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martedì 03 ottobre 2023
 
Mostre
 

Quelle scarpe che hanno fatto la storia

06/05/2015  Un'originale mostra a Caldogno raccoglie 25 paia di scarpe, appartenute a chi ha stabilito Guiness dei primati girando il mondo, ma anche a predicatori, pellegrini e migranti. Un inedito punto di osservazione sulla realtà che invita alla riflessione.

Giovanni Bruttomesso mostra le scarpe con cui ha camminato da Canterbury a Gerusalemme.
Giovanni Bruttomesso mostra le scarpe con cui ha camminato da Canterbury a Gerusalemme.

Ci sono le scarpe di Jean Beliveau, che ha percorso a piedi il giro del mondo, tanto da essersi meritato l'ingresso nel Guiness dei primati 2011, quelle di Giovanni Bruttomesso, vicentino-pellegrino, che è andato da Canterbury a Gerusalemme a piedi, quelle di Mattia Miraglio, giovane torinese che sta percorrendo 50mila chilometri, attraverso i cinque continenti, e che finirà il suo viaggio tra cinque anni, e quelle dello spagnolo Francisco Sancho, con alle spalle 2.500 chilometri già percorsi, e davanti un lungo pellegrinaggio di due anni in giro per l'Europa, che si concluderà in Polonia nel 2016, in occasione della Giornata mondiale della Gioventù.

Poi ci sono degli autentici e rari pezzi di storia: le scarpe di una donna “miracolata”, scampata ad un cecchino durante la guerra in Bosnia del 1993, ma anche i sandali impolverati del francescano che ha “coperto“ l'Africa negli anni Cinquanta, portando il Vangelo nelle strade, e quelle di chi ha patito l'esodo istriano-dalmata del 1950. Ma anche quelle che hanno percorso i sentieri degli antichi pellegrini, quelle dei “forzati alla camminata” - migranti, esuli e profughi -, e delle donne che, impavide, hanno attraversato deserti (i sei di Carla Perrotti) e mari ghiacciati e scalato montagne (Nives Meroi, all'attivo le 14 vette più alte del pianeta), fino al limite delle loro possibilità. E sappiamo quanto le scarpe siano importanti per le donne!

Resterà allestita fino all'11 maggio nella palladiana Villa Caldogno, nell'omonimo paese della provincia vicentina, la mostra “CAMMINAMENTE: strade, pellegrini, camminatori, tra movimento e pensiero” di Antonio Gregolin, eclettico giornalista-artista, di origini vicentine, ma con uno sguardo ed un respiro internazionali. Un “percorso” - è proprio il caso di chiamarlo così - unico nel suo genere, sostenuto dalla Pro loco, in occasione della rassegna “Scienza&Conoscenza”, che presenta venticinque paia di scarpe di grandi camminatori, fatte giungere da musei e collezioni private di tutto il mondo, mai esposte prima.

Non solo un'iniziativa curiosa, ma soprattutto una riflessione sul senso stesso del camminare, per prendere consapevolezza dei nostri passi quotidiani. «In un momento come questo, nel quale sempre più persone sembrano tornare a camminare, basti pensare a quanti intraprendono il Cammino di Santiago, si rischia che l'emulazione stravolga il contenuto di ciò che ogni cammino rappresenta - spiega Gregolin -. Camminare resta una ritualità antica, economica, salutare, e anche un modo per acquietare i mali dell'anima». Ma attenzione, non siamo di fronte ad una “raccolta feticistica” di oggetti inanimati. «In mostra ci sono scarpe vissute, che portano i segni del movimento e della strada. Non si devono indossare scarpe nuove quando si vuole percorrere un sentiero antico, mi hanno detto molti dei camminatori ai quali ho chiesto le scarpe. Scarpe che al visitatore con occhi e orecchie attenti, racconteranno l'esperienza dei luoghi calpestati e le storie delle persone alle quali sono appartenute. Non c'è, infatti, oggetto più personale di una scarpa, che diventa poi il simbolo stesso di un viaggio». 

Senza dubbio sono fortemente simboliche le scarpe provenienti da Lampedusa: anonime, povere, senza valore, appartenute a coloro che si sono imbarcati in sconquassate carrette del mare nel tentativo di creare a sé e alla propria famiglia, un futuro migliore. «Sono quelle più difficili da ottenere - conclude Gregolin -, perché per lo più sono state trovate, o ancora ai piedi o vicine ai corpi di chi non ce l'ha fatta, e quindi vengono poste sotto sequestro. Sono scarpe pregne di dolore, uniche testimonianze di una vita che il mare si è preso».

E mi piace ricordare anche quel paio di mocassini Sioux originali del 1900, indossati dagli autoctoni americani, ma
che racchiudono in sé anche un po' di Veneto, perché le perline decorative giungevano da Murano, grazie agli scambi con il Nuovo Mondo. Mentre ci fanno camminare a ritroso nella storia, ci insegnano anche come vivere il presente: “Prima di giudicare una persona, cammina per tre lune nei suoi mocassini”, parola di indiano Sioux. 

 
 
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