Tra il Parlamento che lunedì scorso alla Camera ha iniziato (e subito rinviato, per fortuna) la discussione del disegno di legge sulla legalizzazione della cannabis e quello che giovedì nell’aula del Senato ha cominciato invece l’esame del ddl contro il caporalato in agricoltura preferiamo di gran lunga quest’ultimo. Perché il caporalato in Italia non è (ancora) un reato ed è una piaga di cui ci si ricorda solo d’estate quando lo sfruttamento raggiunge il suo apice soprattutto nella raccolta di frutta e verdura e spesso si contano le vittime. L'ultima, l'anno scorso, è stata Paola Clemente: 49 anni, 3 figli, morta di fatica mentre raccoglieva uva, a due euro l'ora, sotto il sole rovente della Puglia.
Rispetto al testo presentato dal governo, la novità principale del ddl, licenziato settimana scorsa dalla Commissione Agricoltura di Palazzo Madama, riguarda l'introduzione del nuovo reato di caporalato modificando l'attuale art. 603 e definendolo anche una responsabilità per le imprese che impiegano manod'opera in condizioni di sfruttamento. In particolare, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque recluta manodopera per destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori e chi utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di caporali, sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Cosa si intenda per sfruttamento è lo stesso nuovo articolo del codice penale a spiegarlo: «La reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative degradanti».
I sindacati hanno fatto pressing perché il ddl venga approvato prima della pausa estiva e sia in vigore già per la raccolta dell’uva del prossimo autunno. Anche il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina ha auspicato un iter veloce: «Abbiamo bisogno degli strumenti del provvedimento per rafforzare» , ha detto, «la tutela dei lavoratori, per impedire lo sfruttamento ed estirpare questa piaga inaccettabile. Chi sfrutta deve pagare, perché sulla dignità delle persone non è consentito fare margini economici».
I numeri dell'emergenza
I numeri dello sfruttamento, d’altra parte, non consentono tempi lunghi. Secondo i dati Istat, l’agricoltura è tra i settori con il più alto tasso di lavoro irregolare. Stando al report più recente dell’Istituto di statistica, nel caso dei lavoratori dipendenti, la percentuale di sommerso è pari al 43%. In realtà, tra campi e frutteti, ci sono 430mila persone che lavorano spesso con orari allucinanti e tutele inesistenti. Stando al terzo rapporto “Agromafie e caporalato” realizzato dall’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai-Cgil e presentato a maggio, rispetto ad appena due anni fa conta su un numero di vittime aumentato tra le 30 e le 50mila unità. Per le organizzazioni mafiose e criminali il business per tutta la filiera agroalimentare è stimata tra i 14 e i 17 miliardi. Mediamente, il salario di questi lavoratori è la metà della retribuzione prevista dai contratti di settore e si attesta tra i 25-30 euro al giorno, per 10-12 ore di lavoro. Circa 2 euro all'ora. Per un totale di 420 milioni di evasione contributiva stimata.
I controlli non mancano, anzi. Le ispezioni sono cresciute del 59 per cento nell’ultimo anno. E i dati forniti dal ministero del Lavoro sugli interventi ispettivi del 2015 nel comparto agricolo sono piuttosto eloquenti. Le 8.662 ispezioni effettuate nelle imprese hanno fatto registrare un tasso incredibile di irregolarità pari al 56 per cento. Oltre 8,8 mila le aziende ispezionate in cui sono stati trovati 6.153 lavoratori irregolari, di cui 3.629 totalmente in nero. Sono 713, invece, i fenomeni di caporalato registrati dalle autorità ispettive. Sempre secondo il rapporto Flai-Cgil solo in Europa sono 880mila lavoratori e lavoratrici di ogni nazionalità costretti al lavoro forzato anche a causa delle normative europee (e mondiali) che hanno liberalizzato il mercato del lavoro con un conseguente abbassamento del controllo di legalità.
Un momento del presidio di Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil in piazza del Pantheon a Roma il 19 luglio scorso per chiedere l'approvazione della legge che introduce il reato di caporalato
I progetti per contrastare il fenomeno
Non mancano i progetti per controlli più stringenti soprattutto in questo
periodo estivo. Proprio qualche settimana fa il ministero del Lavoro,
quello della Difesa e dell'Agricoltura insieme all'Ispettorato nazionale del
lavoro hanno siglato un protocollo di intesa per assicurare una
vigilanza "interforze" nel settore agricolo soprattutto in alcune
province particolarmente a rischio, fra cui Latina, Grosseto, Foggia, Taranto,
Bari e Salerno. I controlli potranno essere in seguito estesi a tutto il
territorio nazionale.
Martedì scorso è stato presentato a Taranto con
il ministro del Lavoro Poletti, il progetto per il contrasto al
caporalato realizzato dal Movimento cristiano lavoratori e intitolato
"Alla luce del sole". Il progetto prevede interventi che,
inizialmente, riguarderanno alcune regioni pilota (Puglia, Campania,
Calabria), per poi estendersi, successivamente, all’intero territorio
nazionale. Due saranno le direttrici prioritarie su cui si muoverà l’azione del
Movimento, che si avvarrà anche del supporto dell’Associazione Lavoratori
Stranieri e della Feder.Agri: una capillare azione di informazione ai
lavoratori e l’elaborazione di buone prassi, anche
attraverso la sensibilizzazione della popolazione e delle forze datoriali.
Verranno inoltre attivati sportelli sul territorio che avranno
un compito fondamentale nel potenziare le attività di tutela e di informazione
ai lavoratori per la realizzazione di una campagna informativa e di
sensibilizzazione generale.