Andamento lento. E pochi gol, roba da minimo storico. Ti aspetti uno scatto in avanti, invece il campionato delude le attese. Non un cambio di strada, non un’accelerazione. Guardiamo gli altri e ci tocca un pizzico (se non più) d’invidia. Perché se il gol è il sale del calcio, la minestra della serie A è tra le più insipide della storia.
Il pomeriggio di domenica, la dimostrazione più lampante: 6 partite in programma, ben 5 terminate senza neppure un gol (ben 11 finora gli 0-0, numero record da quanto si assegnano i 3 punti per la vittoria). Roba da spegnere la tv e andare al cinema, in cerca di uno spettacolo che il calcio italiano non pare più in grado di offrire.
Del resto, le cifre parlano chiaro e palesano una differenza sostanziale tra la serie A e gli altri maggiori campionati d’Europa. In nessuno si segna meno, a certi livelli. Il che è pure normale, se da noi il computo dei gol è ai minimi storici da quando la vittoria vale 3 punti. Ogni anni, il totale delle reti scende. Quest’anno a velocità ancora maggiore, rispetto al passato.
I dati, che non mentono mai. Dopo 7 giornate la media è di 2,36 gol a partita, con un netto peggioramento rispetto a un anno fa, quando era superiore ai 2,5. E il paragone con gli altri grandi tornei continentali è impietoso, ancor più che in passato. Perché se la Bundesliga tedesca, la Premier League inglese e la Liga spagnola ci sopravanzavano già da tempo, adesso è arrivato il sorpasso della Ligue 1 francese, famosa da anni per lo scarno numero di gol realizzati.
E’ chiaro che investimenti e campioni cambiano il corso dei campionati: in Francia sono arrivati i petrodollari, che hanno calamitato fior di calciatori (alcuni strappati proprio all’Italia, come l’ex palermitano Pastore e l’ex romanista Menez) e hanno elevato il livello qualitativo del torneo. Quanto i gol, tra i campionati più in vista guida quello tedesco, che fa registrare al momento una media di 2,88 reti a partita, seguito da quello inglese, fermo (si fa per dire) a quota 2,86, davanti proprio al campionato transalpino, che con i suoi 2,66 gol a partita ha scavalcato, oltre alla nostra serie A, pure la Liga spagnola (2,53).
Insomma, tra i vasi di ferro facciamo la figura dei vasi di coccio. Perché minor numero di gol equivale a peggior livello qualitativo, con tanti saluti allo spettacolo. Non un caso, quindi, che si proceda a ritmo lento, come su un’autostrada alle prese coi lavori in corso. Andamento lento, tra grandi in crisi e outsider ancora non pronte al grande salto. L’Inter se ne sta mestamente in zona retrocessione, la Roma non ha ancora digerito appieno la rivoluzione tattica di Luis Enrique, il Milan s’è barcamenato fra alti e bassi, lo stesso Napoli alterna momenti splendidi a clamorose cadute di tono.
Va a finire che la Juve in ricostruzione di Antonio Conte si prende la testa della classifica, in coabitazione con la non più sorprendente Udinese. In testa, senza strafare né meravigliare. Lo dicono i punti, del resto: appena 12 per le due battistrada. Un bottino così scarno dopo 7 giornate di campionato le prime della classe non lo avevano raccolto mai negli ultimi 20 anni. Avanti senza spingere sull’acceleratore. E, soprattutto, senza regalare spettacolo a chi lo aspetta da tempo. Un altro campionato grigio, in attesa che qualcuno metta mano ai colori più vivaci.