Le tapparelle calate fino al bordo in marmo dei davanzali. Il bianco sbiadito, sporco delle finestre chiuse. I balconi serrati. Sembrano quasi palazzi fantasma, quelli del primo blocco del Parco Verde di Caivano, l'agglomerato di case popolari in provincia di Napoli. E' questa l'immagine che ha accolto la visita ufficiale della premier Giorgia Meloni a pochi giorni dallo stupro delle due cuginette da parte di un 'branco'. Un rione spento, che quasi con un senso misto di vergogna e rassegnazione sembra aver voluto rispondere così alla presenza dello Stato. Una parola, lo Stato, che troppe volte è stata ascoltata da chi vive in quei posti. Poche volte è stata percepita. Abbandonato il corteo di auto blu, i primi passi la presidente del Consiglio li ha fatti per raggiungere la Chiesa di San Paolo Apostolo. La premier, entrata con l’auto fin dentro il cortile della chiesa è stata accolta da un coro di persone che la acclamavano. Pochi minuti prima, invece, urla di contestazione, rabbia e qualche insulto hanno coperto il suono dei clic delle macchine fotografiche dei reporter assiepati oltre i cordoni di sicurezza.
Anche questo è il Parco Verde di Caivano, terra di contrasti, di sentimenti che alternano dolore, vergogna ma anche speranza. Sulla soglia della chiesa ad attenderla il parroco don Maurizio Patriciello e il vescovo di Aversa, monsignor Angelo Spinillo oltre al prefetto di Napoli, Claudio Palomba. L’ incontro è durato quaranta minuti. Tappa successiva l’istituto scolastico Francesco Morano per presiedere una riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. Qui Giorgia Meloni è arrivata accompagnata dai ministri Piantedosi, Abodi e Valditara e dal sottosegretario Mantovano. «Siamo qui per manifestare la solidarietà a vittime innocenti» ma anche per manifestare la «presenza seria, autorevole, costante dello Stato che in territori come questo non sono stati sufficientemente percepiti e forse non sufficientemente presenti» ha detto la premier in un punto stampa organizzato alla fine della riunione del Comitato. Ecco che ritorna la parola Stato, ancora una volta come promessa si spera presto plasticamente visibile in risorse, strumenti. «Guardate, qui manca tutto. Qui non arrivano nemmeno gli autobus» urla una donna. La voce è così alta che sembra graffiarle la gola. Le parole escono fuori con rabbia e forza come mani tese a cercare aiuto. «Questo territorio, che è una zona franca, sarà radicalmente bonificato. Presto vedrete i frutti di questa azione» ha detto la premier. «Partendo da questo territorio che oggi è conosciuto per le sue problematiche - ha aggiunto - l’obitivo è che domani sia un modello: da problema a esempio con la collaborazione di tutte le istituzioni. Le direttrici della nostra azione si basano sulla fermezza dello Stato contro la criminalità, la droga».
La parola Stato torna ancora nei discorsi, ma la paura di un ennesimo fallimento degli sforzi e delle azioni portate avanti già negli anni scorsi è forte. «Ma se lo Stato ha fallito per un decennio e più, chi è come ci assicura che non riaccadrà?» si chiedono gli abitanti del Parco Verde. Scuole di pomeriggio, biblioteche, centro sportivo sono elementi di rinascita. Ma in un territorio dove c'è stato un tasso d'accoglimento del 72% delle domande di reddito di cittadinanza qual è la priorità è chiaro. È il lavoro, sono i soldi che mancano. Spiegava qualche anno fa la preside Eugenia Carfora, punto di riferimento di quella scuola di frontiera che assieme ai parroci è in prima linea contro il degrado, che certi genitori a Caivano mandavano i figli a scuola solo per un motivo: assicurargli almeno un pasto, quello della mensa. È la fame che rende tutto sporco, speculativo, infame e pericoloso. È grazie alla fame che i clan del Parco Verde si sono assicurati per anni una cieca obbedienza degli affiliati. Per un giorno la periferia di Caivano non è stata solo una piazza di spaccio, questo il primo tangibile segno di presenza dello Stato. La folla raccolta sui marciapiedi del primo blocco delle case popolari scompare poco dopo pranzo. Le tapparelle dei balconi si alzano e i bambini scendono in strada per giocare.
Luca arriva ai campetti realizzati nel 2010 da Fondazione con il Sud in bicicletta. Ha 8 anni, è biondo ha gli occhi chiari, indossa la maglietta con lo scudetto del Napoli e ha il pallone sotto il braccio. Si guarda intorno per vedere se ci sono ancora poliziotti e quelle auto blu così pulite che sembravano luccicare sotto il sole: «Ma poi tornano? Quando ritornano?» si chiede. È in questa domanda pronunciata da un ragazzino che torna in mente la parola Stato. Che vive il desiderio, la speranza di normalità.