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domenica 01 dicembre 2024
 
 

Caporalato, il Piemonte si dà una legge per combatterlo

12/06/2016  L'odioso fenomeno, cioè lo sfruttamento dei lavoratori agricoli stagionali, esiste da Nord a Sud. Il quadro è drammatico e sommerso: braccianti, spesso stranieri, vengono ricattati e privati di ogni diritto, costretti a orari impossibili e a condizioni di vita disumane. In Piemonte, però, qualcosa sta cambiando…

Si chiamava Ioan Puscasu, era romeno, aveva 46 anni e faceva il bracciante agricolo: 4,50 Euro l'ora per piantare pomodori, peperoni e fagiolini a Carmagnola (Torino). È morto l'estate scorsa, stroncato da un infarto, mentre lavorava nel caldo soffocante di una serra, in nero e senza alcuna tutela.

L'odioso fenomeno del caporalato, cioè lo sfruttamento dei lavoratori agricoli stagionali, esiste da Nord a Sud, seppur in proporzioni e con modalità diverse. Il quadro è drammatico e sommerso: braccianti, spesso stranieri, vengono ricattati e privati di ogni diritto, costretti a orari impossibili e a condizioni di vita disumane.

In Piemonte, però, qualcosa sta cambiando. L'8 giugno, il Consiglio Regionale, attraverso la terza Commissione, ha reso legge le “Disposizioni per la sistemazione temporanea dei salariati agricoli stagionali nelle aziende agricole piemontesi”.

Il primo articolo chiarisce gli obiettivi della norma: «Ai fini del supporto all'attività lavorativa stagionale in agricoltura, nonché per prevenire lo sfruttamento ed il fenomeno del caporalato, è data facoltà agli imprenditori agricoli professionali di accogliere temporaneamente salariati agricoli stagionali nei periodi di raccolta della frutta e di attività correlate alla coltivazione». C'è chi, come i consiglieri del Movimento 5 Stelle, avrebbe preferito parlare di contrasto e non di prevenzione, poiché «il fenomeno è purtroppo già presente in Piemonte».

La legge si rivolge principalmente agli imprenditori e punta a migliorare le condizioni del lavoro stagionale, attraverso vari strumenti. Sono previsti appositi spazi per la sistemazione dei lavoratori (fino a 200 quadri per superfici non residenziali strumentali all'azienda da destinare ad alloggi temporanei, sempre 200 metri quadri per i prefabbricati, 2.000 metri quadri per la costruzione di tende). E, in casi di interventi concordati tra Regione ed amministrazioni locali, viene stanziato anche un contributo, fino a un massimo di 25 mila euro, per realizzare le strutture che ospiteranno i lavoratori.

In Piemonte il fenomeno degli accampamenti stagionali riguarda essenzialmente l'area di Saluzzo  per la raccolta della frutta (tra le 300 e le 400 persone), quella di Canelli per la vendemmia del Moscato (circa 250 persone) e la zona intorno ad Alessandria per la raccolta degli ortaggi. Diverse voci in questi anni si sono alzate a difesa dei braccianti e la legge è anche il risultato di uno sforzo corale che ha coinvolto istituzioni, sindacati (molto si è spesa la Flai-Cgil) e mondo del volontariato.

Tra le realtà in prima linea c'è il Piam (Progetto Integrazione e Accoglienza Migranti), una onlus astigiana che da anni lavora a fianco di chi non ha voce. «A Canelli», spiega il presidente, Alberto Mossino, «in questi anni abbiamo riscontrato situazioni di fatto assimilabili al caporalato. Il problema è che i datori di lavoro delegano la gestione dei braccianti a cooperative, non tutte trasparenti. Di alcune non conosciamo neppure la sede e nei casi più gravi queste sono lo schermo per attività illecite. Sappiamo di intermediari, attivi tra Nord e Sud Italia, che sono veri e propri “professionisti” dello sfruttamento bracciantile».

I lavoratori, che ogni anno nel periodo della vendemmia raggiungono Canelli in pullman, arrivano soprattutto da Bulgaria, Romania, Macedonia e altri Paesi dell'est Europa. Di solito guadagnano intorno ai 5 euro l'ora, «ma spesso chi prepara i contratti dichiara molte meno giornate di lavoro rispetto a quelle effettivamente svolte. Il resto viene pagato in nero. Servirebbe una sorveglianza sulle buste paga». Dal canto loro i produttori vinicoli lamentano un'eccessiva tassazione sul lavoro, che renderebbe impossibile mettere tutti in regola. Un quadro molto complesso, dunque, nel quale non è semplice trovare un punto di equilibrio.

Quanto alle condizioni degli accampamenti stagionali «qui a Canelli restano in piedi per non più di un mese all'anno, il tempo della vendemmia», spiega ancora Mossino, «e questo evita che la situazione si incancrenisca». Ma ci sono comunque casi limite e problemi igienico-sanitari. Anche in questi casi, di solito è il mondo del volontariato ad attivarsi per primo. Da anni la Caritas di Asti mette a disposizione alcuni appartamenti per accogliere 20, 25 lavoratori.

Secondo il presidente del Piam, il fatto che il Piemonte si sia dotato di uno strumento normativo contro lo sfruttamento «è senza dubbio un buon segnale». E se ci saranno i tempi tecnici per l'applicazione «la stagione ormai alle porte sarà il banco di prova. Bisognerà però evitare che il mondo del non profit venga lasciato da solo nella gestione degli interventi. Serve anche un impegno da parte delle organizzazioni di imprenditori agricoli».

 
 
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