di Francesco Anfossi e Aldo Maria Valli
«Il perseguimento della trasparenza è obiettivo irrinunciabile, a fortiori per istituzioni legate alla Chiesa», commenta l’ex presidente dello Ior, Angelo Caloia, che abbiamo incontrato nel suo studio di banchiere, a Milano. La sua presidenza, lunga vent'anni, coincide con i pontificati di Wojtyla e Ratzinger. Nessuno ha guidato più a lungo di lui l’ente finanziario vaticano che ha sede nel torrione Niccolò V. Arrivò tra quelle mura nel 1989 per volere del cardinale Casaroli con un obiettivo improbo: far dimenticare la mala gestio dell'era Marcinkus. Caloia ha accettato di parlare con due giornalisti, contravvenendo alla sua proverbiale riservatezza, per chiarire che il processo di trasparenza dell’Istituto non è iniziato all’indomani delle sue dimissioni, bensì il giorno del suo insediamento: «L’obiettivo della trasparenza andava e va tuttavia declinato in modo pragmatico, senza personalizzazioni e giacobinismi di sorta, ma con costruttiva determinazione, atta a valorizzare le specificità dell’istituzione (nonostante gli incidenti in cui è incorso, lo Ior non è una banca; non si presta a sistematiche speculazioni, ma mira piuttosto a garantire liquidità e risorse alle opere di religione), i progressi già fatti e quelli prefigurabili alla luce delle normative più recenti, ma anche delle esigenze di semplicità operativa propria di un sistema di paga- menti». Ma Caloia, pur sottolineando ancora una volta la necessità della tolleranza zero nei confronti di qualunque tentativo di illegalità finanziaria, tende a ridimensionare gli scandali, o quanto meno a inserirli nella giusta luce.
Non siamo, ribadisce Caloia, all’anno zero della trasparenza. Gli ultimi provvedimenti sono la conseguenza di un processo avviato più di vent’anni fa, con l’arrivo del management laico tra le mura del torrione. «Gli incidenti occorsi di recente non denunciano per sé, isolati come sono, sistematicità di condotta illegale. I dati emersi provano piuttosto la relativa irrilevanza quantitativa, anche in termini di negative ricadute sociali, imparagonabili rispetto alle ben più scandalose gestioni finanziarie in una non rara emersione a livello internazionale». Il banchiere prosegue nel suo ragionamento, basato su vent’anni trascorsi tra quelle mura spesse nove metri: «Occorre riannodare le fila e ristabilire rapporti di fiducia con la comunità ecclesiale, interna ed internazionale. A somiglianza di quanto operato da alcuni governi europei sulla base di un nuovo e più realistico atteggiamento europeo, si deve ripristinare la semplicità della operatività passata, con apertura a ogni ragionevole riscontro, gestendo con saggezza e senza eccessive debolezze le prerogative sovrane nel contesto globale. Concretezza e saggezza richiedono che si dia rilievo a una governance intelligente più che ad autole- sionistiche rigidità giuridiche e burocratiche».
L’intera vicenda Ior fa emergere quanto sia stato e ancora sia difficile il passaggio dalla “vecchia struttura” (soprattutto dal punto di vista amministrativo) all’ammodernamento (con lo scopo di agevolare il ritorno alle origini). Afferma Caloia: «Il lungo tragitto per riportare lo Ior alle sue finalità originarie ha avuto risultati che io giudico positivi, certo senza ignorare i problemi sollevati e quelli che la storia un giorno metterà nella giusta luce. Credo di aver compiuto la mia parte al servizio della Chiesa. Ora è necessaria una ripartenza dell’Istituto all’altezza di una società globale in modo da far rivivere le finalità originarie (comunitarie e religiose) nel maremoto di un mondo in cui la presenza di una finanza scatenata ha posto altri obiettivi non del tutto chiari nel lungo termine, ed altri modi di ope- rare». La prima soluzione potrebbe consistere nel rendere le Opere di Religione (e la relativa clientela religiosa) assolu- tamente distinte da tutto ciò che attiene all’attività più stret- tamente monetaria e finanziaria dell’istituto. «Ciò consentirebbe di anteporre l’obiettivo del servizio a quel- lo della mera attività finanziaria, sancendo definitivamente il primato dell’attenzione al mondo religioso all’interno della nuova struttura». Con un obiettivo di valenza morale e di aggancio concreto ai propositi della Chiesa “povera e per i poveri” voluta da Francesco.
Spiega ancora Caloia: «Il crescere delle diseguaglianze ha messo – e mette ogni giorno di più – a nudo l’estrema povertà che alberga nelle periferie del mondo. Potrebbe allora configurarsi, all’interno della mera attività monetario/finanziaria, la costituzione di un Fondo Paesi Poveri che, alimentato dal risparmio etico di donatori piccoli e grandi in comunione con la Chiesa e gestito secondo modalità e priorità trasparenti, dia respiro ai bisogni più elementari dell’umanità sofferente. Sarebbe questa un’iniziativa capace di dare concretezza al disegno di una globalizzazione solidale, comprendendo tutti nel cammino della storia». Da un punto di vista pratico (e non solo) la distinzione e l'articolazione proposte si tradurrebbero in un duplice messaggio: «Mettere una struttura, in maniera del tutto unica ed esclusiva, a supporto delle realtà ecclesiali ovunque si trovino nel mondo. Gli utenti religiosi della nuova struttura sapranno con certezza di appartenere ad un contesto esclusivamente a loro riservato dove, senza interferenza alcuna, la comunità ecclesiale e tutti gli uomini di buona volontà si impegneranno concretamente a offrire significativi contributi di solidarietà da gesti- re a favore dei poveri, che turbano la nostra coscienza. Con la stessa determinazione – prosegue Caloia – questi messaggi arriverebbero anche all’esterno, laddove si è spesso tentato di penetrare all’interno delle “finanze vaticane”, approfittando di situazioni non ben definite».
La chiarezza strutturale, operativa e normativa che si verrebbe a determinare contribuirebbe al rafforzamento di un concetto di sovranità che torna a esprimersi sul piano mo- rale e che anche lo Stato Città del Vaticano dovrebbe riprendere in questo ambito. «Emergerebbe con forte determinazione – sostiene Caloia – la volontà netta e decisa nel voler ridare un assetto conforme alle origini e ai principi per cui le istituzioni finanziarie sono state fondate».