La devozione alla più nota e popolare preghiera mariana, tanto cara al popolo siciliano, è al centro del restauro della cappella dedicata alla Vergine del Rosario e che oggi, dopo peripezie e spostamenti dovuti al terremoti e alluvioni, si può ammirare nella chiesa madre dei santi Filippo e Giacomo a Naso, in provincia di Messina. La cappella, fondata nel 1615 nella chiesa di san Pietro, distrutta nel 1874, trasferita e ricostruita nel 1934 in uno spazio laterale del Duomo di Naso, si chiama anche semplicemente “dei marmi” per la profusione di materiali lapidei dai mille colori con cui vengono intarsiati temi biblici e soggetti tratti dal mondo vegetale e animale. Dopo la ripulitura dei marmi ed il restauro del quadro della Madonna del Rosario,
è stato pubblicato, dall'Arcipretura di Naso e con il contributo del Comune, il
testo La cappella del Rosario: la ri-trovata identità della persona: gli autori
don Pio Sirna e Giovanna Calcerano hanno contribuito a svelare il mistero celato
dai simboli presenti nella cappella.
Le pareti della cappella, come pagine di un’enciclopedia illustrata – un erbario o un bestiario medievale – in un tripudio di marmi policromi fanno di questo ambiente sacro un vero e proprio scrigno ricco di simboli da leggere e interpretare. Il suggestivo percorso ha come meta il quadro della parete di fondo, davanti all’altare, con l’effige della Madonna del Rosario che salvò la cristianità dai turchi musulmani durante la battaglia di Lepanto. Il quadro sacro è circondato dagli episodi che illustrano i 15 Misteri del Rosario. Sarà un Papa domenicano, san Pio V, a istituire la memoria liturgica della Beata Vergine Maria della Vittoria per ricordare quella data, il 7 ottobre del 1571.
Ai lati del trono e circondati da una folla di fedeli, i santi Domenico e Caterina accolgono il Rosario dalle mani di Maria. Lo stesso strumento di preghiera pende dalle zampe della Colomba posta in alto, sul soffitto, al centro della cappella. La pietra rossa circonda il nido dello Spirito Santo che arde nel fuoco che scende sugli apostoli e su tutti noi in una nuova Pentecoste. Nelle nicchie sulle pareti a destra e a sinistra sei sculture a tutto tondo dei santi domenicani Margherita d’Ungheria, Domenico di Guzman, Rosa da Lima, da un lato, Caterina da Siena, Vincenzo Ferrer e Maddalena Panettieri dall’altro.
Si può istituire un confronto autorevole e interessante tra questa
cappella e quella del Roano che si trova nel Duomo di Monreale,
capolavoro assoluto del barocco siciliano, anche qui caratterizzato
dall’uso dei marmi cosiddetti “mischi”. Qui si toccano i vertici della
magnificenza artistica e del sentimento religioso tipico del Seicento,
dove stupore e meraviglia si fondono con la cultura siciliana,
meticciata con elementi arabi, orientali e persino africani. Ma,
rispetto alla cappella Roano del duomo di Monreale, qui nella cappella
del Rosario di Naso tutto avviene nel segno di una maggiore sobrietà.
Entriamo dunque con i nostri sensi spirituali in questo percorso in cui
interagiscono forme del mondo vegetale e animale, che hanno segnato la
storia delle religioni, delle culture e delle civiltà: simboli sumeri,
babilonesi, egizi, romani, dell’ebraismo e del cristianesimo, immagini
giunte fino a noi attraverso la grande filiera di quello spirito
religioso che è presente in tutte le fedi e a tutte le latitudini.
Tra i
simboli intarsiati nel marmo troviamo la conchiglia, la melagrana, la
pigna, il labirinto, la croce, la stella a otto punte. Tra gli animali
il corvo del diluvio, il pellicano simbolo dell’amore che si sacrifica,
il leone, la fenice e il pavone che, anziché fare la ruota (simbolo
negativo di vanità), esprime la fiducia nella vita eterna e nella
resurrezione. Poi il serpente, immagine dal duplice significato di morte
e di guarigione, oltre ad altri ambigui animali che lottano contro il
proprio istinto. I fiori poi indicano un percorso spirituale: ecco il
fiore a otto petali che nasce da una serie di vasche di fontana
sovrapposte; ecco le quattro stagioni della vita dell’uomo che portano
al vertice della quinta stagione, quella dopo la morte.
Il simbolo della
fontana acquista una valenza teologica, ma anche materiale: le quattro
vasche rappresentano infatti le quattro ere geologiche così che i marmi
diventano la strada attraverso cui il mondo e l’umanità che lo abita,
attraverso l’evolversi magmatico delle rocce, cammina verso una nuova
pienezza.
Il frutto del melograno tra le mani di Cristo rappresenta la pienezza
della vita ed è contrapposto al frutto dell’albero della vita che portò
alla morte Adamo ed Eva, così come l’albero della croce porta la
salvezza attraverso il sì di Maria, il cui simbolo per eccellenza è la
rosa, fiore mistico e simbolo di saggezza già presso i romani.
Intorno
alla rosa si aprono foglie di quercia e di faggio che rievocano la
mitologia greca così sentita e viva in terra di Sicilia. Un roseto senza
spine fiorisce marmoreo intorno alla Regina, al “fiore dei fiori”, alla
nuova Eva – Maria – che coltiva questo roseto là dove Eva aveva
coltivato quel roseto di spine che rappresenta il peccato, nel cui
groviglio era rimasta prigioniera, uncinata dal peccato, l’umanità
intera. Ancora piante da bulbo come il giglio ricordano la stella di
Salomone e il narciso il fiore del Cantico dei cantici. Le rose blu
ricordano il colore del manto celeste di Maria. Blu sono anche le oscure
porte dove si riflette Narciso. Blu è la tunica di Cristo che ricorda
il colore della natura umana. Blu è anche il colore della rigenerazione
biopsichica.
E se è vero, come le moderne scienze suggeriscono, che si
può guarire anche attraverso i colori, in questo tripudio di materia e
grazia vive una nuova creazione. Ogni frammento marmoreo, ogni molecola,
ogni pigmento trova il suo posto nell’insieme della cappella come note
diverse trovano unità in un unico spartito musicale. E il segreto del
luogo è forse in questa musica silenziosa e celeste che nasce dalle
forme e dai colori.
Il tema teologico fondamentale di tutta la cappella è la caduta e la
redenzione, dentro e fuori di noi. Il volatile bianco che la domina
esprime questo percorso cristologico e mariano, un percorso spirituale
da fare invidia ai moderni cultori della new age e che ci fa capire come
davvero Cristo-Dio, con la sua incarnazione, morte e resurrezione,
abbia nascosto nella terra, nelle pietre e nei colori, un seme di
immortalità affidato alle mani degli artisti che, attraverso la
bellezza, ci riportano a Maria, Madre di tutti e salvezza dell’intero
genere umano.