Di fronte all’arresto - due in carcere, uno ai domiciliari - di tre
ultrà (o ultras, decida ognuno a piacere, anzi a dispiacere, considerata
la bruttezza, comunque, della notizia) della squadra di calcio del
Bari, accusati di violenze sui loro stessi giocatori, esercitate al fine
di alterare i risultati delle partite, i vari bla-bla-bla che uno può
frequentare, rimbalzando dal garantismo spinto al legalitarismo magari
più spinto ancora, rischiano di venire seppelliti da un grido magari non
unanime, ma sicuramente fortissimo: ERA ORA!
Non per l’odiosità del reato, no: se ne commettono di ben più gravi,
anche nel mondo del pallone. Non per la tempestività dell’azione
giudiziaria, no: sono passati mesi e mesi dai fattacci incriminati, dei
quali peraltro si parlava da molto tempo, dunque niente a che vedere con
l’invidiata giustizia inglese che a poche ore dalle partite inquinate
dalla violenza ultrà emette sentenze e fa eseguire pene.
Non per il collegamento con Scommessopoli, con l’inchiesta calcistica
arrivata ai primi rinvii a giudizio, argomentando una collaborazione
piena fra giustizia ordinaria e giustizia sportiva, ognuna intenta a
facilitare il lavoro dell’altra, no: casomai la giustizia sportiva può
temere che questa iniziativa distragga dal resto del marciume e
catalizzi l’indignazione in zone lontane da quelle dove “abitano” i
conduttori del perfido gioco delle puntate su partite truccate.
Non perché si segnalano a Bari quasi epicamente giornalisti forti, che
hanno saputo sfidare gli ultrà segnalando certi fatti e collaborando,
benché minacciati pesantemente, con le forze dell’ordine, no: ammiriamo
ed applaudiamo i colleghi, come il mondo del calcio ha ammirato e
applaudito Farina, il calciatore del Gubbio che ha denunciato la combine
in cui volevano invischiarlo, ma l’etica (che in molti esiste) non deve
essere confusa con l’eroismo.
L’ERA ORA! si riferisce invece, secondo noi, alla constatazione che un
certo mondo violento del cosiddetto tifo per la prima volta vede
frantumata la sua armatura di illegalità tollerata, di anarchia concessa
e spesso anche premiata, di abuso di libertà travestito da passione, di
impunità, di immunità addirittura, di fronte al codice o ai suoi
guardiani che troppe volte hanno dovuto accettare, per non dire
certificare, lo stadio e i dintorni come un territorio”extra”, dove non è
reato quello che altrove, per il codice, indiscutibilmente lo è.
E frantumata non da una giustizia occasionalmente iperattiva perché
messa sotto pressione da fatti tragici “caldi” e vistosi, come un
accoltellamento nel tempo appena intorno o addirittura dentro a quello
della partita, ma fatta muovere, questa giustizia, da una inchiesta
attenta, che prima di agire sembra avere indagato bene i fatti, vagliato
attentamente le colpe, ascoltato e confrontato le testimonianze. Al
limite, gli ultrà veri, quelli che fanno tifo acceso ma pulito, quelli
che sanno segnalarsi spesso per azioni di solidarietà umana, di
beneficenza, di volontariato, quelli che scrivono belle poesie d’amore
per il calcio e spiritosi striscioni sul calcio, dovrebbero essere
contenti. Il loro territorio viene delineato meglio, viene difeso
proprio dalla requisizione coatta del territorio altrui, o di quelle
parti di esso che sono state vergognosamente inquinate.
Certo che sperare in una catarsi del sistema calcio è troppo. Così come
sperare che all’estero apprezzino questi interventi. Infatti, per essere
sempre italiani sino in fondo, il che troppo spesso vuol dire essere
poco seri, il crimine stavolta è contorto e gaglioffo, è insomma molto
“de noantri”: far violenza sui giocatori della squadra beneamata perché
perdano alcune (altre) partite e così gli ultrà, che scommettono sulle
sconfitte “artificiali”, teoricamente terribili per essi da sopportare,
possano far soldi… Roba da Pirandello del calcio, roba tanto nostra. E
se si vuole è anche curioso che tante cose “da svolta” accadano a Bari e
dintorni: le escort da sollazzi vari per il presidente del consiglio,
le cozze e le spigole corruttrici per il sindaco, gli scandali della
sanità, gli intrallazzi politici e affaristici più arzigogolati, i
crimini da salotto (con plastico) di Bruno Vespa. La città di Antonio
Cassano, tanto per stare ad una connotazione calcistica, non merita
questa identità speciale e balorda.
E adesso, messo avanti, nero su bianco, anche l’interrogativo su cosa
potrà ancora succedere, in questa inchiesta come nel nostro calcio tutto
dove l’Italia pallonara delle signorie (così la chiamava Bearzot
sottoposto a pressioni locali per fare azzurro Tizio e Caio) aspetta le
prime sentenze di Scommessopoli per scendere nelle piazze, auspichiamo
giustizia rapida,completa, giusta insomma, e speriamo che non ci debba
più scappare il punto esclamativo – uno sfogo, ma anche una sorta di
ammissione di colpevole debolezza pregressa - dell’ERA ORA!.
Gian Paolo Ormezzano
Da calciatore promettente, con un futuro radioso davanti, a stella cadente.
In pochi mesi Andrea Masiello è precipitato dall’altare nella polvere,
travolto dalla scandalo del calcioscomesse e da una insospettabile
avidità per il denaro. A
Bari era diventato, in tre anni e mezzo, un beniamino dei tifosi, per le
sue qualità di combattente, per la grinta e le doti tecniche, indossando
persino la fascia di capitano. Oggi, alla luce degli ultimi avvenimenti,
l’immagine di Andrea Masiello calciatore-simbolo ne esce frantumata e
offuscata, lasciando tanta amarezza, rabbia e delusione in tutti coloro che
lo avevano applaudito, seguito e persino coccolato durante la sua permanenza
a Bari dove in campionato ha collezionato 131 presenze e tre gol.
Nato a
Viareggio 26 anni fa, cominciò a giocare a calcio nella Lucchese fino a
debuttare in prima squadra nella stagione 2002-2003, sotto la guida
dell'allenatore Osvaldo Jaconi. Dopo due presenze in maglia rossonera,
nell'estate 2003 passò alla Juventus, che lo acquistò in prestito. Qui, con
la squadra Primavera allenata da Vincenzo Chiarenza, che lo aveva schierato
difensore centrale in una retroguardia a tre, conquistò nel 2004 e nel 2005
il Torneo di Viareggio. Il 20 aprile 2005 il debuttò in Serie A contro
l'Inter subentrando ad Alessandro Birindelli nella sfida poi persa 1-0. A
fine stagione fu interamente riscattato dalla squadra bianconera, che
nell'estate del 2005 lo girò in prestito all'Avellino. Poi il trasferimento al Genoa in comproprietà.
Con la squadra ligure ottenne la promozione in serie A e in seguito venne
acquistato dai rossoblù a titolo definitivo.
Al mercato di gennaio del
2008 l’approdo al Bari, perché al Genoa non trovava spazio dopo il ritorno
di Mimmo Criscito. Nel Bari, che poi lo acquistò a titolo definitivo per 2,5
milioni di euro, è rimasto per tre anni e mezzo, fino all'estate scorsa
quando è stato ceduto all’Atalanta (2,5 milioni più l’intero cartellino di
Defendi). Ora il “Thuram bianco”, come lo definì Fabio Capello, ha davanti a
sè un futuro denso di ombre. Certo, a rileggere alcune sue dichiarazioni,
durante lo scorso campionato di serie A col Bari, si resta alquanto
sconcertati. In particolare, quello che Andrea Masiello disse dopo la
sconfitta in casa (0-2) col Bologna del 9 gennaio 2011: “Nelle ultime
settimane sono sceso in campo anche in condizioni precarie, con una caviglia
infortunata e l’influenza, ma nessuno sembra essersene accorto. Per
raggiungere la salvezza bisogna stringere i denti e lottare, i tempi del
calcio spettacolo sono ormai lontani”.
Ma quellasalvezza è diventata un miraggio e un'atroce beffa, sotto i continui
colpi delle combine. E forse il calcio, per Andrea Masiello, resterà
soltanto un amaro ricordo.
Nicola Lavacca