Raffaele Cantone ha cinquant’anni. Napoletano di nascita, cresciuto a Giuliano, è in magistratura dal 1991. Ha lavorato come sostituto procuratore alla Procura presso il Tribunale di Napoli, Direzione distrettuale antimafia.
L’inchiesta, nota alle cronache con il nome di Spartacus, e le condanne chieste e ottenute per i principali esponenti del clan dei Casalesi, hanno fatto di lui uno dei simboli del contrasto alla camorra: un lavoro che ha mantenuto sul campo fino al 2007, per poi passare in Corte di Cassazione all’Ufficio del Massimario.
Si sa che da qualche mese aveva avanzato al Consiglio superiore della Magistratura la richiesta di tornare in Procura presso il neoistituito tribunale Napoli Nord, segno che non considera tempo di dismettere la vita blindata che conduce da quasi sempre: un desiderio che l’annuncio dell'incarico al vertice della Autorità Nazionale anticorruzione ha necessariamente rimandato.
Al nome di Raffaele Cantone sono legate anche parecchie opere divulgative in materia di giustizia e qualche editoriale sul Mattino di Napoli, che denotano capacità di avvicinare il sapere tecnico al linguaggio dei comuni mortali: un’abilità che potrebbe rivelarsi utile nel ruolo che andrà a ricoprire, in cui avrà a che fare con persone che non sempre masticano tutte le competenze tecniche. Come pure non guasterà la capacità, maturata tra Procura e Massimario, di stanare le “trappole” che un testo di legge mal scritto può nascondere. Molta dell’efficacia del suo lavoro dipenderà oltreché dalle competenze sue, che indubbiamente ci sono, dalle condizioni in cui potrà operare e soprattutto dalla volontà politica di chi ha in mano il potere legislativo di incidere davvero sulla piaga della corruzione.
Non resta che sperare, per tutti noi, che quella volontà ci sia. Diversamente – ma sarebbe meglio di no - dovremo augurarci che la competenza di Cantone torni davvero in Procura. Per non sprecarla.