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mercoledì 18 settembre 2024
 
Cei
 

Zuppi: «Migranti, povertà, coesione sociale: per la politica è tempo di scelte coraggiose»

20/03/2023  L'arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei) apre il Consiglio permanente dell'organismo dei vescovi ricordando i tragici fatti di Cutro. E chiedendo alla classe dirigente di occuparsi dei problemi del Paese

«I migranti morti a Cutro non hanno trovato chi custodiva la loro vita». Il cardinale Matteo Zuppi apre i lavori del Consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana facendo riferimento a San Giuseppe, di cui oggi si celebra la festa liturgica- Ricorda che «Giuseppe compie scelte coraggiose che determinano una svolta nella vita propria e della sua famiglia. Come non pensare alla fuga da Erode, diventando profugo in Egitto? E come non ricordare l'ultima tragedia che ha coinvolto profughi, che non hanno trovato chi custodiva la loro vita?». E ringrazia «di cuore quanti si sono prodigati in loro aiuto, manifestazione di tanta umanità e la Chiesa di Crotone che ha mostrato il volto di madre della nostra Chiesa». Poi ricorda l’appello «che da Matera abbiamo inviato ai politici, ma per certi versi a tutti e che indicava alcune preoccupazioni che chiedono di trovare risposte certe, non provvisorie, precarie, sempre parziali». Tra le emergenze cui dare risposta «le povertà in aumento costante e preoccupante, l'inverno demografico, i divari tra i territori, la transizione ecologica e la crisi energetica, la difesa dei posti di lavoro, soprattutto per i giovani, i migranti, il superamento delle lungaggini burocratiche, le riforme dell'espressione democratica dello Stato e della legge elettorale».
Questo, ha detto il presidente della Cei, «è davvero per tutti tempo di scelte coraggiose e non di opportunismi»- Riconosce anche le difficoltà ecclesiali che la «pandemia ha fatto affiorare». Ma, osserva, «non le dobbiamo osservare con pervasivo pessimismo, con quella sottile tentazione di fermarci solo sulle difficoltà, sui limiti, con quell’incredulità pratica di sapere solo vedere i problemi, interpretandoli anche in maniera raffinata ma senza credere che siano occasione per l’opera di Dio. Non dimentichiamo le tentazioni dello gnosticismo e del pelagianesimo, indicate da Papa Francesco. E non dobbiamo nemmeno correre dietro la ricerca illusoria e ipocrita di comunità perfette, ma riconosciamo nella nostra fragilità e contraddizione, i tanti comportamenti virtuosi, che non dobbiamo dimenticare né perdere perché dono dello Spirito».

Il Covid, ha sottolineato «assieme alle manifestazioni fisiche, ha provocato, anche con effetti a lungo termine, un malessere generale che si è concentrato nel cuore di tante persone e famiglie, con risvolti non trascurabili, alimentati dai lunghi periodi di isolamento e da diverse limitazioni di libertà» e ha «toccato alcuni nervi scoperti dell’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze. Ha minacciato la sicurezza lavorativa di tanti e aggravato la solitudine sempre più diffusa nelle nostre società, in particolare quella dei più deboli e dei poveri. Pensiamo, ad esempio, ai milioni di lavoratori informali in molte parti del mondo, rimasti senza impiego e senza alcun supporto durante tutto il periodo di confinamento». Chiede di evitare che «il ricorso alla comunicazione digitale, così importante durante l’isolamento, sostituisca la presenza e diventi funzionale all’individualismo e alla patologia della paura». E vuole che ci si interroghi su «cosa abbiamo imparato da questa situazione di pandemia? Quali nuovi cammini dovremo intraprendere per abbandonare le catene delle nostre vecchie abitudini, per essere meglio preparati, per osare la novità? Quali segni di vita e di speranza possiamo cogliere per andare avanti e cercare di rendere migliore il nostro mondo?». Quella del Covid è stata anche la stagione «dei “santi della porta accanto”», di quanti hanno portato consolazione

Ancora, il caridnale si sofferma sul «Cammino sinodale delle Chiese in Italia, che vive il passaggio dalla fase dell’ascolto a quella del discernimento, volano di questa “riscrittura ecclesiale”. Nessuno si illude che vi sia la soluzione ad ogni difficoltà né che questo processo sia vissuto da tutti con il medesimo slancio. Quanti si sono coinvolti in questo cammino, a cominciare dai referenti diocesani fino ai componenti del Comitato e della Presidenza del Cammino sinodale, ci raccontano la soddisfazione del percorso fatto insieme, che sta educando progressivamente tutti i protagonisti a uno stile spirituale e pastorale nuovo. Le Chiese hanno dato voce ad una pluralità di soggetti, che hanno mostrato il valore della fede vissuta come esperienza domestica. Questa varietà di soggetti e la loro partecipazione responsabile nelle dinamiche ecclesiali mi pare la premessa migliore per giungere preparati quando sarà tempo di prendere le necessarie e coraggiose decisioni evangeliche, che coinvolgeranno tutti ai vari livelli, dalle singole Chiese locali, alle Regioni ecclesiastiche, alla Chiesa in Italia nella sua unitarietà e alla CEI stessa. Penso necessario che non si perda lo slancio di vitalità e creatività, che nel tempo della pandemia ha generato pratiche pastorali nuove nelle forme e nei contenuti».

Occorre essere sempre  di più Chiesa missionaria, Chiesa «della chiamata e dell’invio di ognuno, che si misura con le domande, le sfide, con la necessità di diffondere una cultura cristiana come chiave per capire e consolare la tanta sofferenza». Per essere, sempre di più «una Chiesa che si fa carico di queste domande e offra luce e speranza per nuove motivazioni che affranchino dalla paura».

 
 
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