il problema di far quadrare i conti, sempre più complessi, delle società, grandi ma anche piccole, tenuto conto del fatto che ovviamente i modelli di governance possono essere diversi e intersecarsi, nella distribuzione risorse, ma devono stare in un sistema di regole, il più possibile trasparente.

È un libro che conosce il passato, ma guarda al futuro e ragiona di come si sia passati da un modello di club finanziati da proprietari presidenti, magari spendaccioni, magari interessati a ottenere dal calcio visibilità come trampolino per altri più ambiziosi lanci, talvolta un po’ naïf ma appassionati e, nel bene e nel male, umani, a società in mano alla freddezza opulenta di fondi di investimento di provenienza sempre esotica e talvolta oscura, a voler essere generosi. Si propone di capire dove si trovi l’equilibrio di un modello nuovo che vada verso un domani che non debba sacrificare la passione sull’altare del profitto e viceversa e che contemporaneamente possa portare chi fa del calcio un’impresa a non vivere borderline sempre sull’orlo della bancarotta.

Ma non di soli conti si ragiona nei passaggi tra Colledani e Uva: sostenibilità è anche in altri sensi. Ambientale intanto: come si ragiona di nuovi stadi e di organizzazione di grandi eventi trattenendo eredità positive anziché cattedrali del deserto ad alto impatto inquinante e per soprammercato montagne di debiti? Quali modelli esteri possono essere imitati? Ma anche sostenibilità sociale: in questo libro si parla anche di donne, di diritti, di minori da proteggere, di inclusione. Perché lo sport, anche quando ha ambizioni, figuriamoci quando non le ha, non può prescindere dalla sua valenza educativa perché manda messaggi ascoltati e imitati.

Non solo parole, tutti i proventi della vendita dal libro vanno a UNHCR, per un progetto sui rifugiati minori non accompagnati.

La parte più innovativa, forse, riguarda il ruolo dei dati, perché se è vero che la statistica non spiega tutti i rimbalzi della palla, che è rotonda e vive anche di fantasia, è anche vero che a saper usare bene i numeri, coniugandoli con l’umanità in modo intelligente, spesso si capisce chi vince e chi perde – in campo e in banca – e perché. E se è vero che per vincere i soldi aiuteranno sempre, le idee faranno sì che il calcio resti umano e possa piacere anche ai bambini che nei nostri stadi per troppe ragioni portiamo sempre meno. La scommessa è coniugare umanesimo ed economia, perché le partite si fanno in due e se uno si ritira vince l’altro ma non si gioca.

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