Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
lunedì 09 settembre 2024
 
 

Cannes, ai nostri solo le briciole

22/05/2011  Una Palma d'oro un po' scontata a Malick, un giusto riconoscimento ai fratelli Dardenne. Moretti e Sorrentino? Beh...

Conclusione un po' troppo scontata per un 64° Festival di Cannes, che ha avuto il merito di appassionare e dividere critici e spettatori. La Palma d'oro a The tree of life del regista di culto Terrence Malick (naturalmente assente alla cerimonia in omaggio alla sua scontrosa timidezza) ha il sapore di un premio alla carriera per l'artista più colto e originale rimasto sui set dopo la scomparsa di Stanley Kubrick. Resta il fatto che il suo quinto film (soltanto, in 37 anni) non ha convinto tutti: più di un critico l'ha ritenuto inferiore al precedente La sottile linea rossa.       

     Strameritato invece il Grand Prix, vale a dire il secondo alloro del Palmarès, assegnato a Jean-Pierre e Luc Dardenne per Le gamin au vélo. D'altronde, nessuno è mai riuscito a vincere tre Palme d'oro e i fratelli belgi ne avevano a casa già due. La conferma comunque di quanto sia grande il loro cinema. Eccezionalmente, il Grand Prix è stato assegnato ex-aequo anche a C'era una volta in Anatolia del turco Nuri Bilge Ceylan: buon riconoscimento a un film pensoso e coraggioso.       

   

      Kirsten Dunst, era ora!

     Applausi convinti, poi, per i premi assegnati al miglior attore e alla migliore attrice di tutta la rassegna. Il primo è andato, a furor di popolo, al francese Jean Dujardin protagonista del film muto e in bianco e nero The artist: un vero pezzo di bravura la sua capacità espressiva. Mentre probabilmente non sperava di vincere l'americana Kirsten Dunst, dopo le sgradevoli polemiche antisemite sollevate dal regista Lars von Trier: invece l'ha meritato, perché la sua intensa interpretazione è quella che tiene in piedi tutta la tensione dell'apocalittico Melancholia. E' il primo vero alloro per questa attrice giovane ma già dal notevole curriculum, avendo calcato il set da quando aveva quattro anni. Era ora, insomma.       

     Dei premi minori, va segnalato quello per la regìa assegnato al danese Nicolas Winding Refn per Drive, film scatenato su uno stuntman che la notte arrotonda facendo il pilota per la mafia e finisce per infilarsi in una corsa folle per la vita. Adrenalina e riprese davvero mozzafiato.       

     Il resto del Palmarès ha il sapore del solito contentino. E' il caso del Prix du Jury (ossia la medaglia di bronzo) assegnato a Polisse, film sulle vicende  umane dei poliziotti della brigada che protegge i minori dagli abusi: una pellicola con taglio un po' troppo da telefilm. Insopportabile, poi, la regista Maiwenn con la sua emozione esibita a lungo sul palco.        Non si può essere d'accordo su tutti i premi. Ma una giuria deve scegliere, come ha ricordato l'affascinante madrina del gala Mélanie Laurent. Queste sono le scelte volute da Robert De Niro. Se gli italiani poi sono rimasti a bocca asciutta, malgrado gli applausi che hanno raccolto Habemus Papam di Nanni Moretti e This must be the place di  Paolo Sorrentino la speranza è che a premiarli sia il pubblico delle sale.

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo