Sopra, in alto e in copertina: alcune immagini del carcere romano di Regina Coeli. Foto Ansa.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il cardinale Gianfranco Ravasi, l’imam Sami Salem e Mario Marazziti, presidente della Commissione Affari Sociali della Camera, varcano insieme il portone del carcere di Regina Coeli in via della Lungara, attraversano i corridoi interni del penitenziario, passano sotto la grande cupola della rotonda centrale, discutono per due ore di pena e speranza davanti a ospiti, detenuti, agenti di polizia penitenziaria. “Pena e speranza” è una occasione di dialogo e incontro con i detenuti al termine del Giubileo della misericordia. Un momento di riflessione e anche di festa con i detenuti che fa seguito a quello svolto il 16 dicembre alla Camera dei deputati, per le iniziative del “Cortile dei Gentili”.“Il titolo dell’incontro”, spiega Marazziti, “significa che anche il tempo della pena deve contenere la speranza, per i singoli detenuti e per i loro cari”.
Il ministro Orlando parte da una constatazione: “In questi ultimi anni c’è stato un forte utilizzo della paura come strumento della creazione del consenso e questo ha allargato il fossato tra il carcere e la società”. Orlando mette in discussione gli automatismi del sistema dei benefici a favore dei detenuti, che non tengono conto dell’effettivo comportamento del detenuto durante la pena. “I detenuti”, spiega il ministro, “costano molto allo Stato, circa 3 miliardi di euro, eppure abbiamo un tasso di recidiva tra i più alti d’Europa. Il carcere deve cambiare, perché se è solo un intervallo fra un’attività criminale e un’altra, non produce più sicurezza”. Da qui, secondo il ministro , l’urgenza di arrivare all’approvazione della legge sulla riforma penale. “Farò tutto il possibile per far approvare la riforma e questa spinta nasce anche dall’aver conosciuto le vostre condizioni, che sono da cambiare”, conclude il ministro rivolto al gruppo di detenuti, italiani e stranieri, presenti all’incontro.
Da sinistra: il cardinale Gianfranco Ravasi e Mario Marazziti, presidente della Commissione Affari Sociali della Camera.
I detenuti applaudono e gli regalano un quadro, che raffigura una veduta di Roma. Le parole del ministro colpiscono il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontifcio Consiglio della Cultura. “Avete un ministro che sta dalla vostra parte”, dice Ravasi ai detenuti, aggiungendo con un sorriso che la sua non è propaganda politica, “dal momento che appartengo a un altro Stato”. Ravasi racconta di aver parlato pochi giorni fa con il Papa di questa sua visita in carcere e aggiunge che papa Francesco “è la persona che ha manifestato più di tutti la vicinanza e l’affetto ai carcerati. Perciò vi porto qui un po’ della sua presenza”. Ravasi, più volte invitato a tenere lezioni in carcere, assicura: “In tutta la mia vita di professore non ho mai trovato alunni così straordinari come quelli incontrati in carcere”.
In conclusione il cardinale dice: “La preghiera può aiutare a vivere in questo contesto con un respiro differente”. Sami Salem, imam della moschea della Magliana, a Roma, frequenta il carcere da 18 anni come mediatore culturale, perché ancora non esiste un luogo di culto per i musulmani detenuti (a Regina Coeli oggi gli stranieri sono circa 200 su una popolazione di 900 reclusi). “Io vengo qui”, racconta l’imam, “non per dare, ma per ricevere speranza”. E assicura: “Sono in tanti quelli che quando escono dal carcere vengono a cercarmi con una voglia vera di cambiare la loro vita”.