La radio messicana mandò in onda per giorni e giorni, al Mundial calcistico 1986, il tormentone di quel suo cronista che narrava la partita della prima fase tra Danimarca e Germania - in una città, satellite della capitale, che era sprovvista di servizi urbani anche primari ma era dotata di nuovo bellissimo stadio – a sorpresa vinta dai danesi, e che dopo uno strepitoso gol degli scandinavi elencò undici aggettivi qualificativi del genere mirabolante, e alla fine stremato disse ai suoi ascoltatori: «E adesso mettete voi altri aggettivi di ammirazione per un gol come questo».
Ecco, chi ormai deve scrivere da troppo tempo di Scommessopoli, dopo avere scritto di Calciopoli e di Totonero, travolto dallo tsunami ultimo, e di acqua sporca, annaspa fra sdegno e noia, e ha voglia di lasciare ai lettori la cernita di aggettivi ad hoc. La settimana si è iniziata con all’alba del lunedì diciannove arresti di qualità, compresi i calciatori Mauri capitano della Lazio che potrebbe perdere l’Europa League, Milanetto stratega del Genoa e poi del Padova, Bertani attaccante della Sampdoria, per stare ai nomi più noti.
L’unica certezza è che lo scandalo è ancora, come dire?, aperto, e d’altronde è stato detto quasi esplicitamente che alcuni indagati sono vicini a dover subire misure cautelari (le carceri scoppiano, gli spazi sono limitati, i domiciliari funzionano sì e no, e nell’insieme gli arresti sono stati sinora più di cinquanta). La polizia di stato, su mandato della procura di Cremona (con Bari è la capitale delle indagini), ha anche notificato lo status idi indagato a due altri “grossissimi”: Conte allenatore della Juventus che di recente gli ha rinnovato il contratto sino al 2015 e che nella ormai trita querelle per gli scudetti toltile da Calciopoli non si è mai “scollegata” da Moggi, Criscito difensore azzurro (ex Juventus, ex Genoa, ora Zenit di San Pietroburgo), spettacolarmente raggiunto dall’avviso nel ritiro della Nazionale a Coverciano.
Per tutti la stessa accusa pesante assai: associazione a delinquere finalizzata a truffa e frode sportiva sportiva, insomma qualcosa che è diventata finalmente reato anche per il nostro codice. Ampie le diramazioni internazionali dell’”affaire” delle scommesse, con epicentro di calcio giocato in Italia, epicentro di denaro investito in Oriente, epicentro di “manodopera” itinerante, visto che sono implicati molti zingari, e come i rom gli zingari fanno comodo per lo sdegno facile e ipocrita.
Inguaiate anche le società, non solo i bipedi che vanno in giro ora qui ora là, cambiando le insegne. Diciamo Siena, Chievo, Bari, Lazio, Lecce, Genoa, Atalanta, in vari modi e misure, e sempre per stare ai nomi importanti. Per noi che ci ostiniamo ad amare il calcio in quanto facente parte del mondo dello sport, un orizzonte triste e scuro: o la grossolana vergognosa amnistia generale, magari truccata da chissacosa, se la Nazionale vince gli Europei (dunque tifandola rischiamo di essere complici di una brutta cosa), o le pene dosate nel tempo e nella sostanza (parliamo sempre della giustizia sportiva), dunque in genere ingiuste per difetto.
E poi gli strascichi odiosi, il ”così fan tutti” e il “perché a me sì e a te no?”, insomma la solita voglia di mandare tutto e tutti a schifio sapendo di fare schifo (e non è purtroppo un gioco di parole). Quanto alla giustizia ordinaria, si prevedono tempi infiniti, con acrobazie di legulei. Quanto all’azzeramento del calcio di vetrina, per proteggere il calcio dei ragazzini, è ipotesi eticamente splendida ma impraticabile: si è deciso, ed è un caso che la cosa non sia stata ancora immessa nella Costituzione, che gli italiani del calcio hanno bisogno, e intanto i poveri italiani berlusconizzati anche e tanto nello sport, non hanno più né etica né cultura per opporsi agli ampliamenti continui del porcaio.
Gian Paolo Ormezzano
Coverciano è un luogo ovattato, protetto, ordinato e un po’ artificiale come lo sono certi collegi esclusivi. Un posto riservato, al riparo da occhi indiscreti, in cui si entra invitati e muniti di pass, perché lì attorno ronzano tanti curiosi, perché lì dentro abitano, in ritiro al riparo della vita reale, le stelle del pallone.
Poi succede che una mattina la vita vera fa irruzione lì dentro e lo fa con la brutalità necessaria alle forze dell’ordine, ma pure con garbo cercando di non svegliare nessuno a parte l’interessato. C’è un mandato di perquisitzione. C’è un’informazione di garanzia da consegnare. Mica chiacchiere e distintivo. Son destinati a Domenico Criscito, ex Genoa, attualmente difensore dello Zenit San Pietroburgo e della Nazionale italiana. Significa che è finito nel registro degli indagati.
E d’improvviso grava il sospetto di vivere in un eterno 10 agosto in cui le stelle sono cadenti e le favole vanno a pezzi. Alla vigilia della convocazione definitiva, oggi pomeriggio il regolamento europeo chiede la lista definitiva dei 23 destinati a partire per l’europeo 2012 al calcio d'inizio l’8 giugno, crolla, non per colpa di Prandelli – che però con l’aria che tira farebbe bene a stare lontano dagli ultrà - quell’idea di Nazionale in campo per la legalità, che va a giocare sul campo confiscato alla mafia, che mette la faccia sulla partita del cuore in memoria di Falcone e Borsellino, che si dà un codice etico in cui chi si comporta male va a casa.
Il procuratore De Martino esclude che ci siano altri coinvolgimenti, ma basta quello che si è visto perché la bella facciata si sciolga nel timore che sia stato tutto soltanto un maquillage, nella peggiore delle ipotesi, e, nella migliore, che sia stata soltanto la lotta contro i mulini a vento di un Ct che sogna un calcio migliore o forse di rappresentare un Paese migliore. Perché per quanti sforzi faccia il calcio non è a parte, ma specchio di ciò di cui fa parte: sarà un caso che, indipendentemente dal settore di competenza, si finisca tutti prima o poi a occuparsi di cronaca giudiziaria e che un codice penale sulla scrivania faccia sempre comodo?
Si sbriciola la favola del Chievo, quello della prima ora, che dalla periferia del mondo scalò la classifica della Serie A e ci fece immaginare una ventata di pulizia. Tutto finito sentimentalmente parlando, anche se vale la presunzione di innocenza fino a prova contraria. La realtà parla di indagini, di perquisizioni e di arresti per custodia cautelare (Mauri capitano della Lazio e Milanetto, ex Genoa ora Parma, tra questi, mica gli ultimi affamati). Non problemi da giustizia sportiva, piccolo cabotaggio di un piccolo codice che regola il mondo a parte, ma la legge ordinaria, il codice penale, reati che sono tali nel mondo reale e nella vita di tutti.
Su Criscito pende il sospetto di aver partecipato, il 10 maggio 2011, a un incontro – documentato dagli inquirenti -, nei giorni precedenti la partita Lazio-Genoa, con Giuseppe Sculli, due tra i maggiori esponenti degli ultrà del Genoa e un pregiudicato bosniaco. Criscito ha chiesto di essere sentito subito dal Pm per chiarire tutto, spiegando che si trattava «solo di un incontro con i tifosi dopo un derby perso».
Stamattina uomini in divisa hanno suonato all’alba in molte case (vedi pdf allegato per il dettaglio dei provvedimenti) non solo all’isola felice di Coverciano. Anche a casa di Antonio Conte l’allenatore della squadra Campione d’Italia, che non poteva saperlo, ma s’è messa in casa uno che fino all’altro ieri allenava il Siena ed è stato inguaiato da Filippo Carrobbio che ai magistrati ha detto che Conte era informato di fatti non proprio trasparenti, informato non al punto da aver violato l’obbligo di denuncia previsto dal codice sportivo, ma al punto da beccarsi un’informazione di garanzia, il documento che dice che qualcuno si trova al momento sotto la lente di una procura della Repubblica, in questo caso, quella di Cremona, che gli contesta- come agli altri coinvolti nei provvedimenti in questa fase- un reato non da poco: associazione a delinquere finalizzata a truffa e frode sportiva. Si indaga, sentenze giudicheranno.
Per tutti, sono una trentina di persone al momento tra indagati e raggiunti da misure cautelari, vale la presunzione di innocenza, le sentenze diventano definitive, a meno che non si rinunci ad appellarsi, al pronunciamento della Corte di Cassazione. I tempi della giustizia ordinaria dicono che per questo ci vuole tempo.
Resta, innegabile, l’amarezza di troppe belle favole macchiate da sospetti troppo pesanti per lavarli con una bolla di sapone. Resta la domanda più urgente, che non aspetta sentenze per affiorare: quanto è finto quello che finora, in fatto di pallone, abbiamo visto e raccontato, quante partite per cui abbiamo trepidato avevano un doppio fondo che meritava altri sentimenti?
Elisa Chiari