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mercoledì 11 settembre 2024
 
 

Calcio, ultrà arrestati: "Era ora!"

10/05/2012  È la reazione che rischia di seppellire ogni commento sull'arresto di tre ultrà del Bari. Perché finalmente smette di essere tollerata l'illegalità di un certo tifo violento.

Di fronte all’arresto - due in carcere, uno ai domiciliari - di tre ultrà (o ultras, decida ognuno a piacere, anzi a dispiacere, considerata la bruttezza, comunque, della notizia) della squadra di calcio del Bari, accusati di violenze sui loro stessi giocatori, esercitate al fine di alterare i risultati delle partite, i vari bla-bla-bla che uno può frequentare, rimbalzando dal garantismo spinto al legalitarismo magari più spinto ancora, rischiano di venire seppelliti da un grido magari non unanime, ma sicuramente fortissimo: ERA ORA!

Non per l’odiosità del reato, no: se ne commettono di ben più gravi, anche nel mondo del pallone. Non per la tempestività dell’azione giudiziaria, no: sono passati mesi e mesi dai fattacci incriminati, dei quali peraltro si parlava da molto tempo, dunque niente a che vedere con l’invidiata giustizia inglese che a poche ore dalle partite inquinate dalla violenza ultrà emette sentenze e fa eseguire pene.

Non per il collegamento con Scommessopoli, con l’inchiesta calcistica arrivata ai primi rinvii a giudizio, argomentando una collaborazione piena fra giustizia ordinaria e giustizia sportiva, ognuna intenta a facilitare il lavoro dell’altra, no: casomai la giustizia sportiva può temere che questa iniziativa distragga dal resto del marciume e catalizzi l’indignazione in zone lontane da quelle dove “abitano” i conduttori del perfido gioco delle puntate su partite truccate.

Non perché si segnalano a Bari quasi epicamente giornalisti forti, che hanno saputo sfidare gli ultrà segnalando certi fatti e collaborando, benché minacciati pesantemente, con le forze dell’ordine, no: ammiriamo ed applaudiamo i colleghi, come il mondo del calcio ha ammirato e applaudito Farina, il calciatore del Gubbio che ha denunciato la combine in cui volevano invischiarlo, ma l’etica (che in molti esiste) non deve essere confusa con l’eroismo.

L’ERA ORA! si riferisce invece, secondo noi, alla constatazione che un certo mondo violento del cosiddetto tifo per la prima volta vede frantumata la sua armatura di illegalità tollerata, di anarchia concessa e spesso anche premiata, di abuso di libertà travestito da passione, di impunità, di immunità addirittura, di fronte al codice o ai suoi guardiani che troppe volte hanno dovuto accettare, per non dire certificare, lo stadio e i dintorni come un territorio”extra”, dove non è reato quello che altrove, per il codice, indiscutibilmente lo è.

E frantumata non da una giustizia occasionalmente iperattiva perché messa sotto pressione da fatti tragici “caldi” e vistosi, come un accoltellamento nel tempo appena intorno o addirittura dentro a quello della partita, ma fatta muovere, questa giustizia, da una inchiesta attenta, che prima di agire sembra avere indagato bene i fatti, vagliato attentamente le colpe, ascoltato e confrontato le testimonianze. Al limite, gli ultrà veri, quelli che fanno tifo acceso ma pulito, quelli che sanno segnalarsi spesso per azioni di solidarietà umana, di beneficenza, di volontariato, quelli che scrivono belle poesie d’amore per il calcio e spiritosi striscioni sul calcio, dovrebbero essere contenti. Il loro territorio viene delineato meglio, viene difeso proprio dalla requisizione coatta del territorio altrui, o di quelle parti di esso che sono state vergognosamente inquinate.

Certo che sperare in una catarsi del sistema calcio è troppo. Così come sperare che all’estero apprezzino questi interventi. Infatti, per essere sempre italiani sino in fondo, il che troppo spesso vuol dire essere poco seri, il crimine stavolta è contorto e gaglioffo, è insomma molto “de noantri”: far violenza sui giocatori della squadra beneamata perché perdano alcune (altre) partite e così gli ultrà, che scommettono sulle sconfitte “artificiali”, teoricamente terribili per essi da sopportare, possano far soldi… Roba da Pirandello del calcio, roba tanto nostra. E se si vuole è anche curioso che tante cose “da svolta” accadano a Bari e dintorni: le escort da sollazzi vari per il presidente del consiglio, le cozze e le spigole corruttrici per il sindaco, gli scandali della sanità, gli intrallazzi politici e affaristici più arzigogolati, i crimini da salotto (con plastico) di Bruno Vespa. La città di Antonio Cassano, tanto per stare ad una connotazione calcistica, non merita questa identità speciale e balorda.

E adesso, messo avanti, nero su bianco, anche l’interrogativo su cosa potrà ancora succedere, in questa inchiesta come nel nostro calcio tutto dove l’Italia pallonara delle signorie (così la chiamava Bearzot sottoposto a pressioni locali per fare azzurro Tizio e Caio) aspetta le prime sentenze di Scommessopoli per scendere nelle piazze, auspichiamo giustizia rapida,completa, giusta insomma, e speriamo che non ci debba più scappare il punto esclamativo – uno sfogo, ma anche una sorta di ammissione di colpevole debolezza pregressa - dell’ERA ORA!.

                                                                                           Gian Paolo Ormezzano

Da calciatore promettente, con un futuro radioso davanti, a stella  cadente. In pochi mesi Andrea Masiello è precipitato dall’altare nella polvere,  travolto dalla scandalo del calcioscomesse e da una insospettabile avidità per il denaro. A Bari era  diventato, in tre anni e mezzo, un beniamino dei tifosi, per le sue qualità di combattente, per la grinta e le doti tecniche, indossando persino la  fascia di capitano. Oggi, alla luce degli ultimi avvenimenti, l’immagine di Andrea Masiello calciatore-simbolo ne esce frantumata e offuscata, lasciando  tanta amarezza, rabbia e delusione in tutti coloro che lo avevano applaudito, seguito e persino coccolato durante la sua permanenza a Bari dove in campionato ha collezionato 131 presenze e tre gol.

Nato a Viareggio 26 anni fa, cominciò a giocare a calcio nella Lucchese  fino a debuttare in prima squadra nella stagione 2002-2003, sotto la guida dell'allenatore Osvaldo Jaconi. Dopo due presenze in maglia rossonera, nell'estate 2003 passò alla Juventus, che lo acquistò in prestito. Qui, con la squadra Primavera allenata da Vincenzo Chiarenza, che lo aveva schierato difensore centrale in una retroguardia a tre, conquistò nel 2004 e nel 2005 il Torneo di Viareggio. Il 20 aprile 2005 il debuttò in Serie A contro l'Inter subentrando ad Alessandro Birindelli nella sfida poi persa 1-0. A fine stagione fu  interamente riscattato dalla squadra bianconera, che nell'estate del 2005 lo girò in prestito all'Avellino. Poi il trasferimento al Genoa in comproprietà. Con  la squadra ligure ottenne la promozione in serie A e in seguito venne  acquistato dai rossoblù a titolo definitivo.

Al mercato di gennaio del 2008 l’approdo al Bari, perché al Genoa non trovava spazio dopo il ritorno di Mimmo Criscito. Nel Bari, che poi lo acquistò a titolo definitivo per 2,5 milioni di euro, è rimasto per tre anni e mezzo,  fino all'estate scorsa quando è stato ceduto all’Atalanta (2,5 milioni più l’intero cartellino di Defendi). Ora il “Thuram bianco”, come lo  definì Fabio Capello, ha davanti a sè un futuro denso di ombre. Certo, a rileggere alcune sue dichiarazioni, durante  lo scorso campionato di serie A col Bari, si resta alquanto sconcertati. In particolare, quello che Andrea Masiello disse dopo la sconfitta in casa  (0-2) col Bologna del 9 gennaio 2011: “Nelle ultime settimane sono sceso in campo anche in condizioni precarie, con una caviglia infortunata e l’influenza,  ma nessuno sembra essersene accorto. Per raggiungere la salvezza bisogna stringere i denti e lottare, i tempi del calcio spettacolo sono ormai lontani”.

Ma  quellasalvezza è diventata un miraggio e un'atroce beffa, sotto i continui colpi delle combine. E forse il calcio, per Andrea Masiello, resterà soltanto un amaro ricordo.

Nicola Lavacca

 
 
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