Nutrire il pianeta e nutrire la vita per un’alimentazione che sia “integrale”, fatta di corpo e di anima; un nuovo umanesimo che rimetta al centro l’uomo che non è fatto di solo cibo ma, nella sua integrità, di relazioni, benessere personale e rapporto con Dio.
Per edificare un nuovo futuro, l’uomo del terzo millennio. È questo l’appello dell’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, che con Expo 2015 ormai alle porte, ne rilegge il titolo e si lascia provocare.
“Nutrire il pianeta. Energia per la vita”. Il titolo di Expo 2015 contiene quattro parole chiave: alimentazione, energia, pianeta, vita. Dove ciascuna forma di vita ha bisogno di energia e il nesso vita-alimentazione a sua volta incide sullo sviluppo del pianeta.
- Questa complessa circolarità chiama in causa una quinta parola chiave: l’uomo.
«Sì, alimentazione, energia per la vita, pianeta… sono tutti temi che fanno emergere interrogativi imprescindibili per l’uomo di oggi. La Chiesa italiana li ha concentrati nel tema del “nuovo umanesimo”: l’uomo, in una società in forte transizione come la nostra, è chiamato ad affrontare “novità” difficilmente dominabili. Il tema dell’Expo, se articolatamente e compiutamente sviluppato, può costituire una grande occasione per le persone e gli attori sociali. Il tutto si può riassumere in una domanda: chi vuole essere l’uomo del terzo millennio?».
- Il pianeta è consegnato all’uomo per il suo “dominio”, è intoccabile come qualcosa di “sacro”?
«Nel testo di Genesi Dio mette in relazione l’uomo e il cosmo. Ma Dio, creando, non si ritira dalla creazione, ne resta il garante. Lascia però ampio spazio all’uomo. Lo chiama a essere corresponsabile. È la perdita di responsabilità dell’uomo nei confronti del Creato che sta alla radice dei problemi ecologici. Per questa ragione, come ha notato il Papa nell’incontro con il presidente Mattarella, Expo non può non occuparsi di ecologia giungendo fino all’ecologia umana. Papa Francesco ha anche detto: “La vocazione del “custodire” non riguarda solamente noi cristiani, ha una dimensione che precede e che è semplicemente umana, riguarda tutti”».
- La centralità dell’uomo consente quindi di pensare un rapporto responsabile con il pianeta. Torniamo al nuovo umanesimo, come lei ha chiesto nel Discorso alla città in occasione della festa di Sant’Ambrogio.
«Il compito di edificare il futuro fondandolo su un nuovo umanesimo è urgente perché l’aspetto più imponente della secolarizzazione non sta tanto nella messa in discussione, pur aspra, del ruolo della religione, ma nell’esito che questo genera. Rimuovendo la religione si finisce per negare le stesse basi umanistiche della civiltà occidentale. Per questo oggi ripensare il mondo chiede di ripensare l’uomo. E di fatto in una società divenuta plurale abbiamo un compito arduo, ma affascinante: non soltanto mettere l’uomo al centro, ma farlo in modo “nuovo”, cioè immersi con realismo fino in fondo nelle tensioni e nelle contraddizioni del presente. Chiamati come cristiani e uomini di buona volontà a essere testimoni di speranza affidabile».
- Il titolo del padiglione della Santa Sede ribadisce questa esigenza. “Non di solo pane” vive l’uomo.
«Basta considerare chi è e come è fatto l’uomo. Siamo bisognosi di un’alimentazione “integrale”: l’uomo è uno di anima e di corpo, come ha insegnato il Vaticano II. Per dare energia all’uomo non basta nutrire il corpo, ma occorre pensare alla totalità del suo “io” in sé stesso e nei suoi rapporti, soprattutto quelli costitutivi, con sé, con gli altri, con Dio».
- Perché la Chiesa in Expo?
«La fede cristiana, per la sua natura di fede incarnata, è interessata a tutto ciò che è umano» (http://www.expoholysee.org/ - twitter @expoholysee).
- È la prima volta di Caritas in Expo. Una presenza emblematica. Che cosa significa parlare di “carità” nel cuore di Expo?
«Siamo davanti a un fatto terribile che grida vendetta al cospetto di Dio: ancora oggi circa un miliardo di persone, tra cui moltissimi bambini, non hanno il minimo per sopravvivere. Caritas, attraverso il suo padiglione, scandaglierà le cause della povertà nella convinzione che questo tragico problema può essere risolto. Oltre all’apertura del cuore e della mente di ogni donna e di ogni uomo, occorre studiarne le implicazioni educative, economiche e politiche. Le forme di aiuto più efficaci sono legate alla presenza sul territorio, all’ascolto delle necessità, all’individuazione di modalità che emancipino il bisognoso e lo rendano protagonista della propria autonoma capacità di sostenersi, con la sua famiglia e la sua comunità. Ho sviluppato un poco questi elementi nel Discorso di sant’Ambrogio del 2014 (Cosa nutre la vita?, Ed. Centro Ambrosiano). Nei nostri padiglioni non venderemo nulla. Offriremo riflessioni e chiederemo un aiuto concreto per sostenere i più poveri, con lo stile della carità che si prende cura di tutte le dimensioni della persona».
- Milano si prepara ad accogliere il mondo. Che cosa si aspetta e che opportunità può essere per la città e per l’Italia intera?
«Io credo che Milano debba imparare da questi milioni di visitatori, e ciò può avvenire solo mediante un ascolto che si lasci fecondare dall’incontro con essi. Expo 2015 non può essere solo un’esposizione di cibi, di arte culinaria o di tecniche agroalimentari, ma dev’essere soprattutto un’affascinante occasione per scoprire che l’umanità è, ultimamente, una sola famiglia voluta, amata e tenuta insieme da Dio. Da questa unità saremo aiutati a superare il male che tante volte ci ferisce. Milano è piena di fatti e di realtà di vita buona. Comunicarle ai tanti visitatori in occasione dell’Expo è un compito decisivo perché la metropoli acquisisca piena consapevolezza del proprio ruolo sulla scena mondiale.»