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mercoledì 11 settembre 2024
 
SINODO
 

Valentino Bulgarelli: «La Chiesa del "noi", appassionata del Vangelo, compagna di strada dell'umanità di oggi»

01/08/2023  Monsignor Valentino Bulgarelli, direttore dell'Ufficio nazionale catechistico e sottosegretario della Conferenza episcopale italiana commenta la Linee guida del Cammino sinodale. «Contano i temi, certamente: rappresentatività, organismi di partecipazione (che vivono forse un momento di stallo), e strutture. Ma la questione è innanzi tutto teologica. Il tema della sinodalità è toccare, gustare, vedere il volto della Chiesa, quel “noi” che non smette di essere appassionato del Vangelo, cioè di quella buona notizia che porta l’uomo e la donna dal rischio dell’isolamento ad essere parte di un noi, amato e cercato da Dio»

Monsignor Valentino Bulgarelli.
Monsignor Valentino Bulgarelli.

«La sinodalità non è solo questione di metodo o di strutture. La questione è teologica. Sinodalità è vedere, toccare, gustare il volto della Chiesa». Lo dice con chiarezza monsignor Valentino Bulgarelli, già preside della Facoltà teologica dell’Emilia-Romagna, attualmente direttore dell’Ufficio catechistico nazionale e sottosegretario della Conferenza episcopale italiana (Cei). Ma è soprattutto in qualità di segretario del Comitato del Cammino sinodale che gli chiediamo un commento sui primi due anni di questo percorso appassionante, vivace e con tanti doni ancora da esprimere.

Monsignor Bulgarelli, per commentare il cammino sinodale fin qui svolto, da dove partirebbe?

«Metterei in luce, innanzi tutto, la bellezza e la ricchezza delle Chiese che sono in Italia e che, grazie a questo percorso, stiamo imparando a scoprire. Dall’esperienza vissuta traspaiono, in filigrana, la passione e il desiderio di Chiesa nella sua essenza più profonda. È vero che l’ascolto è stato fondamentalmente vissuto da chi vive l’esperienza ecclesiale. In questo aspetto, però, non colgo un limite ma, se mai, un’opportunità. Si è toccato con mano il sensus fidei fidelium: in altri termini, traspare un volto di Chiesa figlio del Concilio Vaticano II».

Ci lasciamo alle spalle anni difficili, a volte drammatici. Quale segno hanno lasciato sulla Chiesa?

«L’emergenza pandemica ha rallentato, se non bloccato, un trend pastorale spesso determinato dal “si è sempre fatto così…” o da una certa inedia nel fare proposte. Pur nella difficoltà del tempo presente è emerso l’essenziale: annunciare il Vangelo, incontrare le persone nuovamente e darsi strumenti adeguati per farlo. Anche le criticità più grandi, che sono della Chiesa universale, sono state ricondotte al punto focale di una proposta formulata da un “noi”».

Quanto può essere difficile, per la Chiesa italiana, camminare in una logica sinodale?

«Credo vada dato atto alla Chiesa italiana di aver sempre vissuto (più o meno consapevolmente) l’esperienza del camminare insieme, attraverso i convegni ecclesiali. Possiamo pensare di essere davanti a un aggiornamento di quell’esperienza. Le scelte fatte dai Vescovi (e, tra queste, il primato delle Chiese locali, la creazione di una rete di referenti, la creazione di un comitato con diverse competenze) portano in questa direzione».

Che cosa si può dire dei temi fin qui emersi dalla riflessione sinodale?

«Le Linee guida e gli strumenti che ne seguiranno (questi ultimi a settembre), sono figli di un processo iniziato il 30 gennaio del 2021, quando papa Francesco sollecitò a camminare insieme. Il gruppo di lavoro e di coordinamento del Cammino sinodale (presidenza e comitato) non hanno aggiunto nulla ai temi emersi dalle chiese locali. Hanno fatto sintesi e operato scelte per interpretare, rispettare quanto emerso. I temi sono, fondamentalmente, tre: l’annuncio del Vangelo e la proposta cristiana per l’oggi, l’esercizio della corresponsabilità, le strutture al servizio dell’evangelizzazione. Chiaramente si aprono tante questioni che dovranno essere considerate, ma qui entra il gioco il metodo di lavoro che nelle prossime settimane i Vescovi definiranno ulteriormente, anche se le linee guida lasciano già intravedere come si potrà operare. Alcuni temi sono “assenti” o per meglio dire sono rimasti sotto traccia. Ma possono ancora emergere nei prossimi mesi. In questo momento posso assicurare la filiera che ha prodotto i temi, che si è svolta con rigore e trasparenza».

Dopo il primo biennio, dedicato all’ascolto, ora si apre la fase cosiddetta sapienziale, incentrata sul discernimento…

«Il discernimento è azione dello Spirito ed è già un momento decisionale. Per questo la richiesta alle Chiese locali è di fare proposte, che avranno poi diversi livelli: diocesano e nazionale. È un tempo dove alle questioni emerse occorre dare sostanza. Ma lo si dovrà fare insieme, mettendosi in ascolto dello Spirito e di quei criteri che definiscono il discernimento ecclesiale. Le prossime settimane serviranno ai Vescovi e agli organismi della Cei per delineare meglio questa fase».

In conclusione, quali sono, secondo lei, i benefici più grandi dell’approccio sinodale?

«Mi pare ci sia ancora un equivoco di fondo sul tema della sinodalità. Riflettere su essa non è una questione semplicemente metodologica o di strutture. Certamente alcune questioni sono assai rilevanti (pensiamo, ad esempio, al tema della rappresentatività, degli organismi di partecipazione che vivono forse un momento di stallo. Oppure pensiamo alla differenza tra assemblea deliberativa e consultiva). Sono tutti temi che il Sinodo dei Vescovi tratterà. A me, però, sta a cuore ribadire che la questione è innanzi tutto teologica. Il tema della sinodalità è toccare, gustare, vedere il volto della Chiesa, quel “noi” che non smette di essere appassionato del Vangelo, cioè di quella buona notizia che porta l’uomo e la donna dal rischio dell’isolamento ad essere parte di un noi, amato e cercato da Dio. Questo significa avere cura che le differenze siano armonizzate nell’ecclesialità, perché tutti concorrano ad essere mediatori di un incontro con Dio che cerca la sua creatura».

 

 
 
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