Papa Francesco li canonizza insieme: Paolo VI, monsignor Romero, due suore, due sacerdoti e un laico. Specchio di una Chiesa collegiale dove Papi, vescovi, religiosi e laici mettono a frutto il proprio battesimo. Uniti, tutti questi santi, dall’aver speso la propria vita a servizio degli altri, con la «gioia di seguire Gesù totalmente», uniti perché, «in diversi contesti, hanno tradotto con la vita la Parola di oggi, senza tiepidezza, senza calcoli, con l’ardore di rischiare e di lasciare». Papa Francesco, a metà del cammino del Sinodo sui giovani pone, come esempio da seguire, sulla via della santità cui tutti siamo chiamati, «non alle mezze misure, ma alla santità», ribadisce Bergoglio nella sua omelia, persone che hanno «speso la vita per il Vangelo». E che l’hanno fatto con gioia. Non è un caso che papa Francesco sottolinei proprio questa parola parlando di un santo – Paolo VI – che in tanti definivano «un Papa mesto». E invece Francesco ricorda, citando l’esortazione di Montini Gaudete in Domino, che «è nel cuore delle loro angosce che i nostri contemporanei hanno bisogno di conoscere la gioia, di sentire il suo canto». Questa è la cartina di tornasole per chi è sulla strada della salvezza. Papa Francesco spiega la parabola del giovane ricco, che aveva seguito tutti i precetti per avere la vita eterna. Ma Gesù lo spiazza, gli fa cambiare prospettiva: «dai precetti osservati per ottenere ricompense all’amore gratuito e totale. Gli chiede di passare dall’osservanza delle leggi al dono di sé, dal fare per sé all’essere con Lui. E gli fa una proposta di vita “tagliente”: “Vendi quello che hai e dallo ai poveri […] e vieni! Seguimi!”».
Francesco sembra rispondere alle polemiche che stanno accompagnando il suo Pontificato – e che furono forti anche negli anni del Concilio di cui Montini «è stato il sapiente timoniere» - quando ricorda che «senza un salto in avanti nell’amore la nostra vita e la nostra Chiesa si ammalano di “autocompiacimento egocentrico”: si cerca la gioia in qualche piacere passeggero, ci si rinchiude nel chiacchiericcio sterile, ci si adagia nella monotonia di una vita cristiana senza slancio, dove un po’ di narcisismo copre la tristezza di rimanere incompiuti. Fu così per quel tale, che – dice il Vangelo – “se ne andò rattristato”. Si era ancorato ai precetti e ai suoi molti beni, non aveva dato il cuore. E, pur avendo incontrato Gesù e ricevuto il suo sguardo d’amore, se ne andò via triste. La tristezza è la prova dell’amore incompiuto. È il segno di un cuore tiepido. Invece, un cuore alleggerito di beni, che libero ama il Signore, diffonde sempre la gioia, quella gioia di cui oggi c’è grande bisogno».
E, infine, citando monsignor Romero, «che ha lasciato le sicurezze del mondo, persino la propria incolumità, per dare la vita secondo il Vangelo, vicino ai poveri e alla sua gente, col cuore calamitato da Gesù e dai fratelli», Francesco Spinelli, Vincenzo Romano, Maria Caterina Kasper, Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù e «il nostro ragazzo napoletano Nunzio Sulprizio, un santo giovane, umile, che ha saputo incontrare Gesù nel silenzio, nella sofferenza e nell'offerta di se stesso», papa Francesco ricorda la testimonianza di Paolo VI «profeta di una Chiesa estroversa che guarda ai lontani e si prende cura dei poveri. Paolo VI, anche nella fatica e in mezzo alle incomprensioni, ha testimoniato in modo appassionato la bellezza e la gioia di seguire Gesù totalmente».