«Sono lieto di quello che ho sentito, molto lieto”. Così papa Francesco ha commentato i saluti che gli hanno rivolto don Vinicio Albanesi e don Franco Monterubbianesi, rispettivamente presidente e fondatore della Comunità di Capodarco, in occasione dell’udienza riservata alla Comunità questa mattina in Aula Paolo VI. Il pontefice si è fatto attendere fino alle 12.23, accolto da un fragoroso applauso dei circa 3 mila partecipanti.
«Accogliamo da sempre persone con disabilità sia fisica che mentale (anche gravi e gravissimi), adolescenti difficili, madri sole con figli, persone con malattia psichiatrica, rifugiati, ragazzi tossicodipendenti. La nostra nascita è dovuta ai viaggi a Loreto e a Lourdes, per dare continuità alla vita e ai sogni di molte persone allora chiuse in strutture senza speranza», ha ricordato don Albanesi al Papa, menzionando le 14 realtà sparse in tutta Italia e «i rifugiati accolti nel nostro Seminario di Fermo: lo abbiamo fatto prima ancora che Lei lo chiedesse».
A Bergoglio il sacerdote marchigiano ha domandato, «con calma, quando avrà tempo», un documento «sulla dignità della persona, immagine di Dio. Abbiamo sofferto molto in questi anni il disprezzo, lo scarto, la lontananza. Una ragazza poliomielitica un giorno mi ha detto: “Non sai cosa significa non essere mai desiderata da nessuno”. E quando ho visto un bambino che non parlava, non sentiva e non mangiava, placandosi solo in braccio a sua madre, ho promesso che avesse lo stesso trattamento che avremmo riservato al Papa. Lei sa queste cose perché le ha vissute e le sa dire».
Don Vinicio ha chiesto anche una «commissione che rifletta nel dettaglio sullo scandalo insopportabile della disparità tra l’1% della popolazione che possiede le stesse risorse economiche del restante 99% della popolazione». Infine, come «giurista di periferia», don Albanesi si schiera per il diaconato femminile e ha regalato a Francesco un volume che motiva questa posizione, «sperando che possa leggere almeno l’indice, dato tutto quello che ha da fare. Noi le vogliamo bene, tutti vogliono toccarla; lei sia paziente, lo so che è una fatica».
Il Santo Padre ha esordito dicendo: «Con voi ringrazio il Signore per il bene compiuto in questi anni». E ha osservato: «La discriminazione in base all’efficienza non è meno deplorevole a quella compiuta in base al censo, alla razza o alla religione. In questi decenni la vostra Comunità si è messa in ascolto attento e amoroso della vita delle persone. Questo vostro approccio supera l’atteggiamento pietistico e assistenzialistico, per favorire il protagonismo della persona con difficoltà. Incoraggio a proseguire in questa strada». Poi ha rimarcato: «Voglio ancora ringraziare per la testimonianza che date alla società, a partire dagli ultimi, dai più svantaggiati. Voi lavorate per l’inclusione con generosità e competenza, con l’aiuto di famiglie e volontari. Accogliendo tutti questi piccoli voi riconoscete in loro dei testimoni della tenerezza di Dio dai quali abbiamo molto da imparare e che hanno un posto privilegiato anche nella Chiesa».
Infine il Papa ha invitato a braccio a «pregare nostra Madre, che dà forza alle mamme, alle nonne, a tutti noi che lavoriamo». Dopo la recita dell’Ave Maria, ha impartito la benedizione e ha salutato i presuli che hanno accompagnato i partecipanti: dall’arcivescovo di Fermo Luigi Conti a monsignor Vincenzo Apicella, vescovo di Velletri; da monsignor Domenico Sigalini, vescovo di Palestrina, a monsignor Calogero Peri, frate cappuccino, vescovo di Caltagirone.