«Boko Haram vuole colpire il Camerun proprio nel suo “punto di vanto”: Paese in pace da oltre 50 anni, Paese di integrazione religiosa, Paese aperto al mondo». È l'analisi di don Maurizio Bolzon, sacerdote fidei donum della diocesi di Vicenza, parroco a Loulou (la parrocchia è dedicata a Santa Giuseppina Bakhita), diocesi di Maroua-Mokolo, nel nord del Camerun, all'indomani del rapimento, avvenuto la notte fra il 13 e il 14 novembre, del francese padre Georges Wandenbeusch. Curato della parrocchia di Nghecewé, un centinaio di chilometri da Maroua, è stato sequestrato da un commando di “banditi”. Qualche chilometro a piedi in mezzo alla savana e poi la fuga in moto per passare il confine con la Nigeria.
I rapitori - secondo quanto affermato dai testimoni - si esprimevano in inglese, haussa e kanuri (le prime due lingue parlate in Nigeria). Il Governatore della regione dell'Estremo Nord del Camerun e il suo staff hanno passato i successivi due giorni a organizzare le ricerche e a studiare un piano di messa in sicurezza del territorio. Ma già il 15 novembre, Boko Haram - il gruppo integralista islamico che dal 2009 sta mettendo in ginocchio il nord-est della Nigeria - ha rivendicato il sequestro.
Lo scorso febbraio la stessa setta aveva fatto un'altra incursione nel Camerun settentrionale e aveva sequestrato un'intera famiglia francese (compresi i 4 bambini). La liberazione era avvenuta dopo due mesi e - secondo fonti non ufficiali - dietro pagamento di un lauto riscatto. Poi, il 2 novembre, c'è stata l'uccisione in Mali della giornalista Ghislaine Dupont e del suo cameraman, Claude Verlon, rivendicata da al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi). È evidente che la situazione si sta deteriorando. Tanto che il viaggio di un gruppo di muratori vicentini che doveva recarsi a Loulou per dare una mano per la costruzione della chiesa, è stato annullato.
«Padre Georges era arrivato in Camerun come fidei donum da soli due
anni, unico missionario della sua diocesi in terra d'Africa - racconta
don Maurizio -. Ci si incontrava frequentemente alle riunioni a Maroua
e, proprio perché lo si sapeva solo, era stato naturale dimostrargli
amicizia e farlo sentire ancor più “tra fratelli”. Pochi giorni prima
del rapimento, gli avevo dato un passaggio in macchina. Gli avevo
chiesto come stesse. Mi aveva risposto che era sereno e si sentiva ben
voluto dalla gente e protetto proprio dai suoi parrocchiani, che lo
tranquillizzavano e gli dicevano che ci avrebbero pensato loro a tenere
lontani i malintenzionati. Cosa che in effetti hanno provato a fare la notte dell'assalto, ma cosa possono dei bastoni di fronte a fucili e munizioni?»
Il Governatore ha anche provato a mettersi in contatto con le tre
province frontaliere della Nigeria, per ottenere un coordinamento tra le
forze dell'ordine dei due Paesi. Ma le prime notizie pervenute dicono
di una frontiera completamente nelle mani di Boko Haram, con l'esercito
nigeriano che tenta di riprendere il suo “nord-est”, ma senza riuscirci.
«I primi a pagare per questa situazione sono - come sempre - i civili -
dice sconsolato don Maurizio -. La setta, che ha come scopo
distruggere le scuole e la cultura (diabolica manifestazione
dell'oppressione occidentale, a loro avviso), assalta scuole e villaggi.
La gente fugge dove può; molti vengono in Camerun, dopo aver perso
case, terre e raccolti. E i poveri che abitano le zone di confine
stanno mostrando una solidarietà inimmaginabile, accogliendo questi
fratelli bisognosi di tutto».
La paura è che, in mezzo ai rifugiati, si infiltrino membri di Boko
Haram. D'altra parte, fonti del luogo parlano di cellule in formazione e
di connivenze; anche l'assalto alla missione di padre Georges, senza
complici locali, risulta difficile da spiegare. «L'islam estremista è
sempre più armato e sempre più intenzionato ad allargare il suo
territorio», afferma un ufficiale. E «trova terreno fertile - dice il
parroco di Loulou - perché la gente qui è troppo “semplice” per capire
che aprire le porta a questo islam non porterà nulla di buono. Non sono
in grado di capire la differenza tra la religione islamica e questa
deriva terrorista». Il vescovo di Maroua, monsignor Philippe Stevens,
è da sempre un indefesso propugnatore della pace tra le religioni, del
dialogo, della convivenza fraterna. Ma con gli estremisti la via del
dialogo non si presenta facile. E la preoccupazione è tale che,
all'indomani del rapimento di padre Georges, il governatore aveva
disposto che tutti i bianchi che abitano nelle vicinanze della frontiera
nigeriana, ripiegassero su Maroua o, meglio ancora, rientrassero in
Patria.
I missionari, però, si erano opposti dicendo che non si abbandona la
gente quando il bisogno si fa più grande. Poi è arrivato il contrordine:
sembra che il Papa stesso sia intervenuto a chiedere che sia permesso
ai missionari di restare. «La missione della Chiesa - conclude don Maurizio -
è restare accanto a chi ha bisogno. Preti, suore, laici, che la Chiesa
manda in missione, non partono per il gusto dell'avventura. Si parte
perché Gesù ha detto: “Voi sarete miei testimoni fino agli estremi
confini della terra". Testimoni di Gesù attraverso l'annuncio della sua
Parola e, molto più, attraverso una vita spesa al servizio degli ultimi.
Sul Suo esempio. Questo è tutto. Io sono colpito e toccato dal
coraggio di tanti confratelli e consorelle missionari, che non intendono
mollare. Come si fa a parlare di “Uno” che ha dato la vita per il mondo
se, al sopraggiungere del pericolo, si dice: “Beh, adesso io ho finito,
cavatevela da soli”? Il Vangelo non è una bella storia. Il Vangelo è
programma di vita. Che credibilità avrebbe, se coloro che sono venuti
ad annunciarlo se ne andassero non appena il prezzo comincia ad alzarsi?
I missionari non sono incoscienti, non vogliono il martirio, ma quando
parli di Gesù in mezzo a gente che la vita ha tenuto sempre schiacciata a
terra, senti tutto il peso della Parola che stai portando. E capisci
che non puoi scaricarlo».