Sono cominciati i primi trasferimenti al Cara di Mineo, il centro richiedenti asilo più grande d’Europa, per effetto del Decreto Sicurezza. A lasciare il centro in pullman destinati verso strutture d’accoglienza straordinaria tra Trapani, Siracusa e Ragusa sono stati 50 titolari di permesso umanitario, adulti, senza figli che vivevano al Cara da ormai diversi anni. I trasferimenti proseguiranno a intervalli di 10 giorni in gruppi di 50 persone, il 17 e il 27 febbraio, portando pian piano al definitivo smantellamento del centro che al momento ospita 1244 persone.
Già a dicembre, la Prefettura di Catania aveva diramato una lista di 89 persone che avrebbero dovuto lasciare il centro, tra cui nuclei familiari e minori. Ma dopo gli sgomberi dal Cara di Capo Rizzuto e per via dell’impegno delle associazioni presenti sul territorio siciliano e della netta presa di posizione del vescovo di Caltagirone, monsignore Calogero Peri, si era arrivati a una temporanea sospensione dei trasferimenti che adesso riprenderanno, si spera, in piena sinergia con le strutture disposte ad accogliere.
Voluto nel 2011 dall’allora ministro dell’Interno, Roberto Maroni, il Cara di Mineo è stato in passato al centro di inchieste giudiziarie legate agli scandali di Mafia-Capitale. Da anni diverse associazioni si sono battute per la chiusura della struttura, dove gli ospiti - a causa delle lungaggini burocratiche - sono restati anche per tre, quattro anni in attesa di aver esaminato il loro status di rifugiato da parte delle commissioni territoriali.
Dopo gli scandali di Mafia Capitale, il Cara di Mineo ha avuto una rinascita, grazie al lavoro del commissario prefettizio, l’ingegnere Giuseppe Di Natale che ha riorganizzato il Cara, permettendo agli ospiti di usufruire di diversi servizi, tra cui la messa celebrata ogni domenica in un container della struttura, riuscendo così a rispondere alle esigenze di tanti migranti di fede cattolica.
Alla fine del 2018, una nuova gestione si è trovata a fronteggiare i tagli al settore dell’accoglienza previsti dall’attuale governo, a perdere il posto sono stati oltre 170 operatori, mentre sono stati tagliati servizi essenziali: dal punto mamma ai pannolini per i più piccoli.